Quel cratere che fiammeggia e pare impossibile da chiudere. Non è una novità, non è il solo, purtroppo
L’inferno ci è stato tramandato nell’immaginario dalla dottrina giudaico cristiana, e soprattutto dalla Divina Commedia dantesca, come un imbuto ardente e punitivo, destinato alle anime dei peccatori accuratamente suddivise, in cui collocare personaggi storici e politici umiliati “a posteriori”. L’inferno è comunque presente in molte civiltà e credenze del mondo e non c’è prova che non sia un che di sotterraneo che attende le essenze dei cattivi, per mettere in atto quella giustizia divina, severa e molto assortita. Lo scopriremo solo morendo….
Che al di sotto della crosta terrestre vi sia un mondo ardente e inospitale è geologia spicciola ormai, ma a prescindere dal magma sottostante o dalle tradizioni religiose, sulla Terra l’antro dantesco esiste. È in Turkmenistan, nel cuore del deserto del Karakum, dove un immenso cratere che sprofonda nella pelle del pianeta, brucia e spaventa. La cavità è per l’appunto chiamata “La Porta dell’Inferno, o altrimenti, I Cancelli dell’inferno”.
È il cratere di Darvaza, situato 300 km a nord di Ashgabat, la capitale del Paese e brucia senza tregua da oltre cinquant’anni. Le sue origini però sono molto umane più che divine, poiché La Porta dell’inferno è stata spalancata dal crollo di una caverna di gas naturale, provocato nel 1971, dalle trivellazioni di una impresa sovietica in cerca di gas metano.
Per impedire la dissipazione in atmosfera del metano (gas serra), ammassato nelle profondità, i geologi decisero di farlo bruciare, “scatenando l’inferno” che da allora non ha smesso di fiammeggiare, alimentato dal gas che sgorga dall’immenso giacimento. La combustione rilascia comunque CO2 nell’atmosfera, dilapidando il gas naturale che sale di continuo, intossicando i pochi abitanti dei villaggi più vicini e causando ingenti danni ambientali. Da decenni gli scienziati ragionano su come chiudere la Porta dell’inferno, operazione ritenuta costosa, pericolosa e quasi impossibile.
Eletto presidente del Paese nel 2006, Gurbanguly Berdimuhamedow sta cercando di valorizzare il Turkmenistan attirando turismo e investimenti, potenziando le strutture e le architetture urbane con opere sfarzose. Tra le più famose è una statua dorata che raffigura un cane da pastore turkmeno, razza tipica della Nazione asiatica. Una tra le tante bizzarrie del Turkmenistan, un Paese islamico ai confini del mondo e tutto da scoprire che, solo per le fantasie incluse nei suoi costumi e nelle sue leggi, meriterebbe un articolo a parte.
La priorità dell’ambizioso presidente è quella di spegnere per sempre l’inferno in terra, sia per questioni ambientali e di salute della popolazione, che dallo spreco rappresentato da un giacimento che potrebbe diventare una preziosa risorsa per il Paese.
Spegnere l’inferno però, sembra davvero essere un’impresa soprannaturale. Un primo tentativo effettuato nel 2010 ha avuto esito fallimentare, dal 2020 però Berdimuhamedow, pur rispondendo a un nome impronunciabile, è sembrato più che mai determinato a spegnere il rogo, chiedendo perdono a Dio o chi per lui, alla madre Terra e a tutti gli organismi viventi.
Da quel momento è al lavoro una commissione formata da geologi, scienziati ed esperti dell’ambiente in cerca di una soluzione per spegnere il rogo. Mentre il mondo attende, ignaro dell’immenso fornello di gas sempre acceso, qualche tornaconto il Turkmenistan ce l’ha. Ultimamente, la mostruosa Porta dell’Inferno ha acquisito la fama di un antro del male ed è diventata una meta ambita per turisti da tutto il mondo. Sembra però, che neppure il diavolo possa metterci una pezza, ma nel caso potesse, lo farebbe oppure no?
Domanda impegnativa, poiché di porte dell’inferno pare d’essercene più di una sola. Formatasi negli anni 60 in mezzo alla taiga, nella Siberia nordorientale, un’altra voragine detta anch’essa “Porta dell’inferno”, in questo caso offre un panorama raggelante, seppur suggestivo. Il cratere, chiamato “Batagaika” sta crescendo senza sosta da più di cinquant’anni. Oggi misura 1500 m X circa 120 e non si sa come fermarlo.
La causa del cratere è dovuta alla deforestazione del territorio nei pressi del bacino del fiume Jana, che ha esposto il suolo gelato della regione siberiana alla radiazione solare. Per questo motivo il Permafrost della Siberia disboscata si scalda sempre di più, emettendo metano da un ambiente che ha perduto ogni sua naturale, ecologica topografia. Pare che il pertugio in quella zona un tempo ghiacciata, non sia l’unico, solo il più evidente o il più spettacolare. Oltre a nuovi buchi sulla superficie siberiana, medesimi problemi in Alaska & Canada! È il riscaldamento che avanza.
“Mala tempora” per l’umanità. Più ci si inoltra nella ricerca e più questi operati infernali confermano che se c’è un diavolo in terra, costui ha l’umano volto dell’ingordigia e della sbadata appartenenza a quel Pianeta Vivente che ci è stato consegnato sano e che abbiamo reso molto ammalato. Non ci sopporta più e ce lo sta spiegando. Nel frattempo la meteorologia ci informa che il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre… Molto interessante… il prossimo chissà…
Esaustiva ricerca, come sempre!
Grazie non si finisce mai di apprendere
La porta dell’inferno. I poeti l’hanno collocata ora qua, ora là. È in Tirkmenistan, invece! Che aggiungere?
Davvero, come ha concluso l’autore sempre informatissimo dell’articolo, mala tempora currunt. Currunt molto in fretta, oltretutto, ma i più sembrano ignorarlo…
Turkmenistan
Un sacerdote mi disse:
“Non mi preoccupano i problemi dell’uomo, mi preoccupa ciò che fá per risolverli.”
Curiosità dal mondo sempre molto apprezzate! Incredibile comunque pensare che bruci da quasi mezzo secolo.