
Veduta d'epoca su piazza Carignano con la statua ben visibile
Di Alessandro Mella
Il Risorgimento, la più gloriosa stagione della nostra storia nazionale, fu animato da vocazioni, idealismi, pensieri e scuole di pensiero talvolta contrastanti. La partecipazione, lo spirito unitario, della componente cattolica trovò voce soprattutto nella figura di Vincenzo Gioberti. L’uomo che sognava di poter avvicinare un pontefice assai controverso alla causa italiana.
La sua morta improvvisa scosse molte coscienze e lasciò perplesso il paese intero cogliendo di sorpresa anche i suoi avversari politici:
La Gazzetta officiale di venerdì portava come ricevuta per lettere di Parigi la tristissima nuova della morte istantea per assalto apopletico di Vincenzo Gioberti. Notizia che fu ieri dolorosamente confermata. L’Italia intera, cessate le dissensioni dei partiti, e l’Europa deploreranno con vero e profondo dolore la perdita così immatura dell’illustre filosofo, e d’uno degli amici più sinceri e forti della indipendenza della sua patria. (1)

I suoi estimatori si adoperarono per sensibilizzare il comune di Torino al fine di realizzare un monumento che ne ricordasse l’opera. Del resto, quella sola città era, formalmente, centro dei moti unitari nazionali poiché i capoluoghi delle altre provincie si trovavano, per lo più, ancora sotto il servaggio straniero.
Vuole la leggenda che l’opera fosse costata circa 27.000 franchi del tempo. Ne fu previsto l’innalzamento in piazza Carignano tra la Camera dei Deputati e l’omonimo teatro. L’opera, realizzata da Giovanni Alberoni, rappresentava il Gioberti in piedi, con due volumi in mano ed in abito laico. Nell’area milanese, ove da tempo covava l’intolleranza verso il giogo austriaco, l’idea che questo monumento giungesse prima di quello a Carlo Alberto non piacque molto. (2)
Anzi la vicenda fu oggetto di sottile polemica. I milanesi erano di buona memoria e non scordavano come proprio dall’area cattolica venne parte della loro rovina nel 1848-1849 quando Pio IX revocò il suo placet alla guerra di liberazione procurando anche la successiva diserzione borbonica.

In ogni caso la città di Torino tirò diritto, senza scomporsi, ma le cose si fecero in modo assai insolito. La prima stranezza fu l’inaugurazione sottotono almeno per quel che erano le abitudini dell’epoca. Niente cerimonie, niente discorsi, nessuna celebrazione ed elogio del “monumentato”. E questo si notò:
Il monumento Gioberti fu scoperto domenica, come già accennammo, senza alcuna pompa. L’inaugurazione solenne sarà fatta il giorno dell’apertura delle camere. (3)
Tutti se ne accorsero, si ritenne inopportuno eccedere nelle celebrazioni per non creare ulteriori polemiche con gli anticlericali ed i liberali? È possibile sebbene non certo. Ma non ci fu solo questo.

Altra questione che lasciò interdetti i pochi presenti fu l’incisione con il nome posta sul basamento in collocazione inedita e non di fronte come da prassi. Anzi sul davanti fu posto un bassorilievo bronzeo che non suscitò particolari entusiasmi. Per i più quello, senz’altro, si sarebbe potuto porre di lato. I giornali non persero l’occasione per parlarne:
Mentre in ogni monumento l’iscrizione suol leggersi sulla facciata, il pubblico è rimasto a bocca aperta al vedere in questo l’iscrizione confinata nella parte posteriore. Si è tentato di spiegare questa stravaganza in vari modi. V’ha chi disse che, trattandosi d’un uomo che fu, era ben dovere di mettere l’iscrizione al preferito perfetto. Altri invece opinò esser questo un progresso, poiché, siccome di faccia il grand’uomo, a cui si erige un monumento, si conosce facilmente, così la iscrizione è necessaria unicamente alla parte posteriore, la quale non suole aver fisionomia distinta.
Altri, finalmente, ha supposto che l’iscrizione sia stata incisa fuor di luogo solamente per cedere il suo posto naturale a un bassorilievo, in cui sono figurate due donne ben pettinate e discretamente vestite (sebbene senza crinolino), le quali fanno invidia ad una mendica che si copre i cenci o la nudità con qualche metro di tela incerata. Non sappiamo quale di queste tre opinioni meglio d’apponga al vero. Ma l’ultima ci pare la meno probabile, essendo il bassorilievo troppo meschino ed inconcludente perché si debba credere che l’iscrizione sia stata sacrificata in sua considerazione. Ad ogni modo gli italiani hanno voluto innalzare un monumento alla mente ed al cuore di Gioberti e non alle sue reni, come si potrebbe argomentare dal luogo indecente occupato dalla iscrizione. (4)

In ogni caso, al netto di ogni polemica, la statua fu realizzata e da decenni essa osserva la città far la sua vita. Sotto il sole, la pioggia, la neve ed ogni tempo. Guardando andare e venire la gente. E tanti passando l’ignorano, i più se han dimenticato Garibaldi e Cavour figurarsi se non avranno scordato il Gioberti.
Ma, per fortuna, in mezzo a tanti e tanti distratti da apertivi e cellulari, qualcuno passerà ancora ed alzando lo sguardo al monumento ricorderà i fasti di quel tempo lontano. Forse troppo lontano.
Alessandro Mella
NOTE
(1) La Stella, 44, Anno II 31 ottobre 1852, p. 4.
(2) La Bilancia Giornale di Milano, 87, Anno VIII, 3 agosto 1858, p. 346.
(3) La Sentinella delle Alpi, 210, Anno IX, 7 settembre 1859, p. 2.
(4) Gazzetta del Popolo, 251, Anno XII, 5 settembre 1859.
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