Nel lontano 450 a.C. si consumò un delitto di matrice ideologica
Pitagora, illustre filosofo, matematico, astronomo, scienziato, uomo politico e capo religioso, fu l’uomo che inventò la Fisica.
Visse tra il VI e il V secolo a.C. a Crotone, nella Magna Grecia.
Fondò a Crotone una scuola di natura iniziatica, la Scuola Pitagorica. Si trattava di una comunità scientifica che presentava le caratteristiche di una setta mistico-religiosa.
Pitagora comprese che la matematica poteva essere considerata una attività del pensiero umano indipendente dall’esperienza. Una sorta di matrice utile a spiegare le leggi della Natura alle quali sembravano ubbidire gli oggetti planetari, le forme degli esseri viventi e ogni genere di fenomeni che potessero interessare il cosmo.
Non dimentichiamoci che la stessa Teoria della Relatività di Einstein predisse matematicamente molti eventi naturali che si sarebbero manifestati in seguito.
Potremmo dire che la scoperta delle Leggi della Natura, avvenuta con la creazione di nuove tecnologie, confermò quanto predetto dalle ipotesi di grandi matematici appartenenti quanto al remoto passato, fino ai nostri giorni.
A Pitagora va l’indubbio merito di aver creato un ambiente culturale dal quale emersero nozioni di fondamentale importanza, concetti ancora utilizzati oggi, come il noto Teorema al quale proprio Pitagora diede il nome.
Come Scuola iniziatica la Scuola pitagorica appartiene al periodo presocratico. Venne fondata da Pitagora a Crotone intorno al 530 a.C., sull’esempio delle comunità orfiche e delle sette religiose d’Egitto e di Babilonia, località geografiche che, secondo studi tradizionali, egli avrebbe conosciuto in occasione dei suoi viaggi di studio.
Alcune considerazioni sulla Scuola di Pitagora:
La scuola si presentava come setta esoterico-religiosa, una comunità scientifica che assomigliava piuttosto ad un partito politico-aristocratico. Sotto questa veste governò direttamente in alcune città dell’Italia meridionale.
L’ammissione alla scuola implicava degli obblighi molto precisi: gli iniziati che la frequentavano dovevano disporre di tempo e denaro per trascurare ogni attività remunerativa e dedicarsi interamente agli studi complessi che venivano affrontati.
La scelta di Crotone, come luogo di fondazione della scuola, sembra fosse stato indicato addirittura dall’Oracolo di Apollo, a Delfi.
Crotone si presentava con delle credenziali molto buone: era già stata una città in cui si era sviluppata una cultura scientifica-medica e dove Pitagora grazie alla sua erudizione era riuscito a guadagnarsi i favori dell’intera popolazione che governò per molto tempo.
Un dato molto importante ci suggerisce che la nozione di esoterismo in Occidente provenga proprio da questa scuola. Pitagora divise i propri allievi in due categorie, i Matematici e gli Acusmatici, dispensando gli insegnamenti in modi diversi per ogni gruppo.
la scuola offriva due tipi di lezioni, una pubblica (o exoterica, cioè rivolta all’esterno), ed una privata (appunto esoterica, chiusa nel suo interno).
Negli insegnamenti rivolti al pubblico, formato da gente comune, Pitagora si esprimeva in modo semplice e comprensibile a tutti, dedicando una grande importanza alla sua filosofia basata sui numeri.
Quella privata era invece di più alto livello di difficoltà e veniva seguita prevalentemente dagli iniziati, introdotti allo studio della Matematica.
La cerchia dei suoi seguaci più stretti, quella dei Matematici, comprendeva allievi privilegiati che vivevano all’interno della scuola e che si erano privati di ogni bene materiale, messo in comune con i membri del gruppo.
Erano rigorosamente vegetariani e praticavano il celibato.
I “Matematici” erano gli unici allievi che potessero interloquire direttamente con il Maestro.
Erano vincolati dal segreto più assoluto, al fine di tutelare gli insegnamenti impartiti all’interno della scuola, ed evitare che diventassero di pubblico dominio.
Il secondo gruppo, quello degli Acusmatici era composto da allievi che seguivano regole meno rigide. Appartenevano ad cerchia più esterna dei seguaci.
Agli Acusmatici non era richiesto di vivere in comune, o di privarsi delle proprietà e di essere vegetariani e avevano l’obbligo di seguire in silenzio le lezioni del maestro che non potevano vedere di persona, ma soltanto udirne la voce che filtrava attraverso una tenda.
Coloro che facevano parte dei Matematici, quindi gli eletti, dovevano anche possedere caratteristiche estetiche, come portamento e fisionomia che rivelassero eleganza e armonia.
Dovevano sottostare ad un periodo di valutazione di tre anni, in seguito dovevano rispettare cinque anni di silenzio per imparare l’autocontrollo.
Tra questi allievi eletti, i Matematici, emerse per raffinate capacità intellettive un certo Ippaso di Metaponto.
L’illustre allievo si macchiò del peccato più grave, contraddire i precetti e le regole imposte dal Maestro.
Ippaso di Metaponto, produsse una argomentazione di tipo geometrico con la quale dimostrò l’irrazionalità della radice quadrata di 2.
Ippaso di Metaponto fece quindi una scoperta sconcertante: se si cerca di calcolare il rapporto tra la diagonale e il lato di un quadrato, si ottiene un paradosso, un numero che non conosce fine! Non importa quanti sforzi matematici si facessero, le due grandezze rimasero incommensurabili.
Detto in termini semplici, se sono incommensurabili, il rapporto tra i due è un numero irrazionale che possiede una serie infinita di decimali, dopo la virgola.
Ippaso aveva appena fatto una imperdonabile scoperta.
Si trattava di una rivelazione assolutamente pericolosa che nessuno dei Pitagorici riusciva a contrastare con una dimostrazione. I pitagorici non potevano accettare l’esistenza di grandezze incommensurabili, la loro dottrina spiegava tutto l’universo partendo dall’ordine matematico commensurabile di tutta la realtà. Una scoperta di questa portata avrebbe potuto far crollare tutto l’impianto filosofico e matematico.
Secondo molti studiosi Ippaso scoprì i numeri irrazionali mentre tentava di rappresentare la radice quadrata di 2 come frazione. Purtroppo per Ippaso Pitagora credeva nell’assolutezza dei numeri, e non poteva accettare l’esistenza di quelli irrazionali. Pur non essendo in grado di confutare la loro esistenza con il pensiero razionale, le sue credenze non potevano tollerarne l’esistenza e, condannò il povero Ippaso a morire annegato.
Ricordiamo alcuni tra gli infiniti numeri irrazionali:
Phi ф: 1,6180339887, Pi greco ϖ: 3,14159265358979, Radice di 2 √2: 1,414213562
Lentamente la matematica iniziò ad utilizzare altre tipologie di numeri, suddividendoli secondo precise categorie: Numeri reali, primi, frazionari, naturali, relativi, algebrici, trascendenti, immaginari…
Ognuna di queste categorie prevedeva delle applicazioni specifiche che si adattavano alle varie tipologie di calcolo.
Per fare un esempio in Meccanica Quantistica si utilizzano i Numeri immaginari, ovvero quei numeri che secondo logica non potrebbero neppure esistere. In matematica però e’ impossibile mettere dei vincoli, sarebbe come mettere dei vincoli al pensiero.
Una radice quadrata di un numero negativo è impossibile da fare perché non esiste nessun numero reale che elevato al quadrato dia un risultato negativo.
Tuttavia i nostri connazionali algebristi del ‘600 hanno immaginato tali numeri, chiamandoli appunto Numeri immaginari.
I Numeri immaginari, molto usati in Fisica Quantistica sono Numeri reali seguiti dalla lettera “i”… es √-25.
La radice quadrata di -25 non potrebbe esistere perché nessun numero elevato al quadrato potrebbe dare un valore negativo.
Allora scompongo -25 in (-1 x 25) e traggo la radice quadrata: √-1 x 25, che equivale a √-1 x √25.
√-1 non la risolvo ma la indico come “i”
√25 la risolvo con ± 5
Quindi √-25 posso scriverla come ± 5i
Questa curiosa serie di considerazioni matematiche ha la sola intenzione di sottolineare quanto la mente umana possa creare con la propria immaginazione, e quanto possa essere per noi incomprensibile la reazione di sgomento provata da Pitagora di fronte alla rivelazione di Numeri Irrazionali.
Il povero Ippaso di Metaponto pagò con la vita il prezzo del proprio coraggio e della propria coerenza.
Immagine di copertina:
Ippaso di Metaponto, attribuzione: Di Boccanera G. – www.amordilibro.com, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20039553
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