
Qual è l’età giusta per leggere I Promessi Sposi?
“Nessuna” so già che risponderebbero molti; per pregiudizio, per posizione preconcetta contro la scuola, per esperienze più o meno autentiche di noiosi – davvero? – lavori sulla storia di Renzo e Lucia, per avversione verso ogni forma di costrizione, vera o presunta che sia. Vorrei fare un passo più in là e affrontare la questione seriamente. I Promessi Sposi, si sa, si leggono al secondo anno delle superiori, quindi tra i quindici e i sedici anni, un’età in cui, sulla base della mia quarantennale esperienza di docente di lettere, un ragazzo di medie capacità è perfettamente in grado di leggere un libro, scritto in italiano, cioè, per lo più, nella sua lingua madre, anche se piuttosto impegnativo nella forma e nei contenuti. Naturalmente ha bisogno di qualche dritta da parte del docente, ma l’importante è che riesca a farsi prendere dalla storia e che sappia superare le piccole difficoltà di una lingua non proprio attuale, ma di una scorrevolezza e chiarezza straordinarie; risultato che in genere dopo due o tre capitoli gli studenti raggiungono senza particolari problemi, a patto che non sia il docente stesso a far sorgere dubbi sulle loro capacità o sul valore del libro.
E qui so di inoltrarmi in un campo minato, ma non condivido l’idea che si debba chiedere ai ragazzi se se la sentono o meno di affrontare un testo come I Promessi Sposi; se l’obiettivo fondamentale dello studio della letteratura è quello di imparare a leggere un testo, capire cosa c’è scritto e poi magari avere anche un parere sull’argomento, non possiamo limitarci a proporre letteratura – si fa per dire – di consumo, povera nella forma e nei contenuti. Se non si affrontano, anche a scuola, piccole difficoltà, adeguate all’età e alle proprie esperienze, è difficile crescere, culturalmente, intellettualmente ed anche dal punto di vista emozionale. O almeno questo è quello che penso e che ho visto accadere in tanti anni di scuola. Torniamo al nocciolo della questione: la diatriba su Promessi Sposi sì, Promessi Sposi no data da tempo immemorabile, ma se ne è discusso ampiamente da poco in occasione dell’anniversario della morte di Manzoni ed ancora più di recente ho ascoltato una interessante conversazione in proposito tra Gianluca Carofiglio e Corrado Augias. Generalmente concordo con le loro opinioni e soprattutto mi piace il loro modo di affrontare i dibattiti, sempre rispettoso del parere altrui, mai urlato e sguaiato, ma educato e sempre un po’ autoironico. Tuttavia stavolta non sono d’accordo. Entrambi hanno sostenuto che quindici-sedici anni sono troppo pochi per leggere I Promessi Sposi, che non se ne colgono la maestria linguistica, la leggerezza nel racconto, la bonomia e l’ironia del narratore e vai dicendo. E su questo siamo d’accordo; ma, mi chiedo, chi non riesce a leggere, come può farlo un adolescente, ben inteso, I Promessi Sposi a sedici anni, come potrà affrontare l’anno dopo l’Inferno di Dante? Perché è questo che succede e nessuno se ne fa un problema. Curioso.
Dante, giustappunto, propone quattro sensi di scrittura: letterale, allegorico, morale e anagogico e senza addentrarmi nella questione è chiaro che qualsiasi lettore può affrontare qualsiasi testo a livelli diversi. Compresi I Promessi Sposi. Esistono edizioni ridotte per bambini, per ragazzi e poi le scelte antologiche che magari eliminano le parti più strettamente storiche del romanzo – non dimentichiamo che stiamo parlando di un romanzo storico – ; e poi esiste ovviamente il testo integrale. Ho visto ragazzini e bambini leggere o farsi leggere, quando ancora non sanno farlo, la storia di Renzo e Lucia e inserire don Rodrigo tra i “cattivi” insieme al malvagio Gargamella dei Puffi o il sindaco Humdinger dei Paw Patrol; basta non aver pregiudizi, come i bambini, e la storia dei Promessi Sposi diventa semplicemente quella di due ragazzi che devono passare attraverso mille peripezie per raggiungere il loro sogno, come nella migliore delle favole. E se i lettori sono un po’ più grandicelli, ma non ancora vittime dei preconcetti di molti adulti, il libro diventa solo una storia d’amore contrastato che poi si conclude felicemente. Letture ed interpretazioni banalizzanti e semplicistiche? Certamente sì, ma connaturate con l’età del lettore. Se l’approccio al romanzo è di questo genere, ci sarà poi tempo, alle superiori, per cogliere la magia di una lingua che rispetto a tutti i romanzi coevi è di una modernità straordinaria, l’eleganza della reticenza e dell’ironia manzoniana e magari cogliere facilmente, proprio a quindici-sedici anni, la perfetta descrizione del proprio dissidio interiore, del proprio smodato bisogno di amore e comprensione, tipicamente a adolescenziale, nella fragile figura della sventurata Gertrude.
Ci sarà tempo per capire quanto Alessandro abbia sofferto per essere stato “dimenticato” da sua madre per tanti anni e poi quanto l’abbia amata e ne sia stato riamato dopo il suo arrivo a Parigi, quando ormai Carlo Imbonati era morto, quanto la fede manzoniana sia tutto fuorché bigotta, frutto di una scelta consapevole dopo una giovinezza dissoluta e soprattutto quanto il romanzo ci parli ancora oggi di argomenti universali e purtroppo attualissimi: l’arroganza del più forte, l’ingiustizia imperante che va combattuta e soprattutto il valore della cultura che va posto al servizio dei più deboli e mai usata come mezzo di manipolazione delle coscienze. Di questo, soprattutto oggi, credo che abbiamo tutti un gran bisogno. Una piccola osservazione finale: molti sostenitori dell’inadeguatezza del romanzo ai quindici-sedici anni, sostengono al contempo di essere stati personalmente fortunati e di avere compreso il valore del libro grazie ad un giovane supplente capitato proprio nella loro scuola quell’anno o al caso che in un noioso pomeriggio invernale ha fatto loro scoprire, in perfetta autonomia, la storia di Renzo e Lucia. Saranno anche casi, ma ne ho letti e sentiti tanti.
La professore Lotti affronta un argomento importante per la formazione dei giovani. L’immortale e attualissimo romanzo del Manzoni va letto in età giovanile e riletto in altre età per cogliere sfumature non sol amente letterarie, ma insegnamenti di vita preziosi. I giovani poi riescono meglio a ricordare le espressioni tipiche dell’autore. La scuola è già stata tanto rovinata da pedagoghi di scarso valore e ministri compiacenti e incompetenti. Torniamo alle origini per contribuire a formare una classe dirigente di valore.
Grazie infinite, carissimo. Fa piacere sentire una voce che condivide la mia fiducia nei Promessi Sposi e nelle capacità dei giovani.