Cesare Lombroso è stato uno scienziato unico, geniale e riconosciuto come tale in tutto il mondo. La sua carriera controversa è caduta in disgrazia in seguito alle conoscenze attuali, che hanno totalmente accantonato il pensiero del precursore dell’antropologia criminale: ovvero che la fisiognomica e i tratti del viso e dell’ossatura potessero attribuire caratteristiche morali; in altre parole, un delinquente è tale dalla nascita (delinquente nato per Lombroso, N.d.r.). In particolare Lombroso aveva individuato un segno distintivo: la fossetta occipitale mediana, un incavo nel cranio che aveva creduto di vedere nel brigante Vilella e poi in molti altri, e che avrebbe indicato che quegli uomini non potevano diventare altro che criminali. Ne era talmente convinto che istituì nel 1879 un museo sugli studi criminali, dove depose 624 crani, tra cui quello del Vilella. Sia il museo che quest’ultimo cranio hanno avuto vicende altalenanti, il primo spostato da via della Zecca 33, a via Po 18 e poi ancora via Michelangelo 26, Corso Galileo Galilei 22 e infine via Giuria 15, dove il museo è stato riaperto in questo secolo; il cranio invece è stato a lungo oggetto di una querelle tra il museo di Antropologia criminale e il comune di Motta Santa Lucia, vicino a Catanzaro, patria del Vilella, che a suon di cause legali, avrebbe voluto che il cranio fosse restituito per una degna sepoltura. E’ di pochi anni fa la sentenza che ha definitivamente consentito al museo di Torino di tenere ed esporre il cranio in quanto oggetto di studio ed elemento importante della storia della criminologia.
Ma andiamo per gradi, lo scienziato, nato a Verona nel 1835, studiò medicina a Pavia, fu medico militare, approfondì gli studi su pellagra e cretinismo, fu direttore del manicomio di Pesaro e ordinario di medicina legale nel carcere di Torino, darwinista e ispiratore del positivismo.
Il suo lunghissimo periodo torinese gli consentì di essere al centro degli studi scientifici di quegli anni e la sua fama crebbe talmente che era parecchio richiesto come perito in quasi tutte le cause importanti; per fare un esempio su tutti, il processo di Verzeni, il primo serial killer italiano, ha fornito materia di studio a molti criminologi.
In realtà, c’è uno studio piuttosto recente, portato avanti dall’Università di Tor Vergata e da Magna Grecia di Catanzaro, che a seguito dell’analisi di 500 crani tramite la risonanza magnetica nucleare, prendendo in considerazione corteccia, circonvoluzione e area corticale e tramite un’indagine conoscitiva delle persone che hanno partecipato al test, ha potuto definire che gli elementi considerati variano con la maggiore instabilità emotiva, empatia, predisposizione alla socialità, autocontrollo. L’incapacità di gestire la vita e le emozioni, le problematiche legate a nervi e instabilità, sembrerebbero essere direttamente collegate a una maggior circonvoluzione e spessore della corteccia. Che avesse in parte ragione Lombroso?
Cesare Lombroso non era alla ricerca di un palcoscenico, chi lo conosceva raccontava di lui che non faceva altro che lavorare, ed era talmente preso dai suoi studi, da porre poca attenzione a tutto il resto. Le sue rare fotografie sembrano sottolineare un aspetto serioso della personalità dello studioso: dal bianco e nero delle immagini d’epoca ci troviamo a fissare un omone, serio e poco incline al sorriso, se, seguendo le sue orme, osserviamo le rughe di espressione, tutte tendenti al basso, chiara manifestazione di una qual scontentezza. Cosa avrebbe voluto? Dove voleva arrivare? Non lo sapremo mai, e forse, come spesso accade a quasi tutti, neppure lui era del tutto consapevole di cosa stava cercando.
Di sicuro era un uomo di coraggio, poiché a un certo punto, probabilmente dopo aver conosciuto Eusapia Palladino, una delle più rinomate medium di quei tempi, e a seguito di numerosi test ai quali aveva sottoposto la donna, Lombroso cambia idea e lo ammette pubblicamente: “Io sono molto vergognato e dolente di aver combattuto con tanta tenacia la possibilità di fatti cosiddetti spiritici, dico dei fatti perché alla teoria sono ancora contrario. Ma i fatti esistono e io dei fatti mi vanto di essere schiavo”.
Poco tempo prima era nata una disputa con il Cavaliere Ercole Ghiaia di Napoli, che aveva portato la Sapio (altra nota medium) a Milano per sottoporla alle prove della scienza, e avrebbe voluto portarla a Torino, perché la fama di Lombroso era talmente riconosciuta, che una sua parola avrebbe di sicuro modificato e ampliato gli studi sullo spiritismo. Ma Lombroso non accetta, s’impunta sul fatto che gli esperimenti debbano essere condotti in piena luce. Ghiaia scrive pubblicamente che non è possibile, che in piena luce queste cose, dell’altro mondo, non avvengono. E Lombroso niente, irremovibile, non se ne fa niente, o luce oppure la Sapio se ne torni a Napoli, a lui non interessa.
Di qui in poi Lombroso si getta nello studio dei fenomeni legati allo spiritismo, deve provare che quello che vede sia la realtà, sull’annuario degli studi spiritici leggiamo: “Ultimamente, in una seduta in cui era assolutamente escluso ogni inganno, Lombroso stesso ebbe ad ottenere un meraviglioso fenomeno mercé il quale egli poté farci vedere la rigida ed impressionante impronta sul gesso di un moribondo con le ossa mascellari sporgenti in fuori, le guance infossate e la bocca consunta. ‘E’ stato uno spirito’ si domanda Lombroso, ‘una misteriosa apparizione che durante la seduta ha lasciato sul gesso l’impronta del suo volto materializzato, o fu il cervello del medio che in qualche modo funse da scultore?’.
Lombroso lascia inconclusa la sua ricerca per un libro sulla vita dei santi e si dedica allo spiritismo, scrivendo “Dopo la morte cosa?”. Lo stesso titolo ci fa intuire la profonda incertezza dell’uomo dietro lo scienziato, teso nella disperata ricerca. Il tempo stringe.
Nelle numerose interviste ed articoli, Cesare perde in qualche modo una parte della sua regalità da scienziato di fama, indaga le case infestate, ipotizza che siano i defunti che parlino per mezzo dei medium, anche dopo molti secoli, e che dai cadaveri escano delle emanazioni, che vengono captate dai medium. Nel 1882 viene radiato dalla Società Italiana di Antropologia.
Nel 1909 muore, a seguito di un attacco di angina pectoris. La figlia Gina scriverà che negli ultimi anni era affetto da arteriosclerosi, la sua salute mentale e fisica non era più quella di una volta.
La malattia ha inciso sulle sue ricerche? Sappiamo che l’arteriosclerosi, che oggi ha altri nomi, ha un percorso lungo e distruttivo, e pare di intravvedere in alcuni articoli del padre della criminologia, che progressivamente sembrano diventare più confusi, il decorso del male. Non vi è la certezza. E se in riferimento all’antropologia criminale sono stati fatti enormi passi, la scienza non ha dato grandi risposte, negli ultimi cento anni, a cosa accade dopo la morte. Forse si potrebbe fare una seduta spiritica chiamando Lombroso? Attenzione se decidete di provarci!
Bibliografia:
Spiritismo e positivismo, tavolini e medium al tempo di Lombroso, di Cesare Lombroso e Giovanni Battista Ermacora
The Chain, di Daniel Roux
Lombrosiana, di Davide Tarò
Fotografie di Marino Olivieri ph.