
Un contributo del Prof. Antonio Binni, Gran Maestro Emerito della G.L.D.I.
La Massoneria è una istituzione squisitamente umana che, come compito e fine, ha quello di rendere l’uomo – tutto l’uomo; ogni uomo – sempre più umano, sempre più pienamente umano, nel contesto di una rivendicata autentica libertà, ancorato a un’etica ferrea e rigorosa che fonda la fratellanza di tutti gli esseri umani, non sulla legge del sangue, ma, ignota la delega, sulla generosa personale disponibilità alla cura degli altri, in particolare, dei più lontani.
In quest’ottica la Massoneria sottolinea che l’essere umano è radicalmente trascendente, camminando sempre sulle orme della alterità che è al di là dell’uomo e del mondo. Nel sostenere questo insegnamento sfida l’uomo a ampliare i propri orizzonti e a esplorare sempre più in profondità tutto ciò che riguarda la sua realizzazione. Propugna così il carattere illimitato della ricerca umana.
Al pari di qualsiasi altro soggetto esistente nel Paese, non può negarsi neppure alla Massoneria il diritto di pronunziarsi su qualsiasi ambito della esistenza né soprattutto può disconoscersi alla stessa il diritto di presentare erga omnes la sua visione dell’uomo come essere umano votato alla ricerca. Tanto più perché, anche in un recente passato, è stata vittima di sofferte, dolorose ferite divenute comune memoria di umanità ampliata e maturata nel tempo: cultura dell’uomo che rende l’uomo-massone naturalmente esperto in umanità.
La Massoneria, dal canto suo, in quanto semplice parte della società, mero segno in mezzo al mondo, com’è doveroso riconoscere, non può però neppure ragionevolmente pretendere di essere detentrice esclusiva della propria immagine di “uomo“ come la sola unica e vera. Nella dinamica dell’odierno imperante pluralismo non può infatti non misurarsi particolarmente con chi dissente, rivendicando una figura di uomo del tutto antitetica. Da qui l’obbligo di giustificare la propria veduta nell’inevitabile confronto sul terreno, però, non della inutile polemica, quanto invece su quello proprio della ragione alla luce – soprattutto – delle risultanze concrete, così come causate dalle diverse visioni che si confrontano e si contendono il campo.
Nel pensiero massonico il presente è il luogo dell’incontro tra una tradizione ricca di umanità e un futuro in sospeso. Lo spazio, dunque, dove il passato, anziché da ostacolo al progresso, funge invece, all’opposto, come suo presupposto e radicamento, ponte che permette di guardare più lontano sulle spalle di giganti che hanno intravisto orizzonti lontani, oggi presenti.
Profondamente laica, la Massoneria non cessa però di guardare con molto rispetto – e massima attenzione – a tutte le religioni in quanto le stesse – sapienza di vita – conservano risorse di senso che ampliano la fredda razionalità rigorosa.
Questi brevi, sintetici, cenni sono, in verità, già più che sufficienti a mettere in luce meridiana l’abissale lontananza e radicale opposizione fra la dottrina massonica incentrata tutta sull’uomo e la lettura, antitetica, che, oggi, invece viene proposta dal pensiero dominante, figlia tanto di un liberalismo sfrenato, causa di dolorosi squilibri, quanto di un collettivismo forzato che sacrifica i diritti fondamentali della persona e i valori dello spirito perfino irrisi come favolette.
Nell’oggi, nel quale siamo dolorosamente consumati, il presente è infatti considerato come uno spazio senza spessore perché totalmente sconnesso sia dal passato sia dal futuro ignoto. A voler essere sinceri, come pur si deve, non si capisce più da dove si viene. Né si è più in grado di decifrare ciò che ci attende. Si è persa la stessa nozione del tempo. Vale solo il momento dell’attimo fuggente senza rendersi conto che molti aspetti della vita prendono invece forma a partire da un passato che condiziona, ma nel contempo apre possibilità. Con l’inevitabile conseguenza che si è finito così per concentrarsi solo sugli immediati interessi, sui desideri personali avventatamente trasformati in diritti “nuovi“, con una totale penalizzazione del collettivo abbandonato alla sorte, anziché al processo democratico. La polis – un tempo luogo di unità, oggi invece palcoscenico di estraneità – nel presente è mortificata a tal segno da essersi completamente perso l’interesse per il bene comune. Irraggiungibili sono così divenuti i risultati di lungo termine perché non esiste più la pazienza di dare tempo al tempo senza ingabbiarsi nel subito tutto. Quando è vero invece che il molto può nascere dal poco. Come insegna il fuoco che nasce da una semplice scintilla.
Ancor più grave è la avvenuta perdita del piacere di continuare umilmente a cercare le “verità ultime” nella illusione che il tempo porterà in dono – senza affanni! – referti positivi. Si è abbandonata la metafisica. In molti la dichiarano perfino morta. I pochi filosofi del nostro evo non hanno più fiducia nella ragione, rifiutata e spesso pure derisa! Nel loro filosofare si prefiggono mete invero troppo modeste: spesso mere analisi di linguaggio che non conducono lontano, né aiutano a crescere in umanità.
Sgomenti, dobbiamo prendere atto – perché sotto l’occhio di tutti – che domina il divertimento più sfrenato, autentica droga che nasconde profondi disagi, assenza di relazioni autentiche. Imperano i liberi costumi: la morale è divenuta un pregiudizio. L’uomo di oggi non è più responsabile delle proprie azioni in un ambiente purtroppo largamente dominato dalla violenza.
Il danno comunque più profondo del post modernismo è però costituito dall’imperante relativismo. La sola verità possibile riconosciuta è infatti unicamente quella soggettiva. Figli di Protagora però confutato in termini persuasivi da Socrate-Platone nel noto dialogo! È certo comunque che l’assenza di una verità oggettiva, che illumina il cammino, finisce inevitabilmente per impoverire l’uomo perché, a questa stregua, viene meno un punto di riferimento sicuro nella vita di ciascuno.
Ricapitolando. L’oggi è caratterizzato dal primato dell’individualismo, con conseguente frenetica ricerca del piacere spesso scaduto nella volgarità senza alcun ritegno; furia del divertimento degradante; diffuso consumo; rifiuto della vita come disciplina; trionfo del materialismo, stante la totale assenza di valori umani, meno che mai trascendenti; totale disinteresse alla abitazione del campo politico con scadimento del vivere comune, frutto della accresciuta solitudine e diffusa alienazione.
Si insegna che l’albero si riconosce dai frutti. Se quelli che abbiamo appena sopra sommariamente compendiato sono i frutti – tossici – prodotti dal pensiero post moderno, non si può, dunque si deve, concludere che l’albero, che li ha generati, è irrimediabilmente bacato.
A questa palude, nella quale affondano uomini e coscienze, a questo drammatico degrado, la Massoneria si oppone con assoluta fermezza e ferrea determinazione, giustificando il proprio contrasto con il richiamo, innanzitutto, alla passione per l’umano e la sua preziosa imperfezione e, soprattutto, con l’addurre un argomento radicalmente insuperabile incentrato sulla previa educazione – soprattutto di natura morale – dell’uomo. Infatti, nulla può mutare se prima non mutano gli uomini.
Solo così, sottratti alla schiavitù delle cose, potrà sconfiggersi la paura, tutta umana, della propria condizione indeterminata e finita. Solo così possiamo di nuovo far emergere bagliori di verità, amore per la vita, fonte di nuova vita, autentica fratellanza, formidabile alternativa all’individualismo che non ha, in verità, ragioni da far valere, collegialità fertile dal confronto leale e costruttivo.
In estrema e definitiva sintesi. È indispensabile ritornare al “umano“ che è “cura dell’altro“ come dono da offrire e mettere in comune. Una cura aperta in termini universali perché estesa a livello non solo umano, ma pure sociale, principiando dal singolo uomo, con la diffusione di semi di verità, di bontà, di bellezza, ma pure di sostegno materiale nei confronti dei più bisognosi, degli umili, dei derelitti, degli ultimi, uniti nel rispettivo dolore. Dunque. Un “ripartire”, saccheggiando l’antico, che, come insegna però il verbo, è pure un “dividere” con giustizia e equità.
Nella deriva, che affoga l’oggi, l’obiettivo ultimo – e irrinunciabile – è allora il promovimento di una effettiva rivoluzione intellettuale che segni – finalmente! – il ritorno alla casa perduta del pensiero occidentale con il recupero di virtù colpevolmente abbandonate, riportando così l’uomo, in tutti i suoi ideali, al centro di un progetto, frutto di una effettiva rigenerazione. Solo il ritorno alla humanitas può infatti salvare dal piano inclinato sul quale siamo precipitati perfino senza averne contezza! Tanta è stata la sottile malafede dei cattivi maestri e della comoda pigrizia e stupida insipienza di chi li ha ascoltati!
Siamo consapevoli della natura ardua del compito che attende gli uomini consci del loro autentico destino. Siamo tuttavia altrettanto certi del conseguimento dello scopo perseguito solo che si abbia l’accortezza di perseguirlo con alleanze omogenee. Esistenti. Come rivelano già significative presenze. Appena ieri inesistenti.
In questa autentica rivoluzione, intellettualmente cruenta, inutile dirlo, la Massoneria non mancherà di fare la sua parte con tutto il bagaglio della sua esperienza e con tutta la forza del suo pensiero.
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