Il 5 Ottobre è la Giornata mondiale degli Insegnanti
SECONDA PARTE
Riprendo l’argomento che avevo trattato nell’articolo del 2 novembre.
Ormai siamo un po’ lontani dal 5 Ottobre, ma il 13 Novembre si è celebrata la Giornata mondiale della Gentilezza, un atteggiamento dell’animo che oggi sembra ancora più dimenticato della scuola, dei ragazzi e dei docenti, per non parlare della sua totale latitanza nel rapporto tra lo stato e gli insegnanti di ogni ordine e grado. Per cui va bene così. Pensiamo, tanto per argomentare il pensiero, al sistema di reclutamento dei docenti: negli ultimi quarant’anni i diversi ministri, segretari e sottosegretari, sedicenti esperti e via dicendo hanno dato libero sfogo alle loro più sfrenate fantasie, attraverso la creazione di corsi più o meno abilitanti, corsi in preparazione dei concorsi (in quest’ambito anche i sindacati si sono dati da fare), curiosi rientri nelle aule universitarie da cui gli sfortunati aspiranti docenti erano appena usciti, tediosi lavori su tesine di carattere didattico o pseudo tale da sottoporsi poi a docenti più in là con gli anni che il più delle volte avevano dispensato ai giovani colleghi aiuti e consigli in proposito, il tutto, mediamente, senza riuscire nemmeno a scalfire la piaga più grave di cui soffre la classe docente: la precarietà del lavoro.
Di recente siamo poi arrivati alla follia di concorsi che si sono svolti solo in poche città del paese – incredibilmente si è usato almeno il buon senso di scegliere una sede d’esame al nord, una al centro e una al sud; stupefacente!- costringendo chi avesse ancora l’ardimentoso desiderio di insegnare (per altro, a mio avviso, il lavoro più bello del mondo) a faticose e costose trasferte a fronte di un numero ridicolo di possibilità di ottenere un lavoro stabile: per alcune discipline fonti ben informate mi hanno parlato di due, tre cattedre disponibili, dieci nella regione più fortunata, a fronte di qualche centinaio di aspiranti.
Una follia, specie se pensiamo che a sottoporsi a questo avvilente stillicidio non sono stati solo giovani neolaureati, che per altro dovrebbero essere motivati a perseguire il loro obiettivo, invece che a guardarsi intorno e ad accettare magari una interessante proposta di lavoro all’estero, portando così oltreconfine le competenze che la scuola, bene o male, ha dato loro e a pagare le tasse all’estero, privando così le casse dello stato del “ritorno” che sarebbe giusto aspettarsi; non solo, dicevo, sono stati coinvolti in questo spettacolo indecente i giovani laureati, ma anche docenti che lavorano nella scuola da anni, anche da più di dieci anni e ad un’età in cui magari sarebbe più saggio cominciare a pensare al pensionamento.
Ma la follia va oltre; pare che , nel caso in cui non si superino questi ineffabili concorsi, sia necessario partire da capo, con un altro concorso o con chissà quale altra sciagurata novità il nostro ministero avrà avuto nel frattempo il tempo di escogitare. Insomma i candidati, anche se hanno vinto il concorso, cioè hanno dimostrato di possedere competenze e capacità necessarie per insegnare, non avendo ottenuto la cattedra perché i posti messi a bando sono pochissimi, non ottengono alcun beneficio. È come se il loro impegno, la loro fatica, il denaro speso da loro e dallo stato si siano volatilizzati, come se tutto ciò non fosse avvenuto. Incredibile, eppure pare sia così.
È altrettanto vero che in Italia, a quanto leggo, abbiamo un numero di insegnanti ben più alto rispetto agli altri paesi europei, a fronte per di più del grave calo demografico nel nostro paese. Credo che ci sia del vero in tutto ciò, ma mi chiedo perché, allora, in questi ultimi anni siano stati assunti tanti docenti attraverso strani e misteriosi percorsi politico-amministrativi proposti da chi, a livello di governo, evidentemente, non era al corrente della situazione. Per non parlare del fatto che in molte zone del paese continuano ad esistere classi troppo numerose e solo pochi alunni riescono ad avere un orario completo fin dal primo giorno di scuola, nonché la fortuna di non assistere al triste balletto di insegnanti che si alternano nei primi giorni (se non settimane) di lezione.
È evidente che la disorganizzazione regna sovrana negli uffici di chi dovrebbe occuparsi della cosa più preziosa che abbiamo: i nostri ragazzi, la maggioranza dei quali è attiva ed intelligente, meritevole di rispetto e considerazione, non di sciocchezze sulla validità formativa dell’umiliazione (sic!) e soprattutto di una classe politica che li metta davvero al centro del proprio progetto di governo. Forse è una patetica utopia, ma si potrebbe cominciare con il dare l’esempio, durante i dibattiti televisivi, di una buona capacità di ascolto e di una solida capacità di argomentazione del proprio pensiero, obiettivi che sono presenti nella programmazione di qualsiasi scuola, ma che per molti adulti di potere sembrano ben lontani dall’essere raggiunti.
Purtroppo questa è al momento la realtà.io ho amato l’insegnamento ma ira non lo consiglio così caldamente come ero solita fare tempo
Non conosco il problema ma forse voi insegnanti dovreste suggerire un metodo per uscire dal tunnel che non è recente.