Attender certo della gloria futura (Dante)
Nella nostra Capitale, per il Giubileo 2025 sono attesi oltre 30 milioni di pellegrini, “chiamati a essere fari di speranza in un mondo che spesso sembra oscuro”. Avrà, infatti, densi risvolti laici questo lungo momento religioso segnato dalle complesse problematiche civili afflittive dell’umanità.
Un tempo, era il suono del corno di un caprone – jobel, nella Bibbia, donde il nome dell’evento – quello che annunciava l’inizio d’un Giubileo, Anno Santo, anno di grazia per i fedeli, che si recano a Roma e compiono particolari pratiche religiose, per ottenere in cambio la rimessione di tutti i peccati con l’indulgenza plenaria.
Questa fu istituita da Papa Celestino V e poi concessa largamente anche a pagamento dal suo successore Bonifacio VIII il quale, nel 1300, proclamò il primo Giubileo, stabilendo che avrebbe dovuto celebrarsi ogni 100 anni; ma questa ricorrenza è variata più volte. Gli Anni Santi si celebrano attualmente ogni 25 anni, ma sono stati spesso inframmezzati da Giubilei straordinari, promossi per lo più in occasione di grandi fermenti.
Il Giubileo straordinario del 2015 fu atteggiato da Papa Francesco alla misericordia e comportò l’apertura della Chiesa alla difficile posizione sociale delle persone separate o divorziate. Quello del 2025 sarà un Giubileo ordinario da lui improntato alla speranza “perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante”. Sarà, dunque, più laico di quanto si possa immaginare, un Giubileo per tutti, nelle contingenti emergenze di tanti conflitti pervasivi ed esiziali, di una “terza guerra mondiale a pezzi”, come spesso ormai si ripete citando Papa Francesco, che lo disse quando il mondo non aveva ancora visto la sanguinosa rivolta appena scoppiata in Siria.
“Per affrontare le sfide del nostro tempo – ha detto il Cardinale Ravasi – dobbiamo ritrovare un equilibrio, riscoprendo la speranza come forza capace di alimentare scelte e mosse concrete e ideali più alti”. Sono parole alate, mentre in tutti oggi domina, concreto, il sentimento della speranza per una soluzione pacifica delle due guerre, della cinquantina combattute sulla Terra, che ci toccano più da vicino, che proiettano scenari globali di distruzione e di morte e che confliggono con gli ideali umani, in un contesto di progressi tecnologici e scientifici, i quali potrebbero risolvere quasi tutti i problemi che attanagliano il mondo e invece trovano precluse le strade di una intesa comune.
In questo fermento quasi planetario, che esalta la globalizzazione dei problemi, nella vigilia del prossimo Natale il Giubileo potrebbe aprire le porte dell’Anno Santo alla globalizzazione delle soluzioni, col grimaldello della speranza, “attender certo della gloria futura”, come scrisse Dante, conoscitore profondo delle umane esigenze.
Senza speranza, non esiste futuro, e se futuro è il succedersi dei giorni che segnano il presente, solo da un presente di gloria possiamo attenderci certo un futuro di gloria.
Questo è il messaggio laico d’un Giubileo eminentemente religioso, teso però a coniugare le aspirazioni spirituali dei fedeli con le attese materiali di tutti.
Si vales, vàleo.