La politica aziendale che sta distruggendo la sanità penetra anche nelle “strutture di riposo”. La testimonianza degli operatori sociosanitari
La crisi della famiglia, il calo della natalità, la perdita di antichi valori e l’ipotetico aumento degli anni di vita, hanno generato un proliferare di quelle strutture di accoglienza a cui destinare chi, per questioni di età o di salute non è più gestibile tra le mura domestiche, per molteplici cause che delineano certi scomodi scenari della nostra evoluta società civile.
Di certo, l’abbandono della casa da parte dell’anziano e il dirottamento verso una “struttura” rappresenta un momento struggente. Materia per psicologi e analisti che consigliano di trattare il passaggio con delicata empatia (talvolta ipocrisia), ben sapendo che in genere è l’ultimo trasloco di una vita ormai vissuta, ma non completamente.
Sulla questione non manca un’ampia letteratura psico–sociologica, altra cosa è una fredda analisi economico–operativa su quel che accade tra le mura delle “strutture”, scaturita da informali inchieste con Operatori Sociosanitari che lavorano in RSA e case di riposo. Due tipologie di ricovero dalle caratteristiche in teoria differenti, ma che in molti casi si sovrappongono.
Le RSA risultano strutture para-ospedaliere che forniscono trattamenti di lungo-assistenza, cura, recupero e mantenimento di persone non autosufficienti affette da varie patologie che richiedono una continuità assistenziale. Le case di riposo sono residenze per anziani autosufficienti (anche solo in parte), dove si riceve assistenza sanitaria e si socializza con una comunità di persone che hanno necessità similari.
Che la vecchiaia sia un business non è un mistero. Le richieste sono in aumento e anche l’ultimo degli utenti, in qualche modo è solvibile. Un mercato di pensioni e di salvadanai che ha moltiplicato la genesi di numerose attività di assistenza, sia domiciliare che ospedaliera.
La retta mensile delle RSA, varia a seconda delle necessità e delle possibilità dei soggetti. Nel Nord Italia va da 1600 a oltre 2600 € mensili, fino a cifre molto elevate per camere singole e trattamenti particolari. Sono inclusi il cibo, sempre di buona qualità, il consumo di elettricità e i consulti medicali generici. Per quei pensionati non in grado di coprire appieno le cifre, interviene l’Asl di riferimento.
Al 31 dicembre 2020 le strutture assistenziali censite in Italia erano 12.630, con una capacità stimata di 412.000 posti letto. Dati di agosto 2021 relativi al Piemonte riportano oltre 45.000 posti letto nella regione.
Molte RSA sono state acquisite da potenti Holding di Sanità & Servizi, tra le quali, rilevante è il gruppo KOS S.p.A., nato nel 2002 da un progetto di Carlo De Benedetti e vari manager esperti in ambiente sanitario. Nel 2006 il gruppo ha assimilato Residenze Anni Azzurri, che conta una cinquantina di strutture e circa 1.600 posti letto in otto regioni e da allora ha continuato a espandersi, diversificando i servizi, offrendo anche quelli di diagnostica e di medicina più evoluti.
Fin qui una rapida panoramica su dati e stati emotivi, ma dalle spontanee testimonianze di alcuni operatori sociosanitari che lavorano nelle strutture, è nato un sondaggio dai molteplici aspetti, molti dei quali, sconcertanti.
Da più fonti di lavoratori inseriti in varie RSA del Piemonte, alcune del gruppo KOS, è scaturito un coro di lamentele verso un compenso orario stabilito dalle cooperative, inferiore a quello della categoria di merito, e troppo onerosi carichi di lavoro, pur essendo, almeno in teoria rispettati i 10 pazienti per ogni operatore.
Infatti, molti operatori esperti, di recente sono stati affiancati da nuovi assunti privi di esperienza, di motivazione e di etica, in un mestiere importante quanto sottovalutato, che richiede capacità ed empatia.
Il fenomeno ha dato origine a un repentino calo della qualità del servizio dedicato all’ospite e alcuni racconti di addetti consapevoli e motivati, sono raccapriccianti. Altresì, i ritmi di lavoro del personale più pratico si sono fatti stressanti e insostenibili, con inevitabili ripercussioni per i pazienti.
Voci concordanti anche sull’operato degli animatori, anch’essi pochi e non sempre ispirati nel coinvolgere gli ospiti più impegnativi. Racconti che vanno dritti al cuore, narrano di vecchi seduti sulle sedie a rotelle con sguardi rassegnati e vuoti, sovente abbandonati per ore davanti al televisore.
Altrettanto disappunto per la fisioterapia, a detta delle fonti, carente in numero di addetti e sovente anche di intraprendenza. E tra una confidenza e l’altra emergono episodi di nuovi operatori non solo inadempienti, ma anche duri e violenti, per fortuna segnalati e per certi spiacevoli casi, prontamente licenziati.
Il personale non all’altezza causa tensioni sul posto di lavoro, ed è un ulteriore incentivo per la fuga verso strutture più selettive e remunerative degli operatori più esperti, in cerca di gratificazione professionale ed economica.
Riguardo lo stipendio base dell’OSS, è di circa 1250 € al mese, 1600 se assunti direttamente dalla clinica privata. In ambito ospedaliero si arriva anche a 1800 € mensili. Il compenso dovuto all’OSS dovrebbe essere di 11,03 € euro l’ora, cifra che spesso non concorda con l’inquadramento delle cooperative, ma spesso i lavoratori e le lavoratrici o non sono a conoscenza dei loro diritti oppure accettano, pur di avere un’occupazione garantita dalla richiesta di operatori.
L’assunzione con un salario minimo è un malcostume condiviso e denunciato anche in altri settori assistenziali. Lo sciopero degli addetti del “Consorzio ONG Piemontesi Associazione Eufemia” che operano a Torino, è alla recente attenzione della cronaca cittadina.
Per quanto concerne lo stipendio medio in Italia, per il Direttore sanitario destinato a ottimizzare il rendimento della RSA è di € 47.572, ben migliorabile con un’acuta gestione. Per dati più specifici e personali, è possibile consultare le numerose agenzie di statistica reperibili su Internet.
Questo invito ad approfondire l’interesse è indirizzato soprattutto a quei familiari che non fossero al corrente. Infatti, la qualità di vita dei loro parenti ospitati nelle RSA più qualificate, in molti casi pare sia vittima di una politica aziendale che si sta allineando con la decadenza del servizio sanitario nazionale. E poi, a molti capita di invecchiare prima o poi. Meglio portarsi avanti con la conoscenza.