
Il libro, pubblicato da Graphot Editrice, fa conoscere questa piccola città oltre gli stereotipi dell’immaginario collettivo
«Nell’immaginario collettivo Collegno è il luogo del manicomio e dello Smemorato di Collegno, quello da cui è nato un modo di dire e che dà il titolo a un film con Totò e Macario» scrive Rocco Pinto, curatore del recentissimo libro “Collegno stories” (Graphot Editrice, 2024).
In effetti, lo Smemorato di Collegno è stato ricordato con una targa commemorativa che nel 2017 – nel novantesimo anniversario del celebre caso scoppiato nel 1927 – la Città e l’ASL TO3 hanno posto nella Certosa a perenne ricordo della vicenda che ne ha reso il nome noto nel mondo.
Può essere interessante ricordare che nel 1972 si è verificato un secondo caso che, almeno inizialmente, poteva evocare un nuovo Smemorato.
Negli ultimi giorni del 1972 leggiamo su La Stampa che un uomo senza nome è ricoverato da circa una settimana all’Ospedale Psichiatrico: non ricorda la sua identità, è senza documenti e ha soltanto 100 lire in tasca. È stato trovato da un taxista a Porta Nuova il 21 dicembre, confuso e con una ferita alla testa. Si pensa che abbia perso la memoria dopo un’aggressione. Alle Molinette è rapidamente guarito dalla lesione e il 23 dicembre è stato ricoverato a Collegno.
Qui sembra essersi ripreso, ma persiste il vuoto di memoria. Non ricorda da dove sia partito, né perché si trovi a Torino, né la sua età. A Collegno fa amicizia con tutti, si dimostra socievole e di buon carattere, è considerato più un ospite che un ricoverato. «Sono nato l’altro ieri – ripete sorridendo – e ieri soltanto mi hanno battezzato. Mi chiamano Gianni». Il personaggio, dotato di un certo charme, dimostra buona conoscenza della terminologia medica, forse è un chirurgo.
L’anno 1972 si conclude con la rassicurante notizia che la sua identificazione dovrebbe essere molto vicina. Il dottor Antonio D’Alba ha impiegato la narcoanalisi, noto come «siero della verità», e ha così fatto emergere alcuni ricordi: lo smemorato Gianni ha una moglie di nome Maria Rosa e un figlio di tre anni, Gian Maria. È di origini modeste, ha conosciuto la futura moglie durante un ricovero in ospedale. La suocera si è opposta alle nozze e gli screzi sono continuati anche dopo il matrimonio. È stato in Germania e in Svizzera per lavoro ed è stato richiamato in Italia da uno dei suoi sette fratelli. Gianni ricorda che il viaggio a Torino su «treno internazionale» gli è costato circa 12 mila lire e, prima di partire, ha acquistato in stazione uno specchio, un completo per barba, un pettine e un profumo. Questo materiale, con etichette tedesche, è stato effettivamente trovato in una valigetta che Gianni aveva con sé. La Polizia l’aveva subito esaminata, ma i pochi oggetti contenuti non fornivano piste investigative praticabili. A questo punto della narcoanalisi, il dottor D’Alba gli ha chiesto: «È venuto per caso dall’estero?». Gianni ha gridato «No, non è vero» e subito dopo ha avuto una crisi isterica con paralisi.
Il dottor D’Alba afferma che Gianni è stato colpito da un’amnesia isterica. Aggiunge un ulteriore particolare: il suo paziente presenta segni di leggere ferite da taglio ai polsi e all’avambraccio, probabile conseguenza di un recente tentativo di suicidio. Gianni è infatti convinto di essere malato di tumore e di dover morire. Queste notizie, riportate da La Stampa di domenica 31 dicembre 1972, appaiono accertate con rigore scientifico, ma non portano elementi per l’identificazione.
Nei primi giorni del nuovo anno arriva la soluzione del caso: lo smemorato è stato riconosciuto grazie alle foto apparse su La Stampa. Lo hanno identificato alcuni infermieri dell’Ospedale San Martino di Genova dove è stato ricoverato per una settimana ad inizio di dicembre.
È Gianni P., di 31 anni, abitante a Genova con la moglie Maria Rosa G. e due bambini, Gian Maria di 3 anni e mezzo e Debora di 20 mesi. Gianni è entrato al San Martino ai primi di dicembre per un maldestro tentativo di suicidio con «ingestione di medicinali dannosi». Dimesso il 10 dicembre, è tornato a casa dove è rimasto fino al 16. Poi è sparito, portandosi via l’intero stipendio e la tredicesima della moglie, infermiera al San Martino. Non è la prima volta che si allontana: «Ogni tanto si stanca della vita di casa – racconta Maria Rosa – dice che è stufo e che ha voglia di muoversi. Allora scompare per qualche giorno o per qualche settimana. Poi torna spontaneamente oppure accompagnato dai carabinieri e dalla polizia. Gli piace stare nei bar, far credere di essere importante. Una volta ha detto a conoscenti occasionali d’essere aiuto-anestesista all’ospedale di San Martino e ha promesso loro un posto». A Collegno si era pensato che fosse un chirurgo!
Dove sia andato Gianni dopo il suo allontanamento da Genova lo si potrà sapere soltanto se lui si deciderà a parlare o se riuscirà a ricordare. Il dottor D’Alba è sempre convinto che non sia un simulatore, ma vittima di un’amnesia isterica. Pur con qualche dubbio diagnostico, il caso è stato rapidamente chiarito e non ha certo gli elementi fascinosi dello Smemorato del 1927.
Il personaggio del 1972 appare un po’ squallido, anche se da compiangere, tanto più che la moglie afferma di essere stufa di lui e decisa ad abbandonarlo al suo destino. Lo avrà fatto davvero? Non disponiamo di ulteriori notizie… ma si è voluto rievocare, con le sue luci e ombre, questa storia, una delle molte vissute nell’Ospedale Psichiatrico di Collegno.
Questa vicenda, insieme a quella del più celebre Smemorato del 1927, è stata narrata da chi scrive nel libro “Collegno stories”, presentato l’11 dicembre presso la Sala Consiliare del Comune di Collegno, al Parco Generale Dalla Chiesa, con la partecipazione del sindaco Matteo Cavallone, dell’assessora alla Cultura Clara Bertolo e dell’editrice Laura Giachino col coordinamento di Rocco Pinto.
Come curatore di “Collegno stories”, Rocco Pinto ha ricordato altri aspetti noti della città, come il Villaggio Leumann, costruito alla fine dell’Ottocento dallo svizzero Napoleone Leumann, la Certosa Reale, voluta da Maria Cristina di Francia, il meraviglioso parco che sorge lungo le rive della Dora Riparia. Ma la lettura delle varie storie permette di andare oltre l’aspetto turistico della città, perché, sempre secondo Rocco Pinto, «Dal macramè di storie che compongono questo libro scopriamo che Collegno è anche la città della scuola e della nascita del tempo pieno, della solidarietà nei confronti di un villaggio in Mali e dell’accoglienza di una famiglia siriana, dell’amore per lo sport e per il cinema. Da tutte emerge che in questa piccola città è facile sentirsi parte di una comunità».
Anche le persone più distratte, che conoscono Collegno soltanto per la citazione dello Smemorato, avranno così un vissuto strumento per approfondire le loro nozioni, grazie a questo libro, decimo titolo della collana Stories di Graphot Editrice, dove sono stati già considerati cinque quartieri torinesi, tre comuni della provincia di Torino (Sparone, Prali, San Mauro) e la città di Noli (Savona).
Collegno stories, a cura di Rocco Pinto
Graphot Editrice, Torino, 2024, pp. 208 – € 18,00
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