Un ottimo sussidio per meditare i momenti più importanti della religione cristiana
Sono passati venti anni da quando il regista australiano Mel Gibson ha prodotto il film “The Passion of the Christ”. Vederlo in questo periodo è un ottimo sussidio per meditare i momenti più importanti della religione cristiana. Si tratta di due ore di film per raccontare due giorni, gli ultimi della vita di Gesù, dalla preghiera nell’orto degli ulivi alla morte sulla croce. Il regista Mel Gibson in La passione di Cristo uscito nel 2004 ha fatto un’operazione forte, puntando molto sui particolari più duri, non risparmiando allo spettatore lo scempio dei corpi. Girato interamente in Italia tra Cinecittà, la zona di Matera e Craco, un paese fantasma della Basilicata, molti sono gli attori italiani nel cast, che peraltro recitano nelle lingue dell’epoca, il latino e l’aramaico, con i sottotitoli. Le fonti di questa operazione sono naturalmente i quattro Vangeli ma anche i diari di Anna Katharina Emmerick, una mistica tedesca vissuta tra il 1774 ed il 1824.
Il ruolo di Gesù è stato affidato a un attore statunitense cattolico, Jim Caviezel, interessante soffermarsi su questo attore, che visse dure esperienze sul set, dalla slogatura della spalla nelle scena della crocifissione alla polmonite causata dalla rigide temperature a cui era esposto nell’inverno lucano. Fu addirittura colpito da un fulmine. Fu seguito durante le riprese da un sacerdote e nei momenti di pausa, per calarsi maggiormente nella parte, recitava il rosario. Per sua stessa ammissione dopo il film Hollywood gli ha voltato le spalle e quella che era una promettente carriera subì una battuta d’arresto. «Ma lo rifarei, quell’occasione ha rafforzato la mia fede», ebbe a dichiarare in un’intervista.
La pellicola ha fatto molto discutere, per le scene di violenza e realismo crudo, oltre alle accuse di essere portatrice di un messaggio antisemita. La critica si è divisa, con molte stroncature. “Racconta quello che è stato”, ha detto il papa Giovanni Paolo II, dopo aver visto il film di Gibson.“Il primo merito che a Mel Gibson va dato è quello di aver fatto un’opera d’arte, ossia qualcosa che ci sbatte davanti agli occhi un fatto. In un periodo storico in cui il cristianesimo è spesso ridotto a una morale, a una dottrina, a valori, a discorsi, ci sbatte in faccia quell’uomo, i suoi occhi, le sue ferite, la sua libertà, la sua obbedienza, la sua intensità. Ci dice che il cristianesimo è un uomo, ci mette davanti agli occhi quell’uomo. (La Passione di Cristo: Un film da guardare con il cuore libero, CulturaCattolica.it).
Jim Caviezel, l’attore principale del film di Gibson è tra l’altro, protagonista di Sound of Freedom – Il canto della libertà (Sound of Freedom), un film del 2023 diretto da Alejandro Monteverde. Il film narra la storia vera di Timothy Ballard, un ex agente governativo che lotta contro il traffico di esseri umani minorenni in Colombia. Uscito nelle sale italiane in queste settimane.
Caviezel è un personaggio che merita molta attenzione, anni fa il blog di Alleanza Cattolica ha pubblicato un discorso (Maurizio Brunetti, “Guerrieri” pronti a rischiare la vita per il Vangelo”, 7.1.2018, alleanzacattolica.org) che La star de “La passione di Cristo”, ha fatto il 3 gennaio 2018 al convegno SLS18, lo Student Leadership Summit 2018, promosso dall’organizzazione FOCUS, The Fellowship of Catholic University Students. Scopo del convegno, tenutosi a Chicago dal 2 al 6 gennaio, è stato quello di formare gli studenti dei college cattolici, orientandoli ad assumere uno spirito missionario nella vita e, in particolare, nei campus. Credo sia opportuno citare alcuni passaggi di quell’entusiasmante discorso davanti a circa ottomila persone.
“I cattolici devono essere pronti a rischiare la vita e la reputazione per sconfiggere il male nel mondo”, ha detto Jim Cavaziel.“Solo attraverso la fede e la sapienza di Gesù potremo essere salvati, ma ci vorranno anche persone pronte a combattere, a sacrificarsi e a soffrire”. L’attore, citando san Massimiliano Kolbe (1894-1941), ha detto che il più grande peccato del secolo XX è stato l’indifferenza, e lo è ancora nel XXI.
«Quest’indifferenza, questa tolleranza devastante del male, dobbiamo scrollarcela di dosso. Ma solo la nostra fede e la sapienza di Cristo possono salvarci», ha detto. «Tuttavia c’è bisogno di guerrieri pronti a mettere a repentaglio la propria reputazione, il proprio nome, persino le nostre stesse vite, per difendere la verità».
«Distinguetevi da questa generazione corrotta», così l’attore ha pungolato l’uditorio. «Siate santi. Non siete stati creati per conformarvi. Siete nati per distinguervi ed emergere».
Caviezel ha spiegato che le sue esperienze sui set cinematografici gli hanno insegnato che per essere grandi agli occhi di Dio si deve anzitutto farsi piccoli e accettarLo integralmente, consentendoGli di guidarci. L’attore ha anche parlato del significato della sofferenza, con riferimento al suo The Passion, denunciando come sia un malinteso fin troppo diffuso la convinzione che il cristianesimo consista meramente in discorsi melensi. Infatti, ha raccontato come l’avere interpretato il ruolo di Cristo fino al termine delle riprese è stato motivo di sofferenze e ha costituito per lui una prova grande, anche per ciò che riguarda i risvolti fisici della flagellazione e l’essere crocifisso.
«Ognuno di noi deve portare la propria croce», ha continuato. «La nostra fede e le nostre libertà hanno un prezzo». Ha poi sottolineato che la resurrezione, e quindi la nostra salvezza, non è gratis. Pertanto, anche loro devono abbracciare la propria croce e correre verso i propri obiettivi. L’attore ha manifestato ai ragazzi le proprie convinzioni a favore della vita, esortandoli a impegnarsi anche loro. Ha incitato i giovani di Chicago a vivere la fede pubblicamente. «Voglio vedervi uscire allo scoperto in questo mondo pagano», ha affermato Caviezel.
«Voglio che abbiate il coraggio di entrare in questo mondo pagano esprimendo senza complessi la vostra fede in pubblico». «Il mondo ha bisogno di guerrieri valorosi, animati dalla fede», ha aggiunto. «Guerrieri come san Paolo e come san Luca che hanno rischiato il proprio nome e la propria reputazione per diffondere nel mondo la propria fede e il proprio amore per Gesù». «Dio chiama ognuno di noi – ognuno di voi – a fare cose grandi», ha detto.
Per Caviezel spesso la gente ignora la chiamata di Dio ed è quindi tempo che questa generazione accetti la chiamata donandosi interamente a Lui e ritornando alla preghiera, al digiuno, alle Scritture e ai sacramenti. Siamo una cultura in declino – ha aggiunto – e l’intero nostro mondo è radicato nel peccato. La licenziosità ha preso il posto della libertà. E questo «poiché oggi nel nostro Paese siamo fin troppo contenti di seguire il flusso della corrente». «Della libertà abbiamo fatto un idolo che mette tutte le scelte sullo stesso piano, qualunque siano le conseguenze. Credete onestamente che sia libertà vera?»
Citando Papa san Giovanni Paolo II il Grande (1978-2005), l’attore ha pure spiegato che una società non può escludere la verità e il ragionamento morali.
«La libertà che io auspico per voi», ha detto Caviezel, è «La libertà dal peccato, dalle debolezze, da questa schiavitù cui il peccato ci costringe. Questa è libertà per cui vale la pena morire».
Ha poi in conclusione ricordato una scena di un altro film di Mel Gibson, Braveheart-Cuore impavido, nel quale William Wallace (1270-1305) rincuora i propri uomini destinati a una sconfitta certa dicendo loro che i nemici avrebbero potuto eventualmente sottrarre loro la vita, ma mai la libertà, scegliendo una battuta specifica di quella scena: «Tutti gli uomini muoiono. Non tutti però vivono veramente». Pertanto: «dobbiamo tutti combattere per questa libertà e vivere, amici miei». «Per Dio, dobbiamo vivere avendo lo Spirito Santo come scudo e Cristo come spada. Che possiate unirvi a san Michele e a tutti gli angeli per rimandare Lucifero e i suoi accoliti all’inferno, là dove debbono restare!»
Non ho mai letto parole simili da un uomo di spettacolo. Mi fermo, si commentano da sole.
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