… e, a dire il vero, non lo so neanche io.
C’è veramente da mettersi a ridere senza ritegno quando sentiamo certe affermazioni, salvo il fatto che spesso siamo noi stessi a farle senza rendercene conto.
Convinti come siamo di essere il centro del mondo, e di sapere tutto quello che c’è da sapere, cadiamo facilmente nel ridicolo ad ogni istante.
Se qualcuno ci chiede se siamo onesti e sinceri, se sappiamo sempre quello che facciamo, se siamo felici, rispondiamo convinti di quello che diciamo. Nessuno ha dubbi che la risposta sia vera. Infatti è vera: afferma veramente il falso!
Perché il 95% di quello che siamo non lo conosce nessuno!
Come si può vedere nello schema iniziale, la somma di quello che io so di me stesso, di quello che gli altri sanno di me, e di quello che tutti sanno di me, arriva a malapena al 5% di ciò che si conosce di me!
Alla faccia dei social network in cui tutti parlano di tutto e giudicano tutto, la sintesi di questo gran lavoro di scambio di informazioni, personale e collettivo, è solo un “muovere la polvere da un posto all’altro”, un ravanare continuamente in quel 5%, senza mai andare oltre, senza mai arrivare a niente.
O meglio, un risultato lo si consegue certamente: continuare a incrementare l’illusione di fare qualcosa di nuovo e diverso.
Anzi, due risultati, il secondo dei quali è continuare ad ingrassare chi ci mette nelle condizioni di farlo, visto che lo desideriamo così avidamente da non badare a spese. Ci mancherebbe, si tratta della nostra crescita personale, del nostro benessere psicofisico e mentale, che non ha prezzo!
Così per dare di noi stessi l’immagine migliore che desideriamo mostrare agli altri, non solo non scopriamo chi siamo realmente, ma cerchiamo di mentire al meglio possibile, sicuri che, anche se veniamo smascherati, visto che così fan tutti, al massimo “mal comune, mezzo gaudio”.
Peccato che prima o poi, naturalmente quando meno ce lo aspettiamo, ci arriva il conto, e allora tentiamo la carta finale: “era solo uno scherzo”; non potete farmi pagare per questo! Non esitando così, necessariamente e onestamente, a mostrare, in tale circostanza, la nostra migliore “faccia di tolla”.
Per cui ci sforziamo di dimostrare, in modo demenziale e ridicolo, che la diversa intenzione modifichi il fatto, ovvero come se il perdere la vita mentre mi sto divertendo a nuotare, anziché durante il salvataggio di una persona che sta annegando, cambiasse il fatto in sé!
In una situazione dove tutto deve essere vissuto in un istante che non sembra mai in relazione al precedente e al seguente, chi si occupa del fatto che quello che crediamo di fare come libera scelta, tanto libera scelta non sia, che quello che crediamo di essere, non sia davvero quello che siamo?
Ci si occupa di scendere dentro di sé per conoscersi davvero?
Per aggiustare il tiro, per tentare di uscire dalle sabbie mobili dei luoghi comuni e delle aspettative, qualcuno afferma di “vivere il presente”, mostrando, quale prova evidente, una certa leggerezza nel suo modo di operare.
Imitare qualcosa, però, non significa essere quella cosa; significa solo mantenere l’inganno esattamente come fa un attore di teatro interpretando il personaggio che gli è stato assegnato; tanto più è bravo nel farlo, tanto più potrà definirsi artista. Tuttavia, e proprio per questo, correrà il rischio di identificarsi con lui senza esserlo mai, di diventare schizofrenico senza volerlo!
Nel conto da pagare la voce più costosa è dovuta alla necessità di mantenere l’immagine di noi che vogliamo dare agli altri, perché la fa dipendere da loro, e quindi più crescono i nostri “followers” più il conto sale. Inoltre ognuno di loro diventa sempre più esigente, e il conto sale ancora.
Mia nonna diceva: “le bugie hanno le gambe corte” e “un bel gioco dura poco”.
Quanto ancora vogliamo che duri?
Schema e testo
Pietro Cartella
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