
Gillo Dorfles 2008 di Joe Oppesidano
Sonia Lotti racconta Joe Oppedisano
Prima Parte
Joe Oppedisano: fotografo pubblicitario, ritrattista, fotografo di streets, collages, innerself, extensions, e molto altro.
Volendo ben vedere diciamo spesso «hello» ma non negli Usa, non tra i bianchi nati vicino a Broookling dove Oppedisano passa l’ultima parte dell’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza, in questo caso, si dice «hallo».
Fu esattamente quello che gli dissi quando lo sentii per telefono. Veniva a Milano e ci incontrammo. Non lo potevo credere, ero perfettamente a mio agio, eravamo vivi ed erano passati quasi vent’anni, forse venticinque. Joe che è sempre stato in giro: Torino, laghi, Genova, Venezia, Roma, New York, Cina, Russia, Bahamas, Cuba, Berlino, Castelsardo, Milano, Urbino, la Calabria dove è nato, in giro molto spesso, perché non riesce proprio a smettere di andare.
Come se dovesse fotografare tutto quello che suscita bellezza: al Guggennheim, alle Biennali, nei musei italiani, turista professionista per sempre, paesaggi, case, molte persone: ricchi, poveri, senza tetto, modelle, nudi, sempre con la stessa precisione con la stessa ricerca professionale del click giusto. Premi, mostre, libri ci dicono che è vero che il suo click sia davvero giusto: la sua foto resta appesa là, ovunque abbiano deciso di esporla ma fruibile a tutti.
L’ho visto lavorare spesso e la cosa stupefacente, a mio modesto avviso, è sempre stato Il motore della sua macchina che sembra più veloce della macchina stessa. Ha scattato con i tecnici della Polariod, la polaroid più grande del mondo: un formato improponibile. L’attrezzatura, sempre vinta alle gare mondiali di fotografia, quasi tutta, anche quella subacquea. Curioso e molto educato, quasi mai arrabbiato anche in circostanze difficili, piuttosto soddisfatto.
Oppedisano ha fotografato personaggi famosi e li ricorda tutti, si ricorda soprattutto bene anche quelli non famosi. Campagna stampa mondiale: il volto di Ronaldo in tutto il mondo per Parmalat, quasi assurdo. Copertine di Capital, Zoom, Panorama Travel, Progresso Fotografico, certo è difficile, devi essere bravo nel tuo lavoro, devi eccellere per spiccare. Il circo era una passione che aveva fin da bambino. Una volta in Calabria, mi raccontava: «avrò avuto cinque anni, c’era il circo ma mia mamma non poteva spendere i soldi, allora ci sono andato con un amico, ci siamo infilati sotto il tendone riuscendo a vedere lo spettacolo dalle finestrelle.».
Mentre faceva il fotografo di pubblicità per guadagnarsi la pagnotta, un giorno gli hanno telefonato chiedendogli di fare un libro sul circo, lui si ricordò di quella volta quando era bambino. C’era il Circo Americano ma, non erano americani, voleva fotografare i circensi in studio. Io e la troupe tenevamo un quadernetto dove annotavamo tutte le castronerie americane che si inventava quando parlava Italiano.Una volta al ristorante, ci ha detto che il cibo non andava bene perché era pieno di preservativi.
Gli siamo scoppiati a ridere in faccia, intendeva solo dire che era pieno di conservanti appunto: preservatives.Era da qualche anno in Italia quando ci conoscemmo e ci era arrivato grazie ad Alitalia. Dopo il Queen’s College che lasciò per iscriversi alla School of Visual Arts di New York, lavorò fotografando e promuovendo il turismo Italiano per Alitalia.
Gli chiesero di fotografare nel 76 il terremoto in Friuli. Oppedisano ama troppo la vita per assistere a tragedie, nelle tragedie è tosto, ma le foto palesemente tragiche, non sono nella sua indole, anche se due rullini li aveva fatti lo stesso.La fotografia sembra essere felicità per Oppedisano. Non gli è mai piaciuto lo stil-life. Life esattamente; le cose vive, guardare le cose vere che si muovono, che esprimo, che mutano senza digitalizzarle, guardare senza troppo giudizio, senza identificarsi, sembra proprio quello che cerca di catturare. Lo fa con stile, è stiloso come un maestro. Oggi infatti è diventato anche un professore di fotografia.
Oppedisano con la campagna stampa Yomo inondava la metropolitana di Milano di foto di gente comune, non certo modelli e modelle professionisti ma, il barista, il panettiere, la gelataia, magari di diverse razze, ma tutti ugualmente potenziali consumatori di Yomo. Si aprivano le porte del metro, non c’erano le panchine e gigantografie di persone sfilavano lungo il percorso della linea rossa. Foto enormi. L’agenzia pubblicitaria quell’anno, vinse un prestigioso oro primo premio, con quella campagna.
Non gli interessava fare il pittore, tanto con la fotografia «si può quasi dipingere» mi disse una volta. Più che pittore, meglio secondo lui, rinascere come un cavallo, forte possente e libero.
Per spiegare chi è Oppedisano non basterebbe un libro ma, la voce Wikipedia vi dirà quasi tutto, purtroppo si ferma al 1991, Joe Oppedisano, intanto, è andato avanti. Alcune sue foto restano nella memoria persino collettiva. Le vediamo e sappiamo che le abbiamo viste e che ci avevano stupito. Indimenticabile fu la campagna stampa di Technics stereo che mostrava un bambino appeso per i calzoncini e la maglietta in posizione orizzontale sul filo dei panni per stendere.
Joe Oppedisano è un professionista che cerca solo lo shoot giusto, lo scatto. Non due click o tre, uno. Di solito lo scatto giusto è completamente diverso da quello che si poteva prevedere perché Joe non prevede ma pensa, cammina un po’, poi fotografa. Chi prevede sono le agenzie pubblicitarie, lui molto spesso le sorprende.
Un giorno si mise a piovere: Joe scattò lo stesso e la foto fu quella, anche se gli accordi prevedevano una giornata di sole. Quando l’agenzia guardò la sua foto fu felice della pioggia perché quella foto, così, non sarebbe mai venuta se ci fosse stato il sole.
Quella fu la campagna stampa Kodak: una bambina dentro un riquadro bianco di una diapositiva e un sub sempre fotografato dentro la cornice bianca della diapo.
Nel caso invece del bambino appeso, questo oscillava su e giù in una posizione piuttosto scomoda e non era semplice immortalarne il sorriso, la felicità o l’immobilità e la serenità, così appeso per le braghe, il bambino e Oppedisano però ci riuscirono. Uno shoot, un unico click tra tutti quelli che ha scartato: quello scatto che molti fotografi riconoscono come una foto quasi storica. Se ci pensiamo oggi quella foto resta attualissima perché rappresenta l’infanzia appesa sopra un filo.
I figli di un mondo difficile, Oppedisano sembra dire: siamo appesi tutti ad un filo, sorridiamo, guardiamo avanti e non perdiamo lo scatto giusto. Lo scatto giusto è necessario a tutti. Forse perché essere bambini oggi, deve essere abbastanza difficile. Joe Oppedisano resta fortunatamente un po’ come quel bambino: un pulito, un integro della fotografia. Ai suoi studenti insegna a fare la differenza attraverso le foto, a uscire dalla massa critica attraverso l’arte che ne è un nesso logico-creativo.
Gli insegna i generi, le differenze, ma non spiega molto, piuttosto racconta, lascia fare, guarda crescere le capacità. Firma le sue composizioni dandogli un titolo come fosse un pittore e lascia un’immagine, diversa da quelle che vediamo normalmente perché, molto spesso, le sue foto fanno riflettere su cosa sia quel mondo invisibile che molti cominciano a vedere. Era la New Age, ora è finita. Fermati, guarda, sembra dire, osserva che l’età nuova non pare finire mai.
Davanti alle difficoltà, al marciume del potere, all’ inconsistenza degli ideali, all’ ignoranza travestita da bon ton, alle fetide guerre tra potenti minorati e schiavi del potere, tra cavie e torturatori, ai veleni meschini nelle relazioni: alzati e scatta.
Oppedisano si sforza con energia di pensare che la vita è sorprendente, che possiamo creare meraviglie attraverso l’arte. Sul mio comodino ci sono libri, penne e fogli, «c’è sempre una penna sul comodino», come canta misticamente con la sua voce sgraziata Caparezza; sul suo ci sono le foto, in cucina, ci sono i rullini. C’è qualche pigna di libri sul pavimento mentre fuori nelle campagne attorno alla sua casa, le nuvole si muovono veloci, lui ne cattura una, una sola, sopra un cielo limpido e azzurro: solo quella nuvola, sguardo dentro le cose.
«C’è chi guarda dentro e vede tutto, c’è chi guarda fuori ma non vede niente.».
Per essere davvero presenti forse prima, dovremmo imparare a mettere a fuoco e poi veloci scattare al momento giusto. Talvolta basta un click perché molte condizioni umane assumano una migliore evoluzione. Il click è necessario. Oppedisano, di certo, lo sa.
Fotografie di Joe Oppesidano per sua gentile concessione
Non posso esprimere un giudizio sulle sue opere solo perche non le conosco ma adesso ho conosciuto lui Oppendisano , Joe , e lui si mi piace , mi piace la descrizione che me lo ha presentato in tanti momenti della sua carriera, ho sentito la sua stupenda disponibilità a donarsi con la sua arte per farci capire e per comprendere le emozioni. Grazie