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Settima e ultima Puntata
Con un movimento sempre lento ma straordinariamente preciso, due tentacoli afferrarono il Mago attorcigliandosi al suo corpo, stritolandolo come un mostruoso serpente. Gli stessi tentacoli portarono il corpo semi svenuto verso quello del Demone, dalla cui bocca si estroflesse una sorta di sottile proboscide che penetrò nel suo cranio. La Creatura iniziò quindi a digerire le parti molli del corpo del Mago, producendo un liquido acido che conteneva degli enzimi digestivi. Successivamente il Demone invertiva il flusso all’interno della propria proboscide per consentirgli di bere letteralmente la sua vittima.
Pochi minuti dopo il corpo svuotato del Mago venne gettato contro una parete della stanza, mentre Eliot, paralizzato dalla paura, attendeva il proprio turno.
La Creatura diabolica aveva inglobato nel proprio corpo quello di Luna, dopo averla sedotta fisicamente, e digerito quello del Mago per trarne nutrimento. Ora si era allontanato di qualche passo da Eliot con il quale tentò di entrare in contatto telepatico.
Il povero scalpellino sentiva che le gambe stavano per cedere dalla paura, lo spettacolo spaventoso al quale aveva assistito gli aveva fatto quasi perdere la ragione: gli sembrava naturale quanto aveva visto, e finì per provare una sorta di sentimento positivo verso quell’Essere diabolico.
Non avvertiva più il disgustoso odore di ammoniaca, probabilmente il pasto aveva compensato qualche squilibrio metabolico. Notò invece che il ventre del Demone si stava lentamente gonfiando fino a creare una sorta di globo semisferico. Quella palla di materia era circondata dagli otto tentacoli e dopo un’altra decina di minuti si creò una sorta di vagina dalla quale vennero partoriti due esseri umani.
I due neonati apparentemente non assomigliavano al Demone, erano piccoli come due infanti generati da una donna, ma molto più attivi ed evoluti.
Eliot vide che si erano alzati in piedi e che si stavano avvicinando. Fece prima un passo indietro, poi si fermò. Osservandoli vide che erano di sessi opposti e che la femmina assomigliava incredibilmente a Luna. Il maschio sembrava particolarmente robusto, continuò a procedere senza incertezze, avvicinandosi fino a toccarlo.
La mente di Eliot era completamente sconvolta.
Di fronte a lui, ad una distanza di pochi metri, si trovava l’enorme figura del demone. La Creatura si contorceva in terra, vinta da una forza sconosciuta che la stava dominando.
Il cadavere del Mago si trovava abbandonato sulle pietre del pavimento, svuotato di tutte le parti molli i cui residui avevano formato un lurido laghetto maleodorante che continuava ad essere alimentato dal suo corpo, o da quello che restava del suo corpo.
Il tempo all’interno della stanza laboratorio si era fermato, due delle tre candele erano cadute in terra creando piccoli laghi di cera, mentre la terza continuava a illuminare l’ambiente con la fiamma assolutamente immobile.
Eliot aveva lo sguardo fisso nel vuoto: probabilmente i suoi occhi non stavano mettendo a fuoco nessun piano preciso, le pupille erano immobili e non sembravano neppure appartenergli, tanto innaturale era la loro statica posizione.
Quando la piccola mano del maschietto sfiorò la sua, Eliot, non si scompose, raccolse delicatamente quella della bambina e rimase fermo al proprio posto.
Il Demone continuava a contorcersi premendo con i tentacoli quel grigio ventre che aveva partorito i due bimbi. Gli arti serpentiformi massaggiavano l’addome dando l’impressione di voler spingere fuori da quel corpo una nuova forma biologica. La vagina si dilatò enormemente e con inaspettata rapidità vennero alla luce due uova sferiche grandi quanto due grossi cocomeri.
Il loro colore appariva verde brillante con sottili striature di una tonalità più scura. La superficie esterna risultava rivestita da una patina mucosa che, dopo la deposizione, continuò a colare in terra.
Il Demone dopo aver deposto le uova si adagiò, rovesciandosi e spandendosi fino ad occupare un’ampia superficie del pavimento.
Eliot sembrava ipnotizzato, rimase immobile ad osservare la scena per più di un’ora. Quindi, come in trance, con un movimento meccanico, afferrò due tentacoli con le mani e trascinò il corpo inanimato del Demone fuori casa, fino a che non fu più visibile dall’abitazione. Quando rientrò vide con sorpresa che i due bimbi avevano fatto rotolare le uova verso un angolo buio della casa, ricoprendole di stracci, foglie e piccoli rami secchi. In pratica i due Esseri avevano creato una sorta di nido intorno alle uova, e ora gli stavano facendo un’attenta guardia.
In casa vi era ancora l’involucro del corpo del Mago, le cui ossa premendo contro la pelle, mostravano una sorta di scheletro rivestito da cute e stracci sbrindellati.
Liberatosi anche da quell’esuvia tutta umana, Eliot, pensò a Luna. Pensò a quella scena orrenda che l’aveva vista entrare nel corpo del demone dopo che questi l’aveva letteralmente assorbita e quindi fecondata. Eliot si illuse che la sua Anima immortale fosse trasmigrata nel corpo della bambina. Un momento dopo il suo grande stupore divenne incontenibile: i pargoli stavano crescendo quasi a vista d’occhio, adesso, a poche ore dalla loro nascita sembravano umani di sei, sette anni.
I loro lineamenti erano dolcissimi, i capelli biondi creavano intorno al viso di entrambi una sorta di cornice che li rendeva ancora più simili tra loro. Eliot poteva distinguerli solo dagli attributi sessuali, visto che non sembravano intenzionati a nascondere ciò che mostrava Madre Natura.
Più per riparali dal freddo umido che albergava nella casa che per motivi di ordine morale, Eliot diede loro alcuni vestiti che avrebbe fatto meglio a definire luridi stracci. Lo scalpellino, ripresosi parzialmente dallo choc creato dalla drammatica situazione, tentò di comunicare con loro a gesti e parole. Ogni volta che pronunciava il nome di un oggetto i bimbi lo ripetevano meccanicamente, comprendendone il significato e memorizzandolo immediatamente.
Neppure i verbi furono un problema, intuirono rapidamente il meccanismo delle declinazioni e la loro relazione con i sostantivi, pur nell’economia di una semplice grammatica.
Un rumore sordo di vaso frantumato attirò l’attenzione di tutti e tre: i bimbi ridendo corsero verso le uova. Eliot vide quelle due sfere muoversi sussultando mentre si formava su di entrambe una lunga crepa che si estese attraverso tutta la calotta superiore.
I bimbi abbracciarono le due grandi uova: il guscio si ruppe rapidamente, facendo emergere dal liquido viscoso due creature simili al Demone che li aveva generati.
Le teste triangolari degli Esseri appena sgusciati, si misero a vibrare per asciugarsi dalla poltiglia appiccicosa che li aveva accolti come una liquido amniotico. Lentamente due paia di ali membranose emersero a loro volta dalle uova, si distesero fuori dagli involucri mostrando tutta la propria spettacolare struttura.
Eliot osservava impietrito quel processo vitale innescato dal suo Maestro, il Mago. Sentiva su di sé il peso di una grande responsabilità, cosciente del fatto che avesse partecipato attivamente alla buona riuscita di quell’esperimento, piuttosto che contrastarlo sul nascere.
Ora di fronte a lui si palesava uno scenario raccapricciante: due esseri affini in tutto al Demone che li aveva generati erano entrati in stretta relazione con le piccole Creature biologicamente simili a Luna, la loro madre.
Il paradosso biologico vedeva la nascita di una improponibile relazione tra i due Esseri simili agli umani e i due Demoni, esattamente come vi era stata una relazione di natura sessuale tra il Demone e Luna.
A Eliot venne subito in mente di uccidere tutte e quattro le creature prima che quella razza ibrida si propagasse in modo esponenziale diffondendosi su tutta la Terra.
Appena divenne cosciente di quel pensiero di morte, i due bimbi gli si avvicinarono con fare molto aggressivo, spintonandolo in un angolo. La loro forza era sproporzionata rispetto alle dimensioni. Esercitarono contro il suo petto una pressione inimmaginabile che gli stava impedendo il respiro. Eliot avvertì un forte dolore al torace, la paura lo invase fino a paralizzarlo completamente.
Dopo un paio di minuti lo lasciarono andare, certi che avrebbe smesso di manifestare verso di loro la propria insensata aggressività.
La situazione all’interno della stanza era diventata molto difficile da controllare.
I due bambini erano da alcune ore intenti a comunicare con gli esseri nati dalle uova del Demone, isolati in un angolo buio della stanza. Tutto l’ambiente presentava uno spaventoso disordine: ampolle di vetro frantumate in terra, pozze di liquidi biologici sulle quali galleggiavano frammenti vegetali, blocchi di cera colata e solidificata, ogni genere di piccoli strumenti utili per gli esperimenti caduti e sbriciolati sul pavimento.
Due strisce disegnate in terra erano le scie che i due corpi, quello del Demone e quello del Mago, avevano tracciato quando Eliot li aveva trascinati fuori dalla casa.
Il nostro novello Alchimista si era parzialmente ripreso da quell’esperienza terrificante e stava cercando di rimettere insieme le idee quando vide il maschietto, che ora appariva come un uomo di vent’anni, era completamente avvolto dai tentacoli di uno dei Demoni nati dalle uova.
Eliot non riusciva a decifrare il senso di quello che gli si mostrava di fronte. Il giovane ormai avvolto del tutto dalla forma grigia di quel multiforme essere alieno, sembrava nuotargli dentro. Sembrava che i due corpi fossero le parti complementari di una struttura mostruosa che si stava componendo in quel momento preciso. Pochi istanti dopo lo sguardo di Eliot colse la stessa dinamica che ora stava interessando la ragazza e l’altro Demone.
La mente dell’Alchimista non avrebbe mai potuto comprendere la vera essenza di quel fenomeno straordinario che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi. Non avrebbe mai potuto immaginare che quei due tipi di creature, gli “Umani” e gli Alieni, fossero in realtà solo due aspetti separati di un medesimo essere demoniaco che si stava manifestando su questo Pianeta. L’Essere, sconosciuta forma proveniente da un mondo parallelo, ma consustanziale al nostro, appariva come un Proteo con un volto angelico incastonato su di una testa piramidale, il cui corpo era una sorta di tronco dal quale si generavano otto tentacoli, due ali e due braccia, appoggiato su due gambe molto umane.
La Creatura, nel suo complesso, era composta da due esseri che potevano separarsi a piacere, mantenendo, tuttavia, uno stretto rapporto telepatico tra essi. La parte “umana” avrebbe potuto confondersi facilmente con qualunque altro essere del Pianeta, forse la differenza consisteva nel fatto che i lineamenti dei due ragazzi e i loro corpi erano sensibilmente più belli e armonici di quelli degli esseri umani, che abitavano la Terra.
Il mistero riguardava quello che avrebbero potuto contenere le loro menti e quanto di genuinamente umano avrebbero potuto manifestare.
Eliot ora appariva come un personaggio secondario di tutta la vicenda.
Il povero scalpellino era forse vittima di una diabolica allucinazione oppure quanto si era verificato appariva concretamente una realtà di quel momento storico così vicino all’anno mille?
La domanda se l’era posta anche il nostro sconvolto Alchimista, la risposta presentava ulteriori livelli di difficoltà.
La mente di Eliot stava vacillando. La scioccante esperienza non trovava alcun riferimento con esperienze note in grado di fornire valide spiegazioni. Le uniche due persone con le quali aveva avuto dei rapporti erano il Mago e Luna, entrambe vittime delle sperimento che aveva ucciso il primo e fatto assorbire nel Demone la seconda.
Quei due strani esseri, dalle fattezze quasi angeliche, erano una parte complementare di altrettanti Demoni con i quali formavano l’Essere alieno.
Le ridotte capacità cognitive dello scalpellino obbligavano la sua mente a creare delle spiegazioni accettabili che oggi potrebbero solo farci sorridere.
Eliot pensava che l’Essere nato dall’esperimento del Mago fosse un vero Demone infernale, uscito da qualche bolgia di teologica memoria. Pensava che i due giovani fossero Angeli caduti: come Lucifero, belli nell’aspetto ma malvagi nell’anima… ammesso che ne possedessero una.
Le uova deposte dal Demone, avrebbero potuto essere i figli di quell’essere proteiforme, ma non colse assolutamente l’importanza della complementarietà della mostruosa Creatura che poteva, a proprio piacimento, separarsi in due esseri distinti. La sua semplice mente, abituata più alla quotidiana battaglia con la pietra di cava che alle dotte speculazioni filosofiche, non riusciva a trovare un nesso logico tra gli avvenimenti che avevano interessato quella remota regione della Liguria.
Quando i due ragazzi, ormai cresciuti come due bellissimi adulti, gli si mostrarono di fronte, Eliot si mostrò impallidito, con i capelli del tutto bianchi e scavato nel volto dalla paura provata.
Le sue orbite erano evidenziate da scurissime occhiaie, il torace ancora dolente e un feroce mal di testa lo avevano reso quasi abulico, molto diverso dall’uomo che era giunto nella vallata poco tempo prima.
Dalla porta semichiusa entrò il Piota, scodinzolando si introdusse nella casa ma appena vide i due giovani si irrigidì sulle zampe inferiori abbaiando contro di loro.
Bastò uno sguardo e un gesto fatto alzando il braccio destro del giovane perché il cane smettesse immediatamente di ringhiare. L’animale mugolò sommessamente, abbassando le zampe anteriori e la testa fino ad accucciarsi, emettendo guaiti sempre più deboli.
I due ragazzi erano praticamente nudi, gli stracci che li avevano ricoperti quando erano dei pargoli ora riparavano solo alcune trascurabili zone del corpo; dovevano trovare una soluzione. Nessun senso di vergogna o di pudore sembrava interessarli, solo il disagio dovuto al freddo e la consapevolezza che gli umani dovessero essere vestiti li consigliò di togliere gli abiti dal corpo del Mago e di raccogliere da terra quelli strappati di Luna.
Eliot prese alcuni lacci appesi al muro suggerendo loro di riunire in qualche modo gli stracci creando dei vestiti. I risultati possiamo solo immaginarli, o forse neppure quello.
Una volta ricoperti alla bell’ e meglio si avviarono oltre la porta, baciati da alcuni raggi di Sole che raramente si notavano da quelle parti.
Gli esseri alieni, nati dalle uova, si rintanarono insieme in un angolo buio, scomparendo lentamente alla vista di Eliot.
Trovatosi solo l’alchimista si guardò intorno completamente perso, privo di ogni riferimento umano, solo con quel cane improbabile che ora sembrava essersi ripreso e che chiedeva continuamente cibo.
La sera Eliot e il cane si sedettero fuori dalla porta, osservando una Luna piena molto luminosa che rischiarava il bosco circostante. I suoni della notte raccontavano mille storie fatte di stridule grida di rapaci e urla di piccoli animali straziati dai propri carnefici. Il freddo era pungente e gli scarsi indumenti che ricoprivano il povero scalpellino non fornivano che ben poca protezione. Rientrarono in casa ed Eliot decise di accendere la stufa con la poca legna presente sotto la mensola posta vicino al camino.
Tutto era freddo e umido, la confusione che regnava nella sua testa e la quasi totale mancanza di cibo costituivano fattori negativi che aumentavano lo sconforto e il senso di solitudine.
Dall’angolo più lontano della stanza emerse la forma aliena che era nata dalle uova, un attimo dopo uscì anche l’altra. Le due Creature si posero di fronte ad Eliot agitando lentamente i tentacoli fino a sfiorarlo. Le loro intenzioni non erano affatto chiare: le sottili propaggini dei tentacoli sembravano annusare l’alchimista, al tempo stesso non sembravano esprimere alcuna aggressività, piuttosto della inquietante curiosità.
Eliot comprese molto in fretta che in caso di colluttazione non avrebbe minimamente potuto sperare di cavarsela, si limitò ad assecondare le Creature tentando di comunicare con loro a livello mentale, pur manifestando una malcelata inquietudine.
Il Piota si alzò sulle zampe rimanendo immobile, benché un tentacolo della Creatura posta alla loro destra si fosse avvinghiato intorno al suo collo iniziando a trascinarlo lentamente verso di sé.
L’Essere polipoide lo assaggiò appena, introducendo l’apparato succhiatore nell’ addome del povero cane.
Evidentemente il sapore della sua carne non era così gradevole. La Creatura lo gettò contro il muro con evidente disgusto. Il Piota, barcollando, raggiunse l’uscita e di allontanò nel bosco vicino, emettendo dei latrati mai uditi prima d’allora.
Entrambe le forme aliene si avventarono su Eliot stritolandolo e succhiandone i liquidi con la proboscide estroflessa dal proprio ventre. Quello che rimase del povero Alchimista fu solo un mucchio indistinto di ossa, pelle e stracci gettati in un angolo della casa.
Usciti dall’abitazione i due ragazzi si diressero verso una luce metallica, posta nel cielo, che indicava loro la strada per raggiungere il lontano centro abitato di Ceva. In quel luogo, o forse in altre città si sarebbero riprodotti per poi congiungersi nuovamente alle loro metà aliene, trasformando quello che avrebbe dovuto essere “Il Sogno di un Alchimista” in un drammatico incubo per tutta l’Umanità.
FINE