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Sesta Puntata
L’esperimento che stavano conducendo avrebbe potuto condurli verso strade nuove e sconosciute. Partendo dal cadavere di una povera donna morta di parto, il Mago, riuscì a far convergere lo Spirito di un demone affinché lo risvegliasse trasformandolo in qualcosa di vivo, seppur per un tempo limitato.
Ora, grazie ad un esperimento più sofisticato, stava cercando di elaborare un modo nuovo per trasferire gli elementi vitali a quello stesso Spirito, affinché prendesse forma un corpo reale, a tutti gli effetti.
Eliot, rapito come in estasi, continuava a scoprire forme nuove che si creavano costantemente entro il recipiente, modificandosi e rinnovandosi secondo processi logici che puntavano al raggiungimento di una maggior perfezione.
Vide formarsi piccoli fili di fumo che si trasformarono in foglie filiformi; oppure globi molto delicati, appoggiati a steli che prendevano la forma di fiori sempre più complessi. In quel lento ribollio di sostanze vegetali si generavano continuamente forme che sembravano appartenere alle piante che il Mago aveva pestato nel mortaio prima di creare il contatto con la Nuvola.
– Lo so che non capisci cosa sta succedendo, mio giovane amico, ti voglio aiutare: aggiungendo lo Spirito del demone alla matrice di piante in ebollizione abbiamo creato l’unione tra gli elementi della materia con la componente metafisica in grado di organizzarle in tutte le forme che sono presenti nella matrice stessa.
Eliot lo guardò basito. Non solo non aveva capito assolutamente nulla ma stentava a credere che ci fosse qualcosa da comprendere.
– Ma voi avete messo a bollire piante marce e tritate, cosa c’entrano con le forme che vediamo ora di fiori e foglie e radici e…
– Tu non sei proprio tagliato per capire! Ma non vedi cosa abbiamo aggiunto? Non hai visto scendere la Nuvola che abbiamo fatto condensare dalle dimensioni infernali attraverso il corpo morto di quella donna? Come può esserti sfuggito questo particolare? Lo Spirito-Nuvola ha la capacità di vedere e di organizzare tutte le forme presenti nella materia… se lo mettiamo in contatto con il minerale lui si condensa rendendosi visibile, a contatto con i frustoli vegetali prenderà tutte le forme che erano presenti quando le piante erano vive…
– E se lo mettessimo il contatto con pezzi di animali?
– Questa è la prima domanda sensata che hai fatto da quando ci conosciamo! La mia risposta è NON LO SO!
Terminarono l’esperimento a tarda notte. Il Mago dopo aver dormito solo un paio d’ore si alzò dal pagliericcio formato da vari strati di foglie raccolte in un sacco logoro di tela, si vestì senza preoccuparsi troppo dell’abbigliamento e uscì a lavarsi il viso e poco altro.
Eliot, rimasto inchiodato dal sonno, non si accorse di alcun movimento. Solo più tardi avvertì uno strano solletico ad un alluce che lo fece sobbalzare. Quando vide il Piota che gli stava leccando il piede destro, ebbe un sussulto di stupore, lo accarezzò iniziando a chiedergli da dove fosse entrato. La porta socchiusa rispose per lui.
La casa era vuota, evidentemente il Mago si era allontanato per qualche motivo senza dire nulla. Eliot si vestì sommariamente e ancora più sommariamente si diede una rinfrescata con l’acqua presente nel tino posto fuori dalla porta d’ingresso.
Aver ritrovato quel vecchio cane lo fece sentire più a casa del solito, in fondo il suo breve soggiorno presso la baracca di Vincent era stato piacevole e, sebbene meno interessante, sicuramente più rilassante di quest’ultimo.
Il vecchio cane gli aveva portato una ventata di normalità, facendogli ricordare che le ultime recenti esperienze potevano solo appartenere ad un mondo folle e dannato, ben lontano da quello che aveva conosciuto fino ad allora.
Il Mago si stava comportando come un demiurgo, un dio minore alla disperata ricerca di verità nascoste nelle pieghe di una dimensione occulta e diabolica che si stava palesando nel più terribile dei modi. Il desiderio del suo nuovo Maestro era quello di ricreare la vita tramite la magia occulta. Le sue capacità medianiche gli avevano permesso di entrare in contatto con Entità aliene e diaboliche che, grazie a prodigiosi scongiuri, gli avevano manifestato i segreti per poter compiere degli autentici miracoli.
L’idea di base era quella che non fosse necessario creare un corpo di carne ed ossa per poi insufflarvi la vita, al contrario, partendo da una struttura spirituale, quale quella di un demone, fosse possibile metterla in contatto con delle sostanze chimiche o biologiche che avessero già posseduto delle forme quando erano in vita.
Fu così che il contatto con i minerali permise di rendere la parte spirituale più densa e concreta; con i vegetali scoprì che quella Nuvola di energia soprannaturale riuscìva a rappresentare delle forme che realmente appartenevano alle piante che aveva tritato nel composto. Ora doveva eseguire il terzo passo: il contatto con le forme viventi di animali.
Due ore più tardi il piota iniziò ad abbaiare dall’interno. Eliot che stava di fuori vide entrare il Mago che diede una sonora pedata al cane sbattendolo letteralmente fuori casa. Il vecchio aveva portato con se alcuni animali catturati con le trappole e non sopportando più di tanto quel vecchio cane che sovente andava a chiedergli del cibo lo trattò peggio del solito sbattendolo fuori casa.
– Eliot dove diavolo sei finito? Vuoi farmi diventare matto anche tu? Non mi bastano tutte le seccature di questo mondo?
Il giovane scalpellino rientrò in casa senza fiatare e sempre in silenzio iniziò a scuoiare uno scoiattolo, un passero un rospo e un pipistrello preso con la rete: gli animali che il Mago aveva catturato durante la sua battuta di caccia. Il Mago osservava il lavoro di Eliot con sguardo perplesso, mentre sceglieva da una mensola polverosa alcuni berattoli che contenevano animali di vario genere: pesci, polpi, lucertole e insetti, fatti seccare e completamente mummificati. Durante le operazioni di preparazione dell’esperimento l’ambiente divenne sensibilmente più tetro, l’aria più densa e pesante. Eliot sentì un brivido lungo la schiena ed ebbe la sensazione di udire un urlo lontano, una voce straziante e terrificante al tempo stesso.
Con un gesto improvviso il Mago gettò a terra il tavolo facendolo ribaltare su un lato. Tutto ciò che vi era sopra cadde in terra, le candele ancora accese si frantumarono sul pavimento, il fornello con la pietra sulla quale erano disegnati i simboli si ruppe in piccoli frammenti sparsi al suolo. Il Mago, comprese di aver agito d’istinto, in modo folle e irresponsabile, sconvolto da un’allucinazione che lo aveva indotto a commettere quel gesto inconsulto, come se fosse stato posseduto per un momento da una forza che lo stesse controllando. Ripresosi da quel momento di assenza guardò Eliot il piedi di fronte a se: il giovane era immobile con il barattolo dell’esperimento stretto in una mano, nell’altra teneva la parte superiore in terracotta. Con un movimento più rapido di un fulmine aveva salvato i due contenitori tenendoli uniti insieme come se non fosse accaduto nulla. Il mago rimase in silenzio, in cuor suo comprese che il gesto straordinario di Eliot aveva salvato il frutto di un lunghissimo lavoro, iniziato con il disseppellimento della giovane e proseguito attraverso lunghe, complesse e laboriosissime fasi.
I due ricercatori delle occulte cose udirono una voce che proveniva dall’esterno. Il Mago si alzò ancora leggermente stordito, Eliot posò su una mensola il suo preziosissimo oggetto e socchiuse la porta d’ingresso.
Una donna molto giovane, con l’aria piuttosto svanita lo stava osservando tenendo il Piota per la pelliccia del collo. La ragazza abbassò lo sguardo e disse:
– Lo seguivo che si era perso? Ma poi ho visto che l’è entrà in casa e non so più niente che dopo un rumorasso che l’ha spoventome tuta. Ma alora te sei lo scalpelin che diceva mio zio!
– Tuo Zio?
– Ma si il Vincent! Che t’ha voluto bene e fato magnar da la fame che tenevi!
– Certo ricordo e tu come ti chiami?
– Luna! Come quela che ti brila nel cielo di note.
Sullo stipite della porta era apparso il Mago. Stette ad osservare i due giovani che parlavano amabilmente senza porgere, tuttavia, attenzione ai loro futili discorsi. La sua testa, perennemente focalizzata sul suo progetto magico, stava probabilmente elaborando qualche disegno nefasto che doveva interessare la giovane, in particolare.
Senza abbozzare alcun sorriso invitò i due ad entrare, con la scusa di offrir loro un poco di riparo dal freddo che stava giungendo da valle.
Timidamente Luna accettò, diede una mano a tirare su il tavolo e a togliere i cocci degli oggetti che cadendo si erano frantumati.
La grande ampolla di vetro nella quale il Mago aveva posto la poltiglia formata da vari pezzetti di carne, provenienti dagli animali che aveva catturato, bolliva ormai da tempo. L’Alchimista aveva aggiunto molte sostanze chimiche raccolte con grande pazienza nel corso degli anni, rispettando antiche ricette perse nella memoria dei tempi. La sua infanzia era stati segnata dalla presenza di un vero Maestro, un uomo esperto di Spagiria e di Magia rituale che si era affannato per scoprire sostanze in grado di risolvere i problemi psichiatrici dei suoi pazienti.
Il Maestro del Mago si chiamava Bernardus, era un medico piuttosto noto, innamorato della mente e dei misteri ad essa collegata. Agiva seguendo lo studio dei principi di analogia: operava nel proprio laboratorio preparando pozioni ricavate da animali e piante che in qualche misura e per qualche ragione fossero da mettere in relazione con disturbi della mente.
I suoi pazienti erano per la maggior parte donne, donne isteriche o depresse, persone disturbate che manifestavano le proprie patologie in varie forme, più o meno gravi.
Il Maestro le curava, trovando spesso soluzioni in grado di risolvere i loro disturbi, e le pazienti, per gratitudine o per conseguente coinvolgimento emotivo, finivano quasi sempre per concedergli le proprie grazie oltre che un cospicuo onorario.
Durante i primi insegnamenti impartiti al suo giovane allievo, Bernardus, volle esporgli una sua complicata teoria, secondo la quale ogni animale possedeva un Animus peculiare di quella specie o addirittura di quel particolare individuo.
Una Salamandra poteva essere considerata immune al fuoco, quindi se una donna aveva un temperamento piuttosto vivace, anche dal punto di vista sessuale, il Maestro la metteva in contatto con la pelle dell’Anfibio e ne verificava i risultati, qualsiasi essi fossero.
Il più delle volte le sue pazienti fingevano di trarre benefici dalle sue cure per poter continuare ad essere sottoposte alle sue attenzioni, il più delle volte le pazienti venivano fidelizzate, contribuendo al benessere fisico ed economico del loro Maestro.
Il Mago aveva compreso molto rapidamente quel genere di “giochetto” ed aveva affinato, anch’egli, molte tecniche di persuasione occulta che gli sarebbero servite in futuro, durante le sue più inquietanti ricerche.
All’inizio del suo lavoro aveva convinto alcuni vecchi e ricchi pazienti a considerarlo una sorta di figlio adottivo, al quale lasciare o meglio devolvere i propri beni.
Dopo aver racimolato un patrimonio consistente, morto di vecchiaia il suo Maestro, Guglielmo Rebaudengo si trasferì nei pressi di Ceva dove intraprese la sua vera attività di Alchimista. Tuttavia il vero laboratorio ove compiva gli esperimenti era quello dove si trovava ora con Eliot, a qualche ora di cammino da Ceva, lungo la Via romana della Val Quazzola.
Lo sguardo del Mago era incollato al vetro dell’ampolla, il cui contenuto aveva cambiato colore.
Una poltiglia grigia ribolliva creando vortici spiraliformi: piccolissimi frammenti irriconoscibili di animali fluttuavano nella massa opaca scomparendo e ricomparendo a intervalli irregolari, come persi in una densa nebbia autunnale.
Eliot e Luna stavano pochi passi indietro ad osservare quello strano fenomeno fisico. La luce del cero posto sotto l’ampolla creava lunghe ombre tremolanti che rendevano vivi tutti gli oggetti della stanza. Eliot immerso in quella seducente atmosfera era molto vicino alla giovane donna e percepiva il profumo e il calore della sua pelle. Tra i due ragazzi si era fin da subito creata una sorta di complice intesa, un legame sottile alimentato da un comune senso di attrazione che attendeva solo il momento più opportuno per esprimersi.
Luna, fingendo un certo interesse per l’esperimento dettato più dal timore che dalla curiosità, parlava sottovoce a Eliot, confidandogli ingenui dubbi e banali perplessità che avevano solo lo scopo di trasmettere una totale incomprensione per quella fenomenologia occulta e sconvolgente.
Il Mago fece un salto alzando le braccia e urlando:
– ORA! Questo è il momento! Ora presto Eliot prendi la boccia, MUOVITI!”!!!
Il giovane si precipitò verso il tavolo per raccogliere la boccia di terracotta che conteneva la Nuvola eterica chiusa con la lastra di vetro.
– Svelto mettila sopra l’ampolla e togli il vetro quando te lo dico io! ORA! VAI!
Eliot aveva svolto tutta le sequenza di operazioni con grande precisione e rapidità. Ora la Nuvola poteva entrare in contatto con il liquido in ebollizione. Il tempo sembrava essersi fermato, anche la piccola fiammella era immobile e così le ombre che creava.
Luna era rimasta inchiodata nella sua posizione osservando la scena come ipnotizzata. Pur comprendendo ben poco di quello che stava succedendo aveva inteso, dai movimenti dei due operatori dell’occulto, che si stava verificando qualcosa di grave e terribilmente importante.
La Nuvola eterica scese lentamente nella pozione, formando delle propaggini ameboidi che entrando in contatto con il liquido denso iniziarono ad assumere forme differenti. Lunghe dita di materia sottile presero maggior consistenza, manifestando disegni e immagini di parti di quegli stessi animali che erano stati usati per formare la poltiglia. Si formarono occhi, artigli, orecchie, piume, code, tentacoli, ali e molte altre forme di varie dimensioni, le parti che ora si vedevano attraverso il vetro dell’ampolla non rispettavano le proporzioni reali, ma sembravano adattarsi a quelle di un essere mostruoso che stava prendendo forma nel barattolo.
Un lampo di luce spettrale invase la stanza, seguito da un boato spaventoso che fece esplodere l’ampolla e cadere all’indietro sia Eliot che il Mago. Luna era rimasta in piedi a pochi passi dal tavolo e osservava quella massa grigia che, uscita dal vetro frantumato, ora si stava muovendo verso di lei prendendo forma e colore.
Eliot, impietrito cercò di allungare una mano verso Luna ma il Mago, balzato in piedi, gli diede una spinta che lo fece andare a sbattere contro il muro.
– Ora starai fermo, imbecille! Se proverai di nuovo a rovinarmi lo spettacolo ti staccherò la testa dal collo! Erano anni che aspettavo questo dannato momento, una giovane donna, forse addirittura vergine, e un demone potente che desidera possederla qui nel laboratorio, nel mio laboratorio!
Luna era rimasta immobile. La schiena incollata alla parete, terrorizzata per quello che stava osservando ma affascinata al tempo stesso.
Il demone che le stava di fronte muoveva lentamente i propri tentacoli, otto lunghe braccia tubolari sulle quali stava appoggiato e con le quali ispezionava l’ambiente che lo circondava. La Creatura alta circa due metri, appariva evanescente, con i contorni del corpo vagamente sfumati. Possedeva una testa triangolare, una sorta di piramide schiacciata dalla cui base si originavano i tentacoli. Due ali enormi da pipistrello spuntavano da dietro il capo, mentre una teoria di occhi di varie dimensioni tempestavano quella che doveva essere la faccia.
Luna aveva quasi smesso di respirare, cercava di fondersi con la parete alla quale era attaccata, sperando di esserne inghiottita. Provava uno sconcertante terrore, tuttavia le sembrava di percepire, al tempo stesso, un ambiguo e sconosciuto sentimento di eccitazione che si opponeva alla paura, trasformando quest’ultima in un crescente desiderio di contatto fisico con quell’Essere demoniaco.
La Creatura con movimenti lenti ma ben calcolati le si avvicinò, tenendo il proprio sguardo unito a quello di Luna con una forza impossibile da sovrastare. Il volto triangolare possedeva due occhi molto più grandi degli altri, due occhi che si erano fusi nello sguardo di Luna.
La poveretta piangeva dalla paura, ma al tempo stesso percepiva una diabolica attrazione che le donava un sottile piacere, come se quei lunghi tentacoli, che distavano da lei alcuni centimetri la stessero accarezzando nei punti più intimi.
Luna non aveva mai conosciuto quel tipo di sensazione, non aveva nemmeno mai baciato un uomo e non conosceva nulla poiché nessuno le aveva mai spiegato nulla. Non aveva neppure un comprensibile senso di imbarazzo perché non si era mai trovata in una situazione di vicinanza o di intimità con alcun essere.
Sua madre, la sorella di Vincent, era morta quando Luna aveva nove anni, suo padre morì tre anni dopo. Il vecchio Vincent l’aveva presa con sé dopo che rimase orfana e quando compì i quindici anni le permise di tornare da sola nella casa dei genitori.
Era una ragazza carina ma completamente analfabeta e si guadagnava da vivere coltivando un orticello o badando ai vicini di casa e a suo zio.
L’incontro con Eliot, all’apparenza casuale, si verificò perché Luna, circa dieci giorni dopo che lo scalpellino ripartì verso la Chiusa di San Michele, venne a sapere della sua presenza a casa dello zio. Tutte le persone che frequentava o che conosceva erano vecchi: tranne qualche bambino dei vicini, nessuno che potesse interessare una giovane in cerca di marito. Quando seppe della presenza di Eliot si infuriò con suo zio poiché non l’aveva informata e dopo lunghe insistenze poté conoscere la direzione che lo scalpellino aveva intrapreso. Facendo affidamento sul Piota seguì il sentiero che portava verso Nord Ovest, giungendo infine alla casa del Mago.
Ora tutto era cambiato.
La Creatura le era talmente vicino che Luna sentiva l’odore di ammoniaca che essa emanava. Vedeva il suo corpo pulsare come se un flusso interno di liquidi densi emergessero alla vista attraverso la cuticola trasparente dei tentacoli. La Creatura, avvicinandosi, fece aumentare la velocità dei suoi fluidi interni, denunciando anch’essa una strana forma di visibile eccitazione.
Con una inattesa delicatezza raccolse con un paio di tentacoli il corpo di lei, portandolo a contatto con il proprio. Dalla parte centrale, sita sotto la testa, estroflesse un particolare organo falliforme che introdusse nel ventre di Luna attraverso la via più naturale.
Eliot ed il Mago osservavano impotenti e paralizzati dalla paura quanto stava avvenendo.
Lo sguardo di Luna era perso nella luce diabolica che proveniva dall’essere, i movimenti del suo corpo e l’espressione conturbata del suo viso di adolescente denunciavano un evidente piacere, mai provato prima d’allora.
Nulla appariva reale, la luce della stanza era diventata quasi abbagliante, nessun suono riempiva gli spazi, un silenzio assordante cristallizzava il tempo che rinunciava a farsi percepire. La Creatura ora sembrava essere diventata un tutt’uno con la giovane: i loro corpi avvinghiati nel più erotico degli amplessi palpitavano insieme, fondendosi in un’unica massa biologica che li comprendeva entrambi.
Luna era stata come assorbita dalla Creatura, diventandone parte.