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Quinta Puntata
Sebbene il carattere del Mago apparisse sempre alquanto scontroso, dopo quello stravagante esperimento sembrò migliorare nettamente. Il suo rapporto con Eliot divenne più confidenziale, facendo emergere una inaspettata vena di apparente complicità. Il nostro povero scalpellino sentiva il peso della propria inadeguatezza: pur sforzandosi di comprendere qualcosa di quella folle situazione avvertiva da un lato il fascino indiscusso del mondo occulto e dall’altro la concreta preoccupazione che stesse intraprendendo un percorso maledettamente pericoloso.
Il Mago era sicuramente un individuo seducente: come una seducente prostituta lasciava intendere l’esistenza di Mondi Altri, ove si potevano palesare poteri sublimi, intimi piaceri e privatissime esperienze.
Eliot, spinto da una naturale curiosità attese che il Mago uscisse di casa per andare a controllare le condizioni del corpo esanime della ragazza. Quest’ultima giaceva senza vita nello stesso angolo della stanza ove prima si trovava incatenata, ovviamente non vi era più alcuna necessità di tenerla prigioniera, ma vedere quel corpo protagonista di incredibili vicende libero dai ferri non poteva certo tranquillizzare il giovane artigiano.
– Non ti avevo detto di seppellire quello schifoso cadavere? Urlò il Mago entrando all’improvviso.
– Muoviti! Invece di guardarlo con aria da beota scava una fossa nel bosco e buttalo dentro, che abbiamo ben altro da fare!
Eliot prese la pala che gli stava porgendo il Mago, si diresse fuori casa una ventina di metri oltre l’uscio ed iniziò a scavare. Il terreno era duro e roccioso, la pioggia dei giorni passati non aveva ammorbidito più di tanto quell’ argilla scivolosa che mescolata a piccole rocce rendeva lo scavo faticoso oltre misura.
Terminato il lavoro si diresse verso casa per recuperare il cadavere. Sotto lo sguardo vigile del Mago, Eliot, legò tra loro con uno straccio arrotolato entrambi i polsi della salma e la trascinò a fatica fuori casa. Giunto ad un paio di metri dalla fossa sentì tuonare una voce che gli intimava di arrestarsi:
– Fermati dove sei! Ora ti farò assistere ad un altro esperimento, poi mi dirai…
Proferite queste parole il Mago fece allontanare Eliot, sistemò tre candele intono al corpo della donna, accendendole con il fuoco del grande cero che bruciava ininterrottamente da tempo.
L’Operatore del Mondo occulto si riempì la bocca di un liquido giallo che aveva raccolto in un matraccio di vetro, fece una sorta di risciacquo muovendo unicamente i muscoli delle guance, quindi soffiò sul corpo inerme creando un cono di gocce polverizzate nell’aria.
Passati pochi secondi la donna iniziò a tremare convulsamente, mosse prima un braccio, poi una gamba. Alzò di poco la testa vomitando un liquido scuro e nauseabondo. Eliot era impietrito, pallido come il cadavere che stava osservando, vide gli occhi della donna uscire dalle orbite come spinti fuori da una forza malvagia presente nella sua testa. Una forza maligna aveva animato quei poveri resti umani come gli spiriti che agivano sul Golem, ma non vi era abbastanza energia per compiere lunghi passi, così il corpo della donna si sollevò da terra e barcollando si diresse verso la fossa, fino a cadervi dentro.
Il Mago fece segno a Eliot di coprire il corpo e di non fare domande.
Rientrati nell’abitazione avvertirono entrambi l’odore pungente delle deiezioni che insudiciavano il pavimento, Eliot si mise a pulire con vigore mentre il Mago si diresse verso il tavolo dove era appoggiata la ciotola che conteneva la Nuvola di materia eterica.
Ai lati del tavolo, sopra un rudimentale fornello, stava bollendo una poltiglia di natura vegetale, la densità sembrava simile a quella del fango ma il colore verde scuro, quasi nero denunciava un’origine biologica. I vapori che si sprigionavano dal matraccio di vetro defluivano entro una serpentina che presentava una debole pendenza, da qui il tubicino di vetro entrava in un contenitore pieno d’acqua che ne raffreddava l’esterno, facendo condensare il vapore che, trasformato in liquido, si dirigeva entro un altro matraccio posto più in basso.
Il Mago aveva raccolto molte piante durante la primavera e l’estate, osservando il momento più idoneo che corrispondeva sempre a quello dell’impollinazione. Aveva posto alcune di esse ad essiccare mentre altre erano state inserite entro stracci umidi affinchè non perdessero tutta l’acqua troppo rapidamente.
Erbe dalle foglie decisamente stravaganti, piccoli fiori e qualche radice costituivano una originalissima collezione di elementi vegetali che ora stavano per diventare i protagonisti della scena.
Il Mago si lavò accuratamente le mani entro un bacile di legno, le asciugò al calore del fuoco di un grande cero e si mise a scartabellare i fogli di pergamena dell’erbario: Avena sativa, Populus nigra, Cedrus libani, Juniperus communis, Tamarix gallica, questi alcuni dei nomi delle piante che il Mago conservava gelosamente, sebbene le indicasse con altri termini a noi tuttora sconosciuti. Il vecchio alchimista conosceva centinaia di piante diverse, le distingueva con dei segni che redigeva ai lati della pergamena, in un punto facilmente visibile.
Raccolse una decina di specie differenti, le pose in un mortaio di marmo e con un pestello di spesso vetro le ridusse in poltiglia.
Eliot, terminato di compiere le pulizie, si era messo nuovamente a disposizione del Mago che lo incaricò di polverizzare altre piante. Con diligenza e forse un poco di rassegnazione lo scalpellino comprese che quella situazione grottesca che lo stava coinvolgendo così profondamente, aveva modificato il progetto della propria vita: erano, infatti, bastati pochi giorni, passati in casa del Mago, per fargli comprendere che quella interruzione del suo viaggio verso la Chiusa di San Michele poteva rivelarsi una buona occasione per conoscere aspetti nuovi e importanti della vita.
– Esci con me! Andiamo a vedere cosa sta succedendo la fuori!
Il Mago impartì quell’ordine perentorio poiché un rumore inquietante aveva attirato la sua attenzione: uscendo videro un denso vapore sprigionarsi dal tumulo di terra che custodiva la salma della povera donna, un odore acre si diffuse nell’aria, mentre un suono di sostanze in ebollizione sembrava provenire dalla medesima direzione. Coprendosi il naso con un ramo che stava per ridurre in polvere, Eliot, si avvicinò lentamente al luogo della sepoltura e fu sconcertato da una visione spaventosa: la terra che copriva il cadavere era impregnata d’acqua, forse dovuta alla presenza di qualche fonte sotterranea. Una sorta di fango putrido e maleodorante sembrava muoversi, animato da qualche causa incomprensibile.
All’improvviso le mani del Mago spinsero violentemente Eliot in avanti, facendolo cadere a faccia in giù su quel cumulo disgustoso.
Il poveretto si trovò con la bocca piena di terra, affondando nel fango che gli rallentava i movimenti. Sotto il corpo ebbe la sconcertante sensazione che vi fosse qualcosa che si stesse muovendo, sentì una forte pressione all’addome
che lo sollevò facendogli sprofondare la faccia e i piedi ancora più a fondo nella melma. Dimenandosi per non soffocare si aggrappò a qualcosa di viscido che reagì con un morso alla sua presa. Con l’altra mano, dibattendosi, afferrò una forma che gli sembrò essere consistente: facendo perno sull’oggetto, per non sprofondare di più si girò sulla schiena, respirando con la bocca ancora piena di fango. Il sapore disgustoso e l ’odore nauseabondo lo costrinse a vomitare. Il respiro gli produsse un dolore lancinante al petto; Eliot urlò disperato dimenandosi senza controllo. La mano che era stata morsicata ora si muoveva libera nell’aria, cercando di aggrapparsi a qualunque cosa. Trovò un pezzo di legno che afferrò con violenza, mise tutta la propria energia in quella stretta disperata, lasciandosi trascinare dalla forza che lo stava strappando alla morte. L’altra mano non aveva abbandonato la presa e quando Eliot emerse completamente dal fango si accorse di aver afferrato una caviglia del cadavere che si era staccata dal corpo, portando con se il piede sinistro.
Il Mago, che si trovava dall’altro capo del ramo, lo tirò fuori del tutto ridendo di gusto per quell’ignobile scherzo.
– Sei proprio uno stupido! A momenti ci lasci le penne, vedi a non prestare attenzione!
Eliot non replicò alle sue parole, si limitò a massaggiarsi la mano ferita dal morso e a lanciargli uno sguardo di odio furibondo che fece ridere sadicamente il vecchio Mago.
Il resto della giornata trascorse senza grandi sconvolgimenti. Il Mago terminò di preparare la pozione vegetale con le erbe che aveva scelto e preparato, mentre il povero Eliot dopo essersi ripulito ebbe il permesso di trascorrere il pomeriggio per conto proprio.
Dopo il tramonto calò un freddo pungente, l’aria della sera a causa della bassa temperatura scese verso il fondo valle portando con se una notevole umidità.
Nella stanza del Mago non vi erano che tre candele ed un grande cero a far un po’ di chiarore. Nessuno si era preoccupato di accendere il fuoco del piccolo camino, tutta la tensione emotiva era focalizzata su quel piccolo contenitore nel quale era stata imprigionata la Nuvola demoniaca.
Eliot era rientrato da poco, stava preparando una minestra di vegetali semi marci e qualche castagna secca che faceva bollire senza troppa convinzione.
Durante il pomeriggio, più per non perdere l’abitudine che per altro motivo, Eliot provò a scolpire una grossa pietra trovata nel bosco. Un pezzo di roccia calcarea, di un giallo sporco che conteneva qualche guscio di conchiglia. Il risultato di quel timido esperimento non gli parve molto convincente. Sembrava più una testa di feto abortito che il busto di una Metopa da inserire nel capitello di una colonna.
Forse stava perdendo un poco la mano, era passato molto tempo da quando nel cantiere di Wiligelmo aveva partecipato alla realizzazione della scritta, scolpita da Nicolao, sulla facciata del Duomo di Piacenza: Hoc opus intendat quisquis bonus exit et intrat. Quella specie di aborto che teneva tra le mani gli fece venire in mente il cadavere della donna morta di parto che aveva seppellito nel bosco.
Il vecchio Mago si accorse della presenza di Eliot. Quel giorno, dopo il deprecabile spintone che lo aveva fatto mezzo affogare nel fango, gli aveva dedicato la stessa attenzione che avrebbe dedicato ad un lombrico sepolto in qualche parte del suo orto. Guardò con commiserazione quell’improbabile manufatto che lo scalpellino stesso maneggiava senza convinzione:
– Hai passato il pomeriggio a scolpire quella schifezza? Se ti occupavi del caminetto era meglio, ora avremmo meno freddo!
– Perché mi avete gettato nel fango? In quel tumulo schifoso con la morta di sotto e i vermi e i serpenti e non so che belino d’altro? Voi siete un vecchio pazzo!
– Calma ragazzo, non esagerare che se non ti tiravo fuori io… Comunque un’altra volta fai più attenzione e non abbassare mai la guardia, tanto meno con me!
Il Mago parlò senza rivolgere un secondo sguardo ad Eliot: era completamente assorto nel suo esperimento che non sentì la necessità di esprimere altri commenti. Posò un recipiente di vetro più grande sul fornello, vi versò il contenuto in cui c’erano le erbe pestate e attese che giungesse ad ebollizione. Il distillato che aveva ricavato in precedenza, raccolto in un matraccio, appariva come un liquido chiarissimo e trasparente, lo aveva quindi posto in una bottiglia tappata, sigillata con resina di pino.
Il Mago tenendo in mano la ciotola con la materia eterica chiamò Eliot per farsi aiutare. Nel silenzio più totale, con una debolissima luce di candele, tenendo fermo il recipiente posto sul fornello vi avvicinò la ciotola che conteneva la Nuvola, sciolse la cordicella che teneva fermo il coperchio. Quindi la posizionò, capovolgendola sopra il contenitore, mettendo così in contatto le loro aperture sebbene quella della ciotola fosse sigillata dal disco di vetro incollato con la resina.
Dopo breve tempo la resina si sciolse al calore proveniente dal recipiente posto sul fornello: il Mago sfilò delicatamente il disco di vetro che serviva da tappo, mettendo così in relazione i due contenitori. Il vapore del recipiente inferiore salì lentamente introducendosi sinuosamente entro l’altro, I due sperimentatori assistettero ad un fenomeno straordinario: il sottile vapor d’acqua che salendo era entrato nella ciotola scese nuovamente nel recipiente di vetro posto in basso, portando con se, come afferrata in un amplesso, la Nuvola densa di materia eterica. Le due forme dialogarono assumendo configurazioni sempre diverse e colorazioni iridescenti. La Nuvola eterica introdusse una sorta di proboscide entro il miscuglio di erbe in ebollizione, inglobando tutto e andando ad aderire al bordo di vetro.
Lo spettacolo al quale i due stavano assistendo aveva qualcosa di straordinario: l’ambiente ovattato, semibuio, privo di rumori e piuttosto freddo appariva come una nobile cornice in grado di tutelare la sacralità dell’esperimento. Con gli occhi fissi sul contenitore in ebollizione, dimentichi di ogni altro dilemma, i due osservavano rapiti quel matrimonio di sostanze evanescenti e al tempo stesso piuttosto concrete. La Nube aveva lentamente inglobato quel fango disgustoso, cambiando di colore, e divenendo più pesante.
Quel corpo gassoso ora occupava il fondo del barattolo. Una scura forma globulare si muoveva come se qualche forza interna le donasse la vita, la Nuvola ora sembrava maggiormente densa, aveva perso la propria trasparenza e si delineavano delle venature interne che parevano delle arterie pulsanti.
I due sperimentatori stavano con gli occhi incollati al vetro del recipiente, dando l’impressione che quelle quattro pupille appartenessero ad un unico cranio. Immobili osservavano rapiti le lente evoluzioni di quella forma globosa che ora aveva risucchiato e forse digerito tutto il materiale vegetale in ebollizione.
Una poltiglia verde scuro posata sul fondo denunciava i resti della digestione della Nuvola, uno strato di escrementi simili ai resti della putrefazione vegetale occupava per un paio di centimetri il fondo del recipiente. Passati altri 20 minuti la forma globosa diede origine a sottili filamenti che sfruttando le correnti convettive si alzarono verso l’apice del bollitore, entrando nella zona opaca occupata dalla ciotola di terracotta. Dopodiché scivolarono verso il basso tornando a mescolarsi alla matrice che li aveva originati.
Il Mago si accorse dell’interesse di Eliot, la sua attenzione non sembrava scemare, anzi pareva quasi che quella stravagante attività che pareva tanto magica quanto scientifica lo stesse affascinando. Il Mago fissò la propria attenzione sull’attività dello scultore: in fondo, pensò, uno scultore non è che una sorta di piccolo dio che ambisce a creare qualcosa partendo da materiali umili quali creta o pietra, ma anche nella migliore delle ipotesi non sarà mai in grado di creare la vita; inoltre, secondo la nostra religione, anche Dio usò dell’argilla per creare Adamo, ma la vita riuscì a donargliela.
condivido su social. Mi piace lo svolgimento narrativo, ottima punteggiatura e non è cosa da poco. Dovrò andarmi a leggere gli inizi, perché me li sono persi. A Bientot
Grazie Carlo … mi fa molto piacere…