Una interessante narrazione di Cristina Vernizzi
La prof.ssa Cristina Vernizzi – Presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana-Sezione di Torino-Piemonte e componente del Centro Internazionale Studi Risorgimentali Garibaldini di Marsala – ci propone un curioso ed impressionante spaccato della condizione di vita della donna nei primi anni dell’ottocento nel Regno delle Due Sicilie (precisamente nell’area campana), ma ugualmente estensibile a tutta la penisola italiana e, forse con rare eccezioni, all’intera Europa.
Enrichetta De Lorenzo fu la convivente di Carlo Pisacane,
rivoluzionario e patriota, nato a Napoli il 22 agosto 1818 e morto a Sanza [Salerno] il 2 luglio 1857. La loro storia è sicuramente un caso eccezionale per il clima culturale di quel tempo, ma segna oggettivamente l’inizio del lungo e travagliato percorso di riscatto e di uguaglianza che ha caratterizzato l’emancipazione della donna fino ai giorni nostri.
Tuttavia il dato rilevante di questa storia, che obbliga ad una umana riflessione, è la grande e inconciliabile “distanza tra i ruoli uomo-donna” nel contesto delle classi sociali del tempo. Aspetto che oggettivamente relegava il ruolo femminile in un limbo esistenziale soffocante e di continua sofferenza, attraverso la spersonalizzazione e una umiliante subordinazione.
In sintesi si potrebbe fotografare un mondo femminile confinato nell’infelicità e senza la speranza di poter evadere da questo girone, blindato dalle convenzioni etico-morali dell’epoca.
La realtà contemporanea, in merito alla condizione femminile, è sicuramente diversa, ma purtroppo esistono ancora troppi episodi drammatici e patologici che riportano questi alle peggiori condizioni della donna dell’ottocento.
Infatti la cronaca quotidiana ci offre solo l’imbarazzo della scelta delle efferatezze sulle donne. Ci mette davanti al problema di come superare e archiviare in modo definitivo la vergogna della negazione di tanti diritti e opportunità che spettano in modo inalienabile al mondo femminile.
Ringraziamo l’Autrice, per la sua preziosa e costante collaborazione e alleghiamo l’articolo in oggetto.
Buona lettura. (m. b.)
Essere donne nell’ Ottocento
Mentre siamo ancora scossi dagli episodi di violenza sulle donne, in questi giorni che celebrano i loro diritti vorrei ricordare brevemente quale sia stata la condizione delle donne quando queste erano relegate nei soli ambiti famigliari. Lo stato di schiavitù in cui erano tenute è denunciato da una figura poco conosciuta, ma che pagò la propria emancipazione con sacrifici indescrivibili . Si tratta di Enrichetta De Lorenzo, la donna di Carlo Pisacane, di cui traggo le notizie da un vecchio articolo del 1933.
Di famiglia benestante napoletana, era nata in una sontuosa villa di campagna a Orta di Atella presso Caserta, nel 1820. Costretta a sposare a 18 anni Dionisio Lazzari, un ricco proprietario della zona, secondo le consuetudini del tempo la sua vita era limitata tra le mura domestiche: dedizione esclusiva al marito, ai tre figli, rapporti sociali controllati e alle sole conoscenze famigliari.
Incontrò per la prima volta in casa di un comune parente Don Giacomo Lazzari, il cugino Carlo Pisacane di due anni più vecchio di lei. Questi era di modeste condizioni e aveva abbracciato la carriera militare, studiato non alla prestigiosa Nunziatella come il fratello Filippo, ma al collegio Militare degli Orfani a San Giovanni.
Mentre la sua carriera lo portava nel Corpo del Genio a Caserta, poi in Abruzzo, Enrichetta continuava la sua vita che gli era sempre più oppressiva, e dava alla luce una bambina, Isabella, nel 1844.
Ma le restrizioni della vita domestica la esasperano sempre più; la frequentazione con Pisacane tornato a Napoli, fa sbocciare tra i due un sentimenti profondo tanto da indurla, l’anno dopo, a fuggire di casa per seguirlo . Scrive alla madre, parole toccanti e che rivelano le condizioni in cui era tenuta:
“ Voi mi credete la più scellerata donna, la più snaturata madre, la più ingrata figlia. Ho seguito le leggi della natura, solo sovrana legittima dell’universo. I sentimenti che nutro sono tre: amore di madre, amore di figlia e quello più forte che ho per Carlo … Non sopporto più le ruvide maniere con cui Dionisio mi tratta con disprezzo come vilissima donna. Quell’uomo mi disgusta, conosce solo leggi che sono di tipo mussulmano…”
Affida i figli alla madre e parte per Londra dove nella piccola colonia di esuli italiani trova solidarietà e aiuti ed è assistita da Mazzini e dai suoi amici inglesi. Ma i disagi sono tali, e per non pesare ulteriormente sui compagni, che decide con Pisacane di andare a Parigi.
Lui insegna francese agli immigrati italiani, ma lei, raggiunta da emissari del marito, viene arrestata e messa in prigione come prostituta per il fatto di convivere non sposata con il suo uomo. Liberata, nel 1847 vorrebbero emigrare in America, ma senza denaro non è possibile. Unica soluzione è l’arruolamento di Pisacane nella Legione Straniera.
Enrichetta in dicembre dà alla luce una bambina, Carolina. La famiglia manda amici comuni per convincerla a ritornare e ad abbandonare la figlia; ma Enrichetta reagisce dichiarando che sarebbe tornata a Napoli solo con Pisacane e le figlie, affrontando anche il rigore delle leggi che condannavano una donna sposata, adultera e con due figlie avute dall’amante.
Con i fatti del 1848, ritorna in Italia, segue il suo uomo nella insurrezione milanese e nell’anno successivo corre con Pisacane alla difesa della Repubblica Romana. Dirige un’ambulanza per il soccorso ai feriti, al fianco di Cristina di Belgioioso. Pisacane è ferito e fatto prigioniero: riesce a farlo liberare e vanno a vivere, tra mille stenti, tra Parigi e Londra e ripete con forza al fratello Achille che spera sempre nel suo ritorno a Napoli: “figurati il mio duolo lasciare una tale società per chiudermi tra i pregiudizi di Napoli!”
Trascorre gli anni successivi a Genova, con Pisacane che per vivere riprende a dare lezioni di francese. Nasce un’altra bambina, Silvia, ma la fine di Pisacane si avvicina. Nonostante le esortazioni di Mazzini a non avviare una impresa impossibile, liberare il Mezzogiorno dai Borboni con una insurrezione che partisse dal Sud, lui tenta….”Eran trecento, erano giovani e forti e sono morti…” reciterà Mercantini nella “Spigolatrice di Sapri”.
Ora Enrichetta rimasta sola con le figlie, aiutata da pochi amici, resterà a Genova e solo alla caduta del Regno Borbonico farà ritorno a Napoli dopo il 1861. Qui vivrà con una modesta pensione assegnatale dal governo italiano, fino alla fine, avventa nel 1871.
Questa la storia pressoché romanzesca di una delle tante oscure eroine del nostro Risorgimento e che merita di essere rievocata.
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