La crisi del modello occidentale rischia di divenire irreversibile
Sono seguiti per tutte la giornata di ieri in ogni parte del mondo, i commenti e le ricostruzioni dell’attentato all’ex presidente Donald Trump. Se ci soffermiamo sulla storia americana, quello di domenica è solo l’ultimo di una lunga lista degli assalti ai danni di presidenti degli Stati Uniti o di chi è stato in corsa per la Casa Bianca.
Il primo assassinio risale al 1865 ai danni di Abramo Lincoln, avvenuto a Washington mentre la vittima stava assistendo ad uno spettacolo teatrale, il secondo avvenne pochi anni dopo, nel 1881, contro il 20mo presidente, James A. Garfield, ferito a morte in una stazione ferroviaria.
Il più famoso dei tristi episodi rimane quello di John Fitzgerald Kennedy, ucciso il 22 novembre del 1963 mentre viaggiava con la moglie Jacqueline, con il governatore John Connally (ferito gravemente) e la moglie di quest’ultimo Nellie a bordo della limousine presidenziale. Per il suo omicidio, al netto delle teorie complottistiche di diverso tipo, fu incriminato Lee Harvey Oswald.
Pochi anni dopo, nel 1968, fu la volta del fratello Robert, trucidato mentre era in corsa come candidato.
Uno degli ultimi attentati da ricordare è del 1981 e riguardò Ronald Reagan: l’allora presidente degli Stati Uniti fu ferito gravemente da uno dei 7 colpi di arma di fuoco sparati da John Hinckley. Reagan si salvò dopo essere stato sottoposto a una lunga operazione chirurgica.
Il consueto confronto tra candidati e supporter negli ultimi giorni era stato animato dal Presidente Biden che aveva colpito direttamente Trump sul piano personale, con espressioni oltretutto infelici e non solamente per i suoi programmi.
Nei prossimi giorni riceveremo altre versioni o supposizioni sull’origine dell’attentato.
Intanto le vicende politiche del continente proseguono in un clima che, parafrasando una definizione di fine degli anni ’60 e riguardante l’Italia, passò alla storia come “strategia della tensione”.
In quegli anni avvennero attentati con colpevoli buttati in prima pagina e poi risultati innocenti, bombe sui treni e in luoghi pubblici con conseguenti stragi, volte a creare panico, depistaggi di ogni tipo.
Oggi rischia di ritornare lo scenario del burattinaio o del gran vecchio che manipola fatti e persone per finalità estranee alla democrazia. Impera il mondialismo, lo spazio d’influenza è ancor più ampio ed a volte indecifrabile.
Da ormai troppi anni sullo scenario mondiale sono presenti due azioni di guerra che contribuiscono anche a distruggere le ricchezze del continente, mietono morti e sono lontane dal concludersi.
Le salutari armi della diplomazia, o tacciono o continuano a non produrre effetti positivi, intanto proseguono i massacri di civili e le leve chiamate alle armi in Russia come in Ucraina si assottigliano.
Il recente vertice della Nato, a prescindere dalle espressioni fuori luogo di Biden, ha lasciato sconcertati coloro che mirerebbero all’affermazione del ruolo difensivo del Patto Atlantico, volto a ricercare con ogni mezzo il raggiungimento della pace e non della guerra.
Poi c’è l’Europa sempre più debole nello scacchiere mondiale, con colpe, responsabilità e conseguenze che dovrebbero essere superate per il raggiungimento del “Bene comune”, del progresso e della distensione internazionale.
La decima legislatura europea comincia con la sconfitta, in particolare in Germania, Francia e Belgio, dei Verdi, dominatori della precedente legislatura e dei liberali di Renew e dei socialisti.
I governi di Berlino e futuro di Parigi appaiono deboli dentro la crisi inflazionistica e di carovita europei. Dei 4 elementi di stabilità (grosse koalition, Francia e Germania) ne resta dunque uno solo, il gruppo europarlamentare più numeroso dei 190 popolari, a trazione tedesca (30 membri, seguiti dai 23 e 22 polacchi e spagnoli), la cui rivendicazione di centralità gli ha garantito le presidenze della commissione e dell’europarlamento.
La tenuta dei popolari è dovuta molto democristianamente alla copertura dello spazio politico di destra che oggi si coniuga tramite neutralità, no immigrazione e difesa dell’economia.
La tecnocrazia europea invece sull’altare dell’atlantismo vorrebbe proseguire con il Green Deal (neutralità delle emissioni di CO2 entro il 2050), l’ideologia del cambiamento climatico ed il veto a prescindere dalle destre. Oltre alle materie citate si continuerebbe a minare la libertà del cittadino con vessazioni economiche ed ambientali.
La frettolosa ingessatura, per mantenere il malato europeo in piedi, ha prodotto la presidenza dell’euroconsiglio di Costa (socialista portoghese che ha visto nascere il governo di destra nel suo paese) e l’alta rappresentanza estera della Kallas (liberale estone di famiglia a suo tempo purgata dai sovietici).
Ora che cala il terrore proveniente da Parigi, toccherà ai popolari ricordare che l’Europa deve trovare un modus vivendi con la Russia con cui condivide la piattaforma continentale e che bisogna dare risposta alle proteste di milioni di votanti interpretate dai voti della destra.
Staremo a vedere giovedì se i popolari cercheranno di allargare il sostegno per la von Leyen alla destra moderata meloniana il cui isolamento dalle altre destre potrebbe risultarle utile, tanto più mentre la sinistra generaliter si fa più estremista sui suoi temi storici ed insieme contraddittoriamente su quelli atlantisti.
Nel merito della posizione italiana, Giorgia Meloni si riserva di decidere, nell’interesse dell’Italia, dopo il confronto con Ursula von der Leyen.
Negli ultimi anni l’Europa è stata scossa da ripetuti attacchi terroristici di matrice jihadista o degli estremismi. Secondo le stime del Servizio delle attività informative della Confederazione elvetica (SIC), la minaccia terroristica in Europa e in Svizzera rimane elevata.
La minaccia terroristica è diventata più diffusa ed è ricollegabile principalmente a soggetti radicalizzati che per commettere atti di violenza ricorrono a modi operandi più semplici, come attacchi all’arma bianca o con vetture.
Non si devono sottovalutare le azioni violente che una minoranza di estremisti di sinistra, uniti a membri del terrorismo palestinese hanno prodotto sulle nostre università, impedendo il diritto allo studio, con il morbidissimo contrasto di alcuni presidi.
Questa è una tendenza che se non circoscritta e combattuta potrebbe riportarci ai tristi “anni di piombo” che insanguinarono l’Italia e l’Europa.
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