Troppo violento il “Dana”. Ipotesi “effetto farfalla” della geoingegneria climatica
La spaventosa alluvione che ha devastato il sud della Spagna, procurando centinaia di vittime, ha riportato all’attenzione il cloud seeding, quel fenomeno di inseminazione artificiale delle nuvole che aveva allagato Dubai il 16 aprile 2024. Un’alluvione nel deserto che ha inondato città e aeroporti in tutti gli Emirati Arabi causando 18 morti in Oman.
In 24 ore si sono avute le precipitazioni che cadono in un anno e mezzo. La causa è stata un errore di valutazione proprio del cloud seeding e gli effetti hanno smascherato la sua esistenza fino ad allora destinata al dileggio e cestinata tra i complottisti delle scie chimiche. Ora non più.
Il cloud seeding è una interazione che modifica le precipitazioni tramite particelle di sostanze chimiche dissolte sulle nubi. È stata creata negli USA e nell’Urss, già negli anni 40, e lo Stato di Israele è stato uno dei precursori in materia. Queste sostanze, in genere disperse da aerei, ma non solo, possono sia aumentare la piovosità in zone aride, sia prevenire la grandine in fronti temporaleschi. Questo quanto finora ammesso dalle fonti ufficiali, ma c’è dell’altro? Di sicuro l’inseminazione delle nuvole è ancora da mettere a punto, perché madre natura è piuttosto suscettibile.
Riguardo il disastro che ha colpito la regione di Valencia, la Spagna è tornata a puntare il dito sul cloud seeding spalmato sui cieli del Marocco. Un intervento che, ai primi di ottobre, ha procurato piogge talmente intense da formare laghi tra le dune del Sahara e una repentina crescita di vegetazione. Un test compreso in un piano nazionale del Marocco, che prevede 20 operazioni per combattere la siccità.
Alcune testate non solo italiane, e reperibili sul Web, tra cui Il Messaggero, riportano che, già a fine agosto l’agenzia meteorologica spagnola El Tiempo, aveva denunciato il rischio di questi progetti, riportando: «l’alterazione artificiale del clima può avere effetti imprevisti per l’intera regione. Da un lato, copiose precipitazioni dove la geografia del territorio non è abituata, possono generare inondazioni, aumentando l’erosione del suolo, inoltre, l’inseminazione delle nuvole può alterare l’umidita relativa dell’atmosfera, creando siccità in aree impreviste o piogge intense, perché le conseguenze della geoingegneria climatica, ora non sono prevedibili».
El Tiempo puntualizzava: «i cambiamenti climatici possono causare un forte dissidio geopolitico tra gli Stati coinvolti, come Spagna e Marocco, a causa della manipolazione del clima attuata da un singolo Paese».
Infine, l’agenzia meteorologica spagnola ricordava: «secondo un rapporto dell’Onu, pubblicato dopo il vertice sul clima COP28 del 2023, la geoingegneria climatica potrebbe innescare reazioni a catena con rischi rilevanti per le popolazioni, gli oceani, le temperature globali e la biodiversità».
Allo stato attuale il dubbio è lecito, sebbene gli esperti meteo che stanno commentando il disastro di Valencia anche nella tv italiana, insistono con le spiegazioni ufficiali che si basano sull’effettiva complicità dell’aumento di temperatura del Mar Mediterraneo e l’interazione con le masse d’aria umida richiamata in atmosfera. Un effetto simile a quello degli allagamenti che di recente hanno colpito l’Italia e soprattutto l’Emilia Romagna.
Occasione unica per dimostrazioni empiriche con bottigliette e liquidi, a contorno di interviste e scoop. La parola d’ordine è “prevenzione” all’interno di un clima che cambia, ma il linguaggio del corpo tradisce qualche perplessità quando si ammette che si è trattato di un fenomeno 5 volte maggiore rispetto alle precedenti concentrazioni di energia che innescava il turbine temporalesco denominato Dana.
Il servizio relativo ai cambiamenti climatici Copernicus conferma e le spiegazioni si concentrano su tempi e quantità delle precipitazioni, anticipando il futuro incerto, che di certo ci colpirà.
In questo contesto l’ingegneria climatica e i suoi rischi di interazione con il clima a distanza, valgono la pena di essere presi in considerazione in tv con maggiore onestà. Nessun accenno invece, nonostante voci e ammonimenti che provengono dall’Onu e da agenzie spagnole che avevano anticipato i fatti.
Prima di continuare a sviluppare le nuove tecnologie climatiche occorre sviscerarne tutti gli effetti e le implicazioni che ne derivano. Qualsiasi dibattito sul tema deve essere approfondito da un punto di vista etico, politico e geografico, valutando gli effetti sulle regioni confinanti, poiché il vento non ha confini.
Un pensiero riportato da Emma Ruttkamp–Bloem, presidente della Commissione mondiale dell’Unesco per l’etica della conoscenza scientifica e della tecnologia. Ma piove sul bagnato. Da quando in qua i moniti degli intellettuali sono riusciti a fermare la famelica ossessione di un progresso a tutti i costi che scaturisce dalla scienza? Il discorso si addentra tra i meandri del male, ma questa è un’altra storia che risale agli albori della Genesi…
Interessante conoscere questo aspetto inerente operazioni in paesi limitrofi che all’apparenza innocue possono creare invece conseguenze a tal punto negative.