Istintiva reazione a un evento che, sia la famiglia che la Farnesina, avevano chiesto di trattare sottotono
“L’Aria che tira” è quel talkshow che a metà mattina, analizza l’economia e la politica più prossime alla vita e ai fatti di attualità. Va in onda su La7 dal lunedì al venerdì, invitando opinionisti e giornalisti che si punzecchiano alternando singole visioni uguali e contrarie. Contenuto indispensabile per garantire un’audience che fa cassa, primo obiettivo di ogni emittente commerciale.
Dall’11 settembre 2023 il timone del talkshow è nelle mani di David Parenzo, giornalista e conduttore di una trasmissione a tratti interessante, ma legnosa, quando scivola nel protagonismo degli invitati che impastano i temi e alzano i toni. Il risultato non è meno conflittuale di altri dibattiti che si strattonano gli ascoltatori a tutte le ore, anzi. Non per questo ignoro “L’Aria che tira”. Sebbene in molti casi mi lasci perplesso, ascolto e rifletto.
Martedì 7 gennaio il palinsesto era interessante e fitto, poiché un pacchetto di avvenimenti oltremodo stimolanti si è dato rendez-vous in uno scenario geopolitico imperdibile per il “Quinto Potere”, altoparlante ancora in auge nonostante la forte concorrenza di un altro megafono 📣 in lesto divenire.
Infatti, nei teatri italiani sta circolando “Sesto Potere”, dramma sull’influenza dei social network, ma questa è un’altra storia. Tornando all’Aria che Tira, la tragedia è andata in onda secondo una scenografia di più punti connessi tra loro:
- la visita lampo di Giorgia Meloni negli Stati Uniti, le due ore di incontro con Donald Trump e relative reazioni dell’opposizione, che si aggrappa come un gatto alla viva pelle di ogni occasione;
- l’incontro con Elon Musk e la disponibilità espressa dal plurimiliardario di occuparsi del ricco mercato delle telecomunicazioni;
- da qui, la ragnatela di opinioni ha oscurato il video, con supposizioni come fosse cosa fatta, esternate soprattutto dall’On. Laura Boldrini;
- un intreccio di rimandi che ha coinvolto il sequestro di Cecilia Sala. La detenzione della giornalista italiana nel carcere di Evin, effettuata dal regime teocratico di Teheran è stata il baricentro latente della trasmissione, volando da Mar a Lago in Florida, per tornare a Roma e rimbalzare in Iran;
- la sorte di Cecilia Sala è cosa nota e la Farnesina, unitamente alla famiglia, ha chiesto il silenzio-stampa per poter trattare con gli ayatollah;
- impresa che si prospetta ben più dura rispetto al rimpatrio dell’attivista Alessia Piperno nel 2022 o di Ilaria Salis, messa ai ferri per le sue bravate a Budapest. Operazioni concluse grazie a un silenzio stampa a suo tempo rispettato quasi del tutto, e poi;
- Giorgia Meloni e Donald Trump, un incontro legato a doppio filo dall’”affaire Mohammed Abedini Najafabadi”, l’ingegnere iraniano fermato alla Malpensa dalla Digos, il 16 dicembre, su mandato del dipartimento del Massachusetts, accusato di aver fornito all’Iran la tecnologia che ha ucciso 3 marines e feriti 35, in un attacco al reparto di stanza in Giordania, giusto un anno fa;
- in un primo tempo, omessa l’estradizione verso gli USA dell’ingegnere iraniano, lo scambio con la giornalista italiana Cecilia Sala pareva possibile, stando a contratto non scritto, paventato all’Italia dall’ambasciatore iraniano;
- scenario strombazzato da ogni testata e prontamente rigettato da Teheran, che ieri, legato oppure no al putiferio Florida-Meloni, ha puntualizzato sul fatto che la prigionia della 29enne italiana non è in relazione con la liberazione dell’ingegner
- Abedini, così come si può dire e disfare in un regime integralista che di voce dell’opposizione ne ha piene le fosse;
- un intreccio degno d’un romanzo di spionaggio, su cui sono calate come una mannaia le dimissioni di Elisabetta Belloni, nominata da Mario Draghi prima donna a capo dei servizi segreti italiani;
- dimissioni legate a dissapori tra la Belloni e la Meloni? Forse già in divenire, ma;
- carne fresca per “L’Aria che tira”, aria che si fa acida e pesante quando il confronto torna su Cecilia Sala e si accanisce sui particolari, partendo dall’allarme agli italiani in Iran, legato al rischio ostaggi per l’”affaire Abedini”. Pessimo fiato alle trombe in progressivo aumento:
- l’accusa rivolta a Cecilia Sala è di «violazione delle leggi della Repubblica Islamica», come afferma il ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico, che ha spiegato: «i dettagli riguardo al suo arresto e alla liberazione dell’ingegner Najafabadi, non sono mai stati in relazione»;
- una smentita che smentisce, in classico stile arabo-estremista, del quale, storicamente non ci si può fidare;
- Cecilia Sala senza un’accusa precisa, Cecilia Sala sdraiata in una cella senza un letto sul quale dormire, Cecilia e la luce sempre accesa, Cecilia senza occhiali, senza diritti e senza dignità, Cecilia e il tono sale. Non ce la faccio più! Silenzio-stampa è andato a farsi benedire! Dove non si sa.
Spengo la tv,e l’aria che tira. Lascio i mezzibusti alla loro battaglia. Silenzio-stampa è un “fonema composto” di facile lettura, ideato per stringare un concetto grave e basilare. A mio sommesso parere è andata in onda un’onta a una famiglia Sala, tanto composta quanto disperata. Altrettanto per l’appello del Ministro degli Esteri Tajani. Ma silenzio-stampa è mal recepito un po’ dovunque da questa press dell’audience, e ciò che sto scrivendo d’istinto, l’avrei voluto gridare, oltrepassando lo schermo.
LA7 S.p.A. è il terzo polo televisivo d’Italia dopo Rai e Mediaset e lo scopo è far profitto. 📺. Passo e chiudo, con il dubbio di aver messo il sentimento davanti a un cronistico, crudo mestiere. Forse anche il mio silenzio-stampa avrebbe fatto quiete e non altro, sterile rumore.
P.S. Un paio di ore dopo l’uscita di questo articolo è giunta la notizia che Cecilia Sala è stata rilasciata e sta rientrando in Italia. Complimenti all’attività diplomatica del nostro governo e che mi sia consentito, di Giorgia Meloni in primis, che evidentemente ha saputo muoversi senza fare rumore.