Il Comune che lo licenziò ora è costretto a risarcirlo per l’ingiusto trattamento
Il “vigile in mutande” che suscitò tanto clamore nove anni fa è stato assolto con formula piena dalla Cassazione.
Ne abbiamo parlato con Giuseppe Catizone, Consigliere comunale della Lega Salvini, che ha espresso in proposito un parere piuttosto critico:
“Questo uomo – ha sottolineato Catizone – ha attraversato tre gradi di giudizio in primo grado, appello e Cassazione perdendo il lavoro e, cosa ancora più grave, vedendosi negata la dignità e infangata l’immagine”.
In effetti il “caso” andò in pasto all’informazione e l’interessato fu dipinto come un ladro dai politici di quel tempo che lo additarono al pubblico disprezzo, facendone il simbolo della disonestà, incluso il presidente del consiglio dell’epoca, lo stesso che utilizzava i voli di Stato per andare a sciare e che, nonostante l’impegno di dimettersi in caso di sconfitta al referendum, è ancora oggi in carica e a capo di un partito.
Ma cosa faceva realmente il vigile? Scendeva di casa (nello stesso edificio in cui prestava servizio e del quale garantiva la guardiania) un quarto d’ora prima dell’inizio del turno (non pagato), in boxer (magari un po’ troppo leggero) perché l’edificio era vuoto e faceva molto caldo, si recava nello spogliatoio, metteva la divisa e iniziava il turno.
“Ci sono voluti nove anni – ha concluso Catizone – per riconoscere che non faceva nulla di male, tanto che il Comune che lo licenziò ora è costretto a risarcirlo per l’ingiusto trattamento”.
© 2024 CIVICO20NEWS – riproduzione riservata
Scarica in PDF