Milano si rende nuovamente protagonista di un evento contro il Governo, patrocinato dalla Chiesa di Bergoglio.
Un noto proverbio dice che “il lupo perde il pelo ma non il vizio” e questo enunciato della saggezza popolare ben si adatta all’atteggiamento portato avanti dall’Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, uno dei più affezionati delfini di Jorge Mario Bergoglio.
Diciamo questo dopo l’incontro avvenuto presso la “Sala Ricci” della Fondazione Culturale San Fedele, sita in Piazza San Fedele 4, a Milano, dall’eloquente titolo “Pace è diventata una parola scomoda”.
Venerdì 15 novembre, dalle 18 in poi, l’Arcivescovo di Milano, ha dialogato sul tema con la pedagogista e vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, Milena Santerini, e con l’ex direttore di “Avvenire” e Parlamentare Europeo del “Partito Democratico”, Marco Tarquinio.
L’occasione “ghiotta”, a cui Monsignor Delpini non poteva mancare, è stata servita su un piatto d’argento dalla 13esima edizione della Rassegna “BookCity Milano 2024”, dal titolo “Guerra e Pace”.
A moderare il dibattito il giornalista Paolo Foglizzo, che ha un curriculum catto-sinistroide di tutto rispetto e che è membro di spicco della Redazione di “Aggiornamenti Sociali”. In passato ha lavorato presso il Segretariato per la Giustizia Sociale della Curia generalizia della Compagnia di Gesù, ordine religioso a cui apparteneva anche Jorge Mario Bergoglio.
Monsignor Mario Delpini, noto esponente della Chiesa sincretista, sinistroide e progressista, ha tenuto a ribadire: “La fiducia nell’umanità, nelle istituzioni, nella cultura, nelle religioni è messa a dura prova. Ci uniamo a papa Francesco per invocare segni di pace come i segni necessari per il Giubileo”.
Subito dopo, com’è nel suo stile sibillino e mellifluo, l’Arcivescovo di Milano ha tirato una stoccata al Governo: “Ci sembra di essere inascoltati da politici impotenti e forse inclini piuttosto a incrementare gli armamenti che a costruire la pace”.
Come spesso accade nella Chiesa di Bergoglio, che nulla ha più a che vedere con Santa Romana Chiesa, i vescovi fanno politica anziché spendere le loro energie a pascere il gregge di Dio, pellegrino sulla terra.
Sempre di più sono i cattolici ambrosiani, ossia quelli dell’Arcidiocesi di Milano, stanchi, stufi ed offesi dalle prese di posizione di Monsignor Mario Delpini che, va detto, parla a titolo personale e non a nome dei cattolici milanesi.
Il corso sinistroide della Chiesa di Bergoglio è vergognosamente anti-evangelico ed, infatti, le vocazioni dell’Arcidiocesi di Milano, una delle più grandi del mondo, sono calate ai minimi storici.
I giovani sono spaesati e confusi dinanzi ad una chiesa che, anziché parlare di Cristo e del Magistero della Chiesa, perde tempo a parlare di ONG, politica, e argomenti chiaramente contro il Governo di Destra. Nel magistero di Delpini, lo si può vedere a occhio nudo, senza bisogno di essere teologi, gli attacchi alla “Lega” di Matteo Salvini e a “Fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni non si contano.
La Chiesa pensasse ai drammi che la ammorbano dall’interno, si preoccupasse che a San Pietro siede uno che papa non è, si occupasse degli scandali sessuali che, con cadenza regolare, vengono compiuti da sacerdoti e religiosi senza criterio.
Perché Monsignor Delpini, Marco Tarquini e Paolo Foglizzo non si occupano in modo serio e concreto del caso di padre Marko Rupnik, l’ex Gesuita accusato da un nutrito gruppo di Consacrate di molestie sessuali?
Come sempre, nel “cerchio magico” di Jorge Mario Bergoglio si punta allo screditamento di quanti non si piegano alla Cultura WOKE, alla Lobby LGBT e al relativismo ideologico, e teologico, tanto caro all’Inquilino di “Casa Santa Marta” che, già quando era Arcivescovo di Buenos Aires, predicava come fosse un amministratore delegato di una ONG piuttosto che un successore degli Apostoli.
Tanti lettori milanesi di “Civico 20 News” esprimono forte scontento per l’episcopato di Monsignor Mario Delpini che, nella sua Proposta pastorale 2024-2025 dal titolo “Basta. L’amore che salva e il male insopportabile”, uscita nel giugno 2024, cita sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, per accattivarsi, forse nella speranza della porpora cardinalizia, Bergoglio e il suo staff.