Rileggendo il monumentale profilo di Marie France Pochna
Negli ultimi mesi anche in seguito alle vicende ereditarie che continuano a segnare la vita della famiglia ed alle discutibili scelte industriali di John Elkann, scrittori e giornalisti si sono dilettati nello scavare male o copiare peggio, frammenti di fatti nella vita di Giovani Agnelli, per tutti l’Avvocato, limitando la portata della vita di uno degli uomini più famosi del mondo a quella di un gaudente di paese.
Ci è parso opportuno, anche per ravvivare la memoria di chi ricorda e di coloro che ancor non c’erano, rileggere Agnelli, L’Irrésistible, un libro biografia scritto da Marie France Pochna, avvocato e giornalista d’investigazione, edito da L’Espansion Hachette e pubblicato in Francia nel 1989.
Testo scritto in piena autonomia dalla Fiat, come precisa l’autrice, che ha inteso tracciare il profilo di uno dei massimi imprenditori italiani e descrivere, con ricercate motivazioni il suo ruolo all’interno del nostro Paese e nel mondo.
Parlare del potere di Agnelli significa comprendere il ruolo di un costruttore, di un industriale e di un editore. Per Marie France Pochna, l’uomo “plus charmant d’Italie”, è stato appunto il presidente della Fiat, Gianni Agnelli.
“Ha fatto parte dei grandi uomini che hanno segnato la nostra avventura comune in Europa e ha incarnato con la sua originalità le qualità che continuano a onorare il vostro paese: il coraggio nelle difficoltà, l’intraprendenza, la ricerca del bene comune, e, prima ancora di queste qualità, l’ironia in ogni situazione della vita e il culto della bellezza sotto tutte le sue forme” sostiene l’autrice.
Nei suoi due anni trascorsi in Italia alla fine degli Ottanta, Marie-France Pochna si vide accordare dall’Avvocato un accesso privilegiato alla sua vita personale, che a tanti altri curiosi e avidi di pettegolezzi fu seccamente negato.
“Agnelli, l’irrésistibile”, , è la storia di un uomo, di una famiglia e di un impero, ma anche un manuale per cultori dell’agnellologia, ricco di osservazioni, di aneddoti, di sfumature che raccontano le mille vite di un personaggio fuori dal comune: il playboy della Dolce Vita degli anni Cinquanta, l’uomo d’affari talentuoso e talvolta machiavellico, il personaggio che parlava da pari a pari con i capi di stato esteri in nome dell’Italia, l’esteta e il mondano, l’amante della pittura e l’epicureo. In sintesi, “Agnelli, l’irrésistible”.
Uno dei pregi indiscussi del libro consiste nell’esposizione meticolosa di vicende che segnarono l’Italia e l’Europa dalla nascita della Fiat nel 1899 alla stampa del libro nell’agosto del 1989.
Sono vicende che per certi versi vedono protagonisti i membri della famiglia dal nonno, all’avocato, a suo fratello Umberto. Per gli studiosi e gli osservatori della storia economica, industriale e politica italiana ed europea, il libro rappresenta lo stimolo ad approfondire avvalendosi anche della corposa documentazione prodotta.
Per i guardoni dal buco della serratura, l’autrice, pur con innata eleganza, ma documentazione rigorosa, non risparmia nulla. Ci trasmette la cronaca del 22 agosto del 1952 con Gianni Agnelli che a bordo della sua Fiat “Canadienne” ebbe un rovinoso incidente a Beaulieu sur Mer dopo una notte gaudente. Vengono narrati gli incontri e le amicizie nel periodo della dolce vita romana con Anita Ekberg protagonista di rilievo ed altre star del jetset internazionale.
Ma contestualmente è riportata l’attenzione che il giovane Agnelli poneva per ascoltare i risultati ottenuti dal professor Valletta a capo di una Fiat che dopo le vicende belliche cresceva giorno dopo giorno, con strategie mirate.
A Torino aumentava la produzione e l’occupazione e la vocazione sociale dell’azienda non era da meno. Fiat in anticipo sui tempi varò istituzioni assistenziali e previdenziali efficaci e in controtendenza a quelle statali e poi regionali che ancor oggi stentano a decollare, assicurando l’assistenza sanitaria e previdenziale ai propri dipendenti e alle loro famiglie. Sistema poi purtroppo sfracellato dalla nascita del “Servizio sanitario nazionale” e da veti del sindacato.
Tra l‘ascolto e la conduzione del gruppo Fiat, dopo il ritiro di Valletta si assiste alla continuità dei valori che da sempre hanno caratterizzato la vita di un uomo che, anche quando si divertiva, non scordava il “Senso della Fiat”.
L’avvocato esprimeva quei valori di cui la Fiat si faceva interprete a Torino e in Piemonte e nella storia dell’industria italiana. Quei valori che per storia famigliare seppero conquistare e coinvolgere i dipendenti di allora.
Ne abbiamo avuto testimonianza alla sua morte con le migliaia di persone che stazionarono al gelo lungo la pista del Lingotto per rendergli l’estremo omaggio.
Grazie a lui e il libro lo mette in evidenza, dopo la sciagura di una guerra perduta, l’immagine dell’Italia si confondeva con quella positiva della Fiat.
Di un Italia che produce, che privilegia il bello e la fantasia. L’efficienza e il dinamismo della Fiat di allora s’imponeva su uno Stato gracile.
In molte occasioni rovinose, penso ai terremoti nell’Italia centro meridionale, era la Fiat che trasferiva con impulso solidale nelle zone sinistrate, una task force di manager e tecnici per far intervenire ove risultava indispensabile, macchine movimento terra, escavatori e veicoli industriali, per supere le prime difficoltà a vantaggio delle popolazioni e senza intralci burocratici.
La Protezione civile del prode Zamberletti non era ancora nata, ma trasse esempio anche dal rigore e dall’organizzazione Fiat. Nel periodo dal 1966 alla sua morte, in Italia capitò di tutto.
Agnelli dovette anche destreggiarsi, in modo particolare quand’era presidente della Confindustria, tra le lotte intestine della Dc un partito che non ha mai concepito lo sviluppo industriale, come occasione di riscatto e decollo per l’Italia. Si impegnò contro il ritardo di progetti e il varo di infrastrutture che avrebbero potuto giovare alla nostra affermazione nel mondo.
Nel corso dei suoi lunghi anni al timone della Fiat, frange sindacali eversive dettero copertura, all’interno degli stabilimenti a dipendenti che misero in atto azioni terroristiche a danno dei capi intermedi e dei dirigenti. Fenomeno che poi esplose a livello nazionale tra l’indifferenza di gran parte dei politici.
Agnelli, soprattutto all’estero rappresentò la visione di un Paese che era in grado di fronteggiare ogni difficoltà. Aveva uno stile inconfondibile nel presentarsi, nel vestire e nel muoversi.
Impegnato in alte relazioni internazionali era capace di lasciar ogni impegno e meeting per correre ad ammirare un quadro in una pinacoteca o prendere il timone del suo yacht e solcare il mediterraneo.
La sua scomparsa ha segnato la fine di un’epoca, per la Fiat, per Torino e per l’Italia.
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Interessante, grande persona, ambasciatore dell’Italia più di ogni altro politico