Romanzo poliziesco ambientato a Torino, di Fulvio Di Chiara
Il romanzo poliziesco di Fulvio Di Chiara “La forma del delitto” (Blitos, 2023) ci propone una troika investigativa formata dal commissario Massimo Sanfilippo, capo del Commissariato di Corso Casale, supportato dai suoi bizzarri amici Vittorio Nervi e Sandro Galante.
Vittorio Nervi, vero investigatore protagonista, possiede il «callo per le investigazioni», il callo e non il bernoccolo, perché, come spiega l’amico Sandro Galante, «il bernoccolo è una protuberanza momentanea che scompare in fretta, invece il talento di Vittorio dura nel tempo, come i calli per l’appunto». Vittorio lavora come commesso nel negozio di scarpe di famiglia, il Mocassino d’Oro, e, forse per rivalsa, è solito calzare sandali alla francescana. È fidanzato con Rebecca, maestra di musica, fornita di due cani, Arpa e Violoncello.
Sandro Galante, proprietario di una fabbrica di materiali plastici che indossa coppole variopinte, è il Watson di Vittorio, non come narratore, ma, come buon conoscitore delle curiosità torinesi, interviene con opportuni spiegoni a beneficio dei lettori.
Il terzo componente della troika investigativa è un poliziotto vero, il commissario Massimo Sanfilippo: il sodalizio funziona bene, visto che nel dipanarsi della trama de “La forma del delitto” si allude a una precedente indagine, risolta grazie a una felice intuizione di Vittorio Nervi.
La vicenda viene narrata da quello che si definisce “narratore onnisciente”, in 216 pagine, con 47 capitoli e un Epilogo, e si svolge nel tempo attuale.
In una sera di mezza estate, l’ingegnere Angelo Tonietti, ricco industriale convinto che “la forma è tutto”, dà una festa nel giardino della sua villa in collina. Gli invitati, quasi tutti esponenti della “Torino bene” stanno discorrendo di frivolezze, quando uno scoppio irrompe improvviso e molesto in quel godibile santuario dell’effimero. Accorsi verso il punto da cui proviene quel rumore, gli ospiti fanno una macabra scoperta.
Il commissario Sanfilippo si trova di fronte a una scena del crimine che è un vero rompicapo. Nulla è come sembra. Mentre la polizia cerca di sbrogliare la matassa col pericolo di accusare persone innocenti, perché colpevoli verosimili se non veri, Sandro e in particolare Vittorio, forniscono un basilare contributo per risolvere il mistero. La vittima, ingegner Tonietti, esponente di una società abituata a valutare gli altri basandosi solo sulle apparenze e maniaco della “forma” è arrivato a escogitare soluzioni estreme pur di mantenere intatta la sua reputazione…
E qui ci fermiamo, per non spoilerare.
Lo stile de “La forma del delitto” ci ha ricordato i canoni della golden age del poliziesco, quelli che si possono sintetizzare nelle opere di Agatha Christie. Ne risulta una lettura gradevole, senza concessioni a volgarità, violenza e sesso gratuiti, che sa creare nel lettore quella tensione a scoprire il colpevole che caratterizza il buon poliziesco.
Una considerazione riguarda il metodo di effettuare le indagini e i rapporti con la Polizia (curiosamente il libro non fa riferimento ai Carabinieri). Gli investigatori dilettanti, per parlare con un testimone oppure con un sospetto, devono ricorrere a vari stratagemmi, talvolta un po’ forzati.
Il rapporto con gli investigatori ufficiali si basa sull’amicizia con un fin troppo disponibile commissario Massimo Sanfilippo. Questa situazione, tipica dei polizieschi che vedono investigatori dilettanti come protagonisti, deve essere accettata dal lettore, anche a scapito della verosimiglianza.
A proposito della Polizia, l’autore propone il commissario titolare delle indagini poco disponibile ad allargare le indagini oltre l’ovvio, anche a rischio di accusare un innocente, ma ci sono anche investigatori capaci – e disposti a collaborare – funzionali al racconto che culmina con l’intuizione risolutiva di Vittorio Nervi.
Possiamo collocare “La forma del delitto” tra i polizieschi ambientati a Torino che sanno realmente proporre anche la nostra città come protagonista?
Diciamo che l’autore ha concentrato la sua descrizione della “Torino bene” in pochi personaggi esemplificativi, dei prototipi senza precisi riferimenti con le realtà. Non si è neppure troppo dilungato in descrizioni di panorami urbani subalpini. Ma in ogni caso si percepisce il suo legame con la nostra città, quando in una Nota finale, scrive: «Ho ambientato il romanzo nella mia amata città di Torino. I quartieri, le strade e molti dei luoghi che cito sono reali, mentre altri posti, come il commissariato di corso Casale, bar, abitazioni e negozi, sono frutto della mia fantasia; quindi non cercate Il Mocassino d’oro (il negozio di scarpe di Vittorio Nervi), non lo troverete!».
Fulvio Di Chiara è lo pseudonimo adottato da Chiara Nervo (Torino, 1979) e da Fulvio Tango (1975), compagni nella vita, che hanno deciso di scrivere insieme perché condividono la passione per il giallo che sconfina nella commedia sullo stile di Fruttero e Lucentini, di Camilleri e più recentemente di Frascella.
Fulvio Di Chiara
La forma del delitto
Blitos, 2023 – pp 216