Sinistro “climatico” di un monumento storico oggi museo del cinema e orgoglio di Torino
Concepita inizialmente come nuovo tempio ebraico, la mole Antonelliana, storico simbolo di Torino, dal primo progetto del 1863, affidato all’architetto piemontese Alessandro Antonelli, non ha mai smesso di crescere, passando dai previsti 47 m di altezza, a 90 nel 1884, e 7 anni dopo a 113, con la costruzione della Lanterna. Nel 1889, con il compimento della guglia e la posa del Genio Alato, il tempio raggiungeva i 167,35 m di altezza. Genio Alato poi abbattuto da un fortunale nel 1904, prontamente riportato alla stessa altezza l’anno dopo con la stella a cinque punte al posto del Genio decaduto.
Breve resoconto della crescita in statura di quello che diventerà l’edificio in mattoni più alto e più ardito del mondo. Proprio a causa della sua silhouette protesa come un dito verso il cielo, però, la Mole Antonelliana, 71 anni or sono ad oggi, ha dovuto pagar pegno e ritrovarsi di nuovo più bassa.
Infatti, nel pomeriggio del 23/05/1953, dopo giorni di pessimo tempo segnato da una insolita pioggia mista a terra e sabbia che aveva interessato tutto il Nord Italia, un tremendo nubifragio si abbatté sulla città, provocando cinque vittime. A spezzare i 47 m della guglia fu di certo una Tromba d’aria, poiché la vide mio padre, che a quel tempo gestiva una tipografia poco lontano. La guglia della Mole cadde nel giardino sottostante della sede RAI, frantumandosi, ma per miracolo, senza far vittime
Il racconto di mio padre concorda con le cronache dell’epoca, che riportano di temporali, grandinate, trombe d’aria e una strana afa opprimente, con picchi di 36°, che fiaccavano il respiro. I fenomeni si erano concentrati il 23 maggio su tutto il Piemonte, oscurando l’aria e con venti fortissimi in ogni direzione, spostando nubi di finissima terra prelevata dai campi afflitti da una lunga siccità, spingendola fino all’interno delle case.
Tutto questo accadeva quando non ero ancora nato. Sarei venuto al mondo solo sei mesi dopo, ma dalla finestra che dava sul cortile, spingendo lo sguardo più lontano, si vedeva la Mole. Da quel punto d’osservazione, crescendo avrei avuto modo di seguire il ripristino della guglia con gli occhi curiosi di un bambino, stimolati dai commenti del babbo, torinese fino al midollo, che mi spiegava con quel dialetto che non si usa più, i progressi del rifacimento.
Immagini rimaste impresse nella memoria, poiché i lavori per restituire alla guglia la primitiva altezza (e qualcosa di più), fortificata da una intelaiatura metallica, andarono avanti dal 1955 fino al 1960. Al tempo avevo sei anni, la tv non c’era e l’impalcatura che cresceva un giorno dopo l’altro, aveva un che di magico per la curiosità.
Chissà se questa reminiscenza dei lavori e dei pacati racconti seminarono nella mia mente ancora intatta e ricettiva, il germe dell’architetto. A quel tempo non sapevo chi fosse, ma forse incarnava un leggendario supereroe del quale avrei seguito le orme, giunto alla giusta età. In ultima analisi, una speranza, poiché i fenomeni atmosferici sono sempre più estremi, e non soltanto loro. L’augurio è che l’ingegner Giuseppe Perottino, autore del ripristino nel 1960, abbia provveduto a esagerare nei calcoli statici e strutturali, l’aria che tira ultimamente è tendente ad essere piuttosto turbolenta.
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Me lo ricordo, frequentavo la prima elementare ed abitavo in via Basilica. Si vede che gli “eventi estremi” non erano ancora di moda…
effettivamente a quell’epoca fu una tempesta anomala che fece molto scalpore. Mio padre era rimasto molto colpito
Mi ricordo quel giorno mi stavo preparado per andare a scuola e in diretta per radio diedero la terribile e incredibile notizia. Ricordo il pianto di mio padre. Sono del 5/3/41