
I primi risultati scaturiti dalle urne bocciano il “Ce lo dice l’Europa”. Macron sconfitto, indice nuove elezioni
A urne ancora calde il primo effetto del voto europeo si è verificato in Francia. Lo strabiliante risultato ottenuto da Marine Le Pen induce il presidente Macron a sciogliere il Parlamento e a indire le elezioni politiche per il 30 giugno.
Le ultime grida della Commissione UE sempre accettate dal supino Parlamento europeo, hanno caricato di importanza e di significati il voto europeo.
Per entrare nel merito, gli estremismi ambientali favoriti dalle multinazionali del clima, hanno determinato da parte dell’Ue, le tante imposizioni e scadenze tracciate sull’avanzare dell’auto elettrica, che creerebbero non indifferenti problemi occupazionali a Torino e al Piemonte, come la messa al bando della nostra produzione agroalimentare piegherebbe un comparto fiorentissimo, di qualità ed apprezzato in tutto il mondo.
Poi c’è l’indifferenza se non la lontananza dell’UE nei confronti della politica migratoria dell’Italia, flagellata dalle invasioni pilotate dalle Ong di estrema sinistra. Ma l’elenco è corposo, dalle norme deleterie sulle case di abitazione, alla preannunciata consegna degli stabilimenti balneari alle multinazionali.
Per cui l’urgenza di definire, a partire dalle urne, differenti equilibri numerici al Parlamento di Strasburgo, rappresenta l’obiettivo prioritario per la sopravvivenza dell’Italia e del Piemonte in particolare.
Invece i nostri politicanti, in campagna elettorale si sono persi in polemiche su chi conservasse ancora, tra i bagagli della nonna le mutande del duce e sulle gaffe di qualche portavoce ministeriale elevate a valore assoluto.
D’altronde, salvo lodevoli eccezioni, l’ignoranza di gran parte dei candidati al parlamento europeo è palese. Leggere con attenzione le liste elettorali, a prescindere dalle scelte operate è stato deprimente.
Tanti candidati/e insignificanti, pochi esponenti di livello che sappiano cosa significa approdare al parlamento europeo, e poi la sfilza di figli, nipoti, amanti e concubine, con il rischio che siano proprio i minus habens ad atterrare a Bruxelles.
In ogni caso per i partiti di governo e di quelli all’opposizione, il voto europeo servirà per stabilire i rispettivi pesi.
Bene ha fatto Giorgia Meloni, ricalcando orme antiche a presentarsi candidata.
Il peso elettorale riscontrato, potrà dare dimostrazione di solidità del governo e le consentirà di trattare con maggior autorevolezza a Bruxelles al tavolo delle alleanze e alla scelta di dicasteri di peso nella Commissione Ue. Così Tajani consoliderà il suo ruolo nell’era post Berlusconiana e la segretaria del PD Schlein, potrà orientarsi tra le forche e i coltelli che l’attendono.
Il primo aspetto da esaminare riguarda l’astensionismo che è il risultato conseguente del peso specifico e della scarsa credibilità dei nostri politicanti che si son persi in sterili polemiche senza affrontare i temi decisivi che attenderanno il nostro governo e gli eletti a Bruxelles. La media nazionale dei votanti è stata del 49,43% (Nord 55.47% SUD 43,15 e Isole al 36,25%)
Nel 1979, quando si votò per la prima volta per il Parlamento europeo, nel nostro Paese si recarono ai seggi oltre l’85% degli aventi diritto. Il consuntivo di questa tornata elettorale che oscilla invece tra il 36% e il 55%, a riprova della progressiva disaffezione degli italiani verso le urne in generale e verso quelle europee in particolare.
Si tratta di un segnale chiaro che il corpo elettorale lancia ai politici italiani, che hanno trasformato la campagna elettorale per le europee in una campagna elettorale su temi nazionali. Avremo modo di analizzare le conseguenze interne del voto, non appena si aprirà la resa dei conti.
Dalla prima analisi del voto italiano, ancor suscettibile di correzione a scrutini in corso, emerge la crescita di tutti i partiti di Governo, si evidenzia lo sfascio del M5S e l’incremento del PD e precisamente, Fratelli d’Italia risulta il primo partito al 28,9%, segue il Pd al 23,7%, quindi M5S 10,5%, poi Forza Italia al 10% e la Lega all’8,4%, Avs al 6,9%. Renzi e Calenda non dovrebbero entrare nel Parlamento europeo.
Per quanto concerne il voto in Europa, con tutta la sua portata e conseguenza, dai primi dati emerge la tenuta del PPE, l’affermazione dei partiti di destra ed estrema destra, con il calo dei partiti di sinistra e dei Verdi, sempre supini alle scelte impopolari dell’Unione e di Poteri esterni. Il Qatar gate insegna.
Oltre alla débacle di Macron, la disfatta dei socialisti tedeschi metterà in crisi il governo. Analoga situazione si sta verificando in Belgio. La maggioranza Ursula nonostante le smentite dei perbenisti, sta vacillando. Il voto esprime la bocciatura del Parlamento uscente piegato alla burocrazia di Bruxelles e alla formula “Ce lo dice L’Europa”.
Per una valutazione non emotiva dei risultati si dovranno attendere i risultati ufficiali dei singoli schieramenti nei Paesi dell’Unione, con la possibile costituzione della coalizione di maggioranza al Parlamento europeo, privilegiando il primato della Politica, le eventuali nuove aggregazioni e la collocazione dei deputati italiani. Solo così si capirà il destino dell’Europa, la possibilità di difendere la nostra libertà e l’economia Italiana, sin troppo minacciata dai furbetti di Bruxelles.
Nelle prossime ore seguiranno approfondimenti.