In un mondo sotto tensione già Joseph Stalin diceva che con lo sport si fa politica
Alle olimpiadi di Parigi, in alcuni sport individuali sottoposti ad arbitraggio si continuano a penalizzare i nostri atleti, scesi in campo con un sogno di 50 medaglie da portare a casa. Obiettivo legittimo, visto il potenziale dello squadrone italiano, ma già da subito qualcosa di “strano” ha iniziato ad alimentare un dubbio, alzando il livello da “giudizio inadeguato” a malcelato sospetto.
Domenica 28 a Parigi, per mano arbitrale si è consumato l’ambiguo olocausto Olimpico di tre dei migliori atleti italiani dalla medaglia quasi scontata. Il primo è stato Abbes, gran favorito nei pesi massimi del pugilato sconfitto ed eliminato dall’uzbeko Mullojonov, con un verdetto choc, dopo che il pugile italiano aveva dominato due delle tre riprese e subìto anche un colpo proibito.
Alla judoka Odette Giuffrida la stessa arbitra che le aveva negato la finale, si è di nuovo presentata anche per la sfida per il bronzo, infine conquistata dalla brasiliana Larissa Pimenta con tre shido, penalizzando gli attacchi della nostra atleta, che si è complimentata con la vincitrice. Un bel gesto, una vera signora.
La fiorettista Arianna Errigo è stata sconfitta ed eliminata all’ultima stoccata da un arbitraggio quantomeno fantasioso. Un colpo in realtà vincente, ma come risulta anche dalle immagini, che sarebbe stato almeno da far ripetere.
Martedì è stato il turno di Filippo Macchi, argento nel fioretto individuale: due stoccate vincenti vanno al pareggio dove si vede scippare anche l’ultima stoccata finale. Giudici orientali, vince il coreano. Bufera di polemiche, pensar male è d’obbligo, ma l’atleta è un signore, rispetta il verdetto, con lo sguardo alla gara a squadre.
Dopo le polemiche sugli arbitraggi di questi match, adesso, l’argomento di discussione è l’ammissione nella boxe femminile, di Imane Khelif e Lin Yu-ting.
Le due pugili transgender, già escluse dai Mondiali, nonostante i livelli di testosterone decisamente elevati, hanno ricevuto il benestare dal Comitato Olimpico Internazionale. Una decisione che ha sollevato le proteste di varie avversarie di genere femminile, tra cui l’azzurra Angela Carini che l’1 agosto affronterà proprio Imane Khelif.
La polemica è scoppiata anche alla Camera, dove il leghista Rossano Sasso ha chiesto un’informativa urgente del ministro dello Sport Andrea Abodi, proprio riguardo alla nostra pugile Angela Carini, che dovrà salire sul ring contro un’atleta nata con una veemente struttura maschile, oggi robusta donna, annessa al gareggiare in un contesto che oltrepassa lo spirito olimpionico, il rispetto dei diritti delle donne, madre natura e la voce della scienza.
Una posizione ribadita dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Pina Castiello che ritiene la scelta sconcertante. Un che dal sapore di un inchino occulto a qualche interesse trasversale, poiché è chiaro che se la parità di condizioni, da sempre pilastro della boxe, viene a mancare, è un brutto segno per ogni profondo valore della lealtà e del senso sportivo.
Un susseguirsi di fatti che, oltre alla rabbia provata dai tifosi italiani e dai vertici sportivi, impone una valutazione. L’Italia ha una squadra fortissima, capace di medaglie olimpiche in quasi tutte le discipline e la storia insegna che ogni nazione “potenza sportiva” ne ha sempre ottenuto valenze politiche e un prestigio internazionale, al pari se non oltre il valore dell’arte.
Non solo sullo scacchiere geopolitico vi sono colossi emergenti quale l’India, anche altri paesi hanno investito molto negli sport, sebbene non avessero precedenti storici. In questo 2024 costellato di guerre e di promesse rese dei conti, anche il trionfo sportivo assume un valore politico oltre che atletico.
In mezzo a questi occulti rapporti di forza tra blocchi di potere mondiale, L’Italia si è presentata come un piccolo, fastidioso Paese armato fino ai denti, ma senza alcun altro peso aggiunto. Cosa avrebbe portato uno sgarbo arbitrale a un’atleta cinese o uno americano? In questo contesto, anche le proteste di Giovanni Malagò, presidente del Coni, sono scivolate nell’oblio, come una fastidiosa nota di disappunto ignorata senza neppure passare dal via. Per chi ha seguito in diretta il susseguirsi degli eventi, tutto questo è stato inconsciamente percepito, pur ignorando qualsiasi occulto motivo trasversale.
E in patria, anziché far fronte comune nel nome di Olimpia sventolando un’unica bandiera, stupidamente ci si scanna ancora e Imane Khelif, intersex lgerina diventa un caso politico. Il ministro La Russa grida ad uno scandalo che caldeggia l’ideologia transgender, dal presidente di Gaynet Rosario Coco e dal Pd, si sostiene che i valori ormonali sono nella norma! …
Non c’è limite nell’ipocrisia ideologica, che diventa antilogica, contro natura e non solo, quando si trasforma in contro italica e antisportiva, però, laddove è ancora l’atleta, la squadra e il cronometro che contano, l’Italia sta facendo bene il suo dovere Olimpico, e questo è un gran bene.…
Aggiornamento al giorno seguente: Angela Carini è salita sul ring, ha combattuto per 46 secondi e poi si è ritirata “ipoteticamente” colpita troppo duro. Una decisione tra il verosimile e una risposta alle olimpiadi di Macron che ho fatto un inchino agli arabi e al movimento multicolore; ringraziamento per le ultime elezioni. Ipotesi, illazioni, mentre i commentatori italiani si sono dissociati dalla decisione della nostra atleta… E questo è male. Nel frattempo imperversa la diatriba sui social, sui forum, sui giornali, dai banchi della politica. E questo è malissimo, Angela Carini ha puntato il dito con coraggio, quello di denunciare rinunciando al sogno di una vita… parere personale, me lo consenta bonario il lettore…
Purtroppo non siamo stati fortunati, alcune decisioni arbitrali hanno influito negativamente e per questo ci sarà sempre il rammarico di non aver potuto raggiungere il traguardo più alto. Siamo una nazione forte, ci siamo sempre contraddistinti e stiamo continuando ad accrescere il nostro medagliere. Non ci resta che guardare avanti e continuare a tifare i nostri sportivi italiani che stanno facendo delle ottime gare e ci stanno regalando tante gioie ed emozioni. Forza Italia e Forza Azzurri
La nostra Carini è stata vittima dell’idiologia (scritto volutamente così) lgbtqfrs+, caldamente voluta e sostenuta dal presidente Micron. Il decathlon nella Senna è stato un vero film comico, non fosse per la salute di chi doveva parteciparvi insieme alle pantegane con baghette. Avevo visto già dalle camere degli atleti, arredate con cartone pressato e senza condizionatori, in onore alla ecogreen design! I giudici, quest’anno, hanno vissuto il loro anno nero, non solo contro gli atleti Italiani, ma soprattutto con essi.
Ottimo articolo
Ottimo articolo, condivido tutto quello che è stato pubblicato
Dopo averne sentite di tutte e di più sul caso Imane Khelif , voglio riportare le conclusioni, a mio avviso condivisibili , di un articolo di Andrea Minciaroni , antropologo culturale: ” Riusciremo in futuro ad affermare i diritti di tutti , garantendo attraverso delle regole certe, una competizione che sia il più possibile equilibrata e proporzionata, senza costringere nessuno a modificare la propria natura? Al momento ci troviamo a dover scegliere tra una regola discriminatoria nei confronti di un genere o di donne dotate di una natura fuori dai canoni e la possibilità che altre atlete partano naturalmente svantaggiate. E’ una questione troppo complessa per poter dare una risposta che non sia ideologica o semplicistica e forse la più grande sfida che il diritto sportivo ha davanti è proprio questa : riuscire ad interpretare la complessità della realtà sociale contemporanea attraverso dei regolamenti che tutelino tutto e tutti”