Il dopo voto visto da Strasburgo
Il voto europeo si avvicina a grandi passi. Nei giorni scorsi sono usciti gli ultimi sondaggi che confermano il successo di Giorgia Meloni e la rincorsa tra Lega e Forza Italia, irrobustita dal concorso di Noi Moderati, della DC e dei liberali, con primati altalenanti.
Dati che confermano la stabilità del governo italiano e le divisioni delle sinistre che arrancano, ma non riflettono la situazione che verrà a crearsi in Europa ove, lo spostamento di seggi dalle sinistre ai conservatori e ai popolari, presuppone una serie di alleanze inedite tra gli schieramenti europei, per uscire dal giogo illiberale dei socialisti, altrimenti anche le tendenze e l’esito del voto degli italiani risulterebbe vanificato. Per cui è opportuno analizzare cosa sta succedendo in Europa.
Marine Le Pen e Matteo Salvini hanno improvvisamente scoperto che dentro AfD, partito di estrema destra tedesco, non mancano i neonazisti.
Marine Le Pen, sente puzza di bruciato e intensifica il percorso di dédiabolisation, tant’è che ha annunciato che nella prossima legislatura abbandonerà l’alleanza scomoda con i tedeschi.
Un rimescolamento a destra che apre tutta una serie di questioni, anche se la divisione a Strasburgo di FdI, Lega e Fi non ha mai creato reali problemi a Roma.
I tre principali partiti che reggono il governo Meloni fanno parte di tre eurogruppi distinti e distanti: Forza Italia è nel Ppe, la Lega (che si è affrettata a dirsi d’accordo con Le Pen) è in Id, Fratelli d’Italia è in Ecr.
La futura maggioranza europea non può fare a meno dei Popolari. La sortita di Le Pen anti-AfD potrebbe avere qualche ripercussione e induce a porsi non poche domande: la leader francese e la presidente del Consiglio italiano si potrebbero trovare dalla stessa parte, nello stesso schieramento europeo?
Con Le Pen ”ci sono dei punti in comune. E’ evidente che sul contrasto all’immigrazione illegale, sull’approccio alla transizione verde, sulla difesa della identità europea, ci sono dei punti di contatto ”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Festival dell’economia di Trento.
Per ora a dividerle è soprattutto la questione dello Spitzenkandidat: Le Pen non vuole sapere nulla di un bis di Ursula von der Leyen, mentre Meloni sembra prendere ancora tempo per non guastarsi il rapporto con la presidente uscente della Commissione Europea, anche se alla convention di Vox, con slancio ripropone i suoi principi sovranisti.
Che pensi ad una unificazione tra conservatori e Id? ”Vox sta nei conservatori, come Fdi e non credo che cambi gruppo”, taglia corto la premier Giorgia Meloni al Festival dell’economia di Trento. ”Le Pen -spiega la leader di Fdi- è in Id e non credo che cambi gruppo. Non c’è in vista alcuna forma di unificazione fra il partito dei Conservatori e Id. Ciò non toglie -sottolinea Meloni- che su alcuni temi si possa collaborare come già avviene. In Ue capita che partiti provenienti da famiglie politiche assai diverse si ritrovino votare insieme sugli stessi dossier”.
Ma forse sono dettagli per una, come Meloni, che in Europa vuole contare e sarà pure disposta a qualche compromesso.
Un grande rassemblement conservatore con destra ed estrema destra insieme per mettere nei guai i Popolari, alle prese con lo storico asse con i socialisti, appare politologicamente interessante ma se c’è sempre quel piccolo problema di numeri. I Conservatori non possono essere autonomi, men che meno i nazional-populisti di Identità e Democrazia.
Stesso discorso se trovassero il verso di stare tutti appassionatamente insieme. Quindi, non si può comporre la futura maggioranza senza i Popolari. Il nome di Ursula è strettamente legato a quello di Giorgia. E anche nel Ppe cominciano a serpeggiare dei malumori. Tanto che nei giorni scorsi, nessuno dei Popolari ha preso le difese della loro Spitzenkandidat. Del resto anche in base ai sondaggi sarà difficile fare a meno dei voti di Pse e Renew.
Secondo Europe Elects, il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei potrebbe prendere fra i 73 e i 90 seggi (oggi sono 61), mentre Identità e Democrazia potrebbe prendere fra i 76 e gli 88 seggi (oggi sono 76). Il Partito Popolare, che oggi ha 187 seggi, potrebbe prendere fra i 172 e i 191 parlamentari.
Tenuto conto che i Socialisti e Democratici non se la passano bene (tra i 129 e i 145 seggi, oggi sono 147) e che in ogni caso la destra non vuole saperne niente di altri “inciuci”, si potrebbe ipotizzare una coalizione a tre punte, con i popolari e le due destre che provano a moderarsi, mettendo dei paletti a partiti come AfD.
Ma per ora siamo alla fantapolitica, al fantaBruxelles. La cosa certa è che comunque vada a finire l’8 e 9 giugno, il governo italiano non subirà ripercussioni. Chi rischia di più, semmai, è Salvini in quanto leader di partito se la Lega dovesse arrivare dietro Forza Italia, magari restando sotto il 10 per cento.
Sicché, le elezioni europee sembrano un altro referendum per valutare se il governo della leader di Fratelli d’Italia sta facendo bene o no (ed è quello che ha detto, peraltro, Giorgia Meloni candidandosi in prima persona:” volete voi promuovere l’esecutivo che presiedo sì o no?”).
Così se l’azione governativa non subirà contraccolpi la resa dei conti toccherà il PD, ove la segretaria Schlein risulta sempre più indigesta.
Ma lo stato delle alleanze in Europa pare definitivamente rinviato al dopo voto.
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