I politici sono euforici ed all’interno delle coalizioni si scannano tra di loro
Buon anno! Dimentichiamo per un attimo gli scenari bellici con quel che comporta per le nostre tasche la guerra in Ucraina e per i rischi dell’impennata dei prezzi petroliferi, l’assurda carneficina che si consuma ogni giorno sulla striscia di Gaza, oltre alla situazione dei nostri conti pubblici, il debito in primis.
L’anno appena iniziato sarà molto denso di appuntamenti elettorali ed i politici già pregustano scranni e prebende.
Non si sente ancora parlare di programmi, ma già da mesi sono stati creati ulteriori posti di sottogoverno nelle regioni e i politicanti sono in fibrillazione per ottenere almeno uno strapuntino, che sia soprattutto ben retribuito.
Il 9 giugno si vota per le elezioni europee, ma già a partire dal mese prossimo e fino a ottobre si terranno importanti test in ben cinque regioni: Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Umbria, Sardegna. Inoltre verranno rinnovate 3.700 amministrazioni comunali. Alle urne anche 27 capoluoghi di provincia e sei capoluoghi di regione (Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia, Bari, Potenza).
Sono contesti diversi, ma in ballo c’è sempre il risvolto umano e le rivalità tra partiti che potrebbero anche a livello nazionale, condizionare la vita al governo.
La partita delle europee si gioca con il sistema proporzionale e quindi ogni partito correrà per conto suo e cercherà di massimizzare il suo bottino elettorale puntando sulle battaglie identitarie e sugli elementi di differenziazione con i partiti alleati. Invece le sfide sui territori regionali e comunali dovrebbero, almeno in teoria, alimentare lo spirito di coesione tra i partiti delle due coalizioni e quindi favorire la convergenza tra forze politiche della stessa area.
I primi cenni di campagna elettorale consegnano però un quadro molto frammentato, litigioso e quasi esplosivo. Prevalgono, infatti, le spinte centrifughe, anziché i tentativi di aggregazione dentro le coalizioni. In altre parole, per i partiti appare decisamente più importante il proprio risultato rispetto a quello dell’intero schieramento al quale appartengono.
Per quanto riguarda il voto per il rinnovo dell’assemblea di Strasburgo, la questione centrale rimane la candidatura dei leader. Scenderanno in campo personalmente?
Sembra proprio di no, salvo eccezioni. Nel centrodestra Matteo Salvini ha già fatto sapere che non correrà. Antonio Tajani non si sbilancia e Giorgia Meloni è tentata dalla corsa ma non ha ancora deciso. Il rischio concreto per lei, paradossalmente, è quello di stravincere, cioè di incrementare il vantaggio su Forza Italia e Lega, con la probabile conseguenza di sfasciare la coalizione. In proposito c’è già Renzi che sparge messaggi inquietanti.
ull’altro fronte Giuseppe Conte si è già chiamato fuori, mentre Elly Schlein sta valutando di candidarsi ma pensa anche all’ipotesi flop, cioè di un Pd sotto il 20%, il che la esporrebbe a una resa dei conti interna.
Chi invece ha già annunciato la sua candidatura è Matteo Renzi, anche perché Italia Viva è abbondantemente al di sotto della soglia del 4% e solo con un miracolo potrà portare qualche parlamentare a Strasburgo. Carlo Calenda, dal canto suo, auspica che nessun segretario di partito si candidi, lasciando chiaramente intendere che lui ha già deciso di non farlo. Il disimpegno pressoché generalizzato dei leader potrebbe anche essere letto come una sottovalutazione del voto europeo. In realtà serve a impedire che il voto europeo possa produrre ricadute destabilizzanti sul quadro politico nazionale.
Sul versante della definizione dei candidati governatori, chi ha da perdere è solo il centrodestra, che governa in tutte e 5 le regioni chiamate alle urne. Le situazioni meno rischiose per la coalizione appaiono quelle del Piemonte e dell’Abruzzo, dove i giochi sembrano fatti. Il presidente uscente del Piemonte Alberto Cirio di FI e Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, verranno ripresentati e potranno contare sull’appoggio di tutto il centrodestra, centristi compresi.
A Torino venerdì mattina il Presidente Cirio ha tracciato la continuità tra le realizzazioni consuntivate ed il percorso che lo attende ed è fiducioso sulla composizione del puzzle nazionale.
In Piemonte manca ancor un candidato della sinistra con il PD che rincorre il M5S, ma prevedendosi una vittoria netta di Cirio, Chiara Appendino che in fatto di acume supera di gran lunga l’armata brancaleone del PD, per evitare la disfatta, si tira indietro e molto probabilmente correrà da sola.
L’impostazione del PD piemontese è suicida, perché, sotto dettatura della passionaria Elly Schlein, il gruppo dirigente è disposto a buttare alle ortiche le istanze riformiste di parte del suo elettorato tradizionale per immergersi a capo fitto sul massimalismo dei grillini. Misteri!
Così alcuni esponenti di area, come l’on. Giorgio Merlo da tempo stanno coalizzando le forze della sinistra riformista, da Renzi a Calenda, a fianco del Presidente Cirio.
Nelle altre 3 regioni, invece, la situazione è ancora molto fluida sia nel centrodestra che nel centrosinistra. La Lega preme per la riconferma degli uscenti, Fratelli d’Italia chiede un riequilibrio e rivendica la candidatura in Sardegna e Basilicata. Il partito della Meloni si preparerebbe addirittura a chiedere la testa di Luca Zaia, che punterebbe al terzo mandato e che invece l’anno prossimo, alle regionali in Veneto, potrebbe essere scalzato come candidato del centrodestra da Luca De Carlo, senatore e coordinatore veneto di Fratelli d’Italia.
Sono giorni febbrili, ma prima o poi il mosaico si ricomporrà. In attesa di conoscere i programmi vorremo parlare della caratura dei candidati. Purtroppo l’andazzo dell’”Uno vale Uno” introdotto dal M5S ha contagiato gran parte dei partiti.
Prevalgono le cordate, la fedeltà al leader che in molti casi si coniuga con la pochezza dei candidati proposti. Le conseguenze di quest’impostazione sono note e finiscono per determinare l’insuccesso di provvedimenti assunti dalle giunte regionali o dai sindaci, alimentano la disaffezione da parte dei cittadini.
Per citare i casi a noi vicini, a Torino e in regione in anni vicini e lontani, molte nomine nel sottogoverno e anche elettive, ci hanno lasciato assai perplessi.
L’ultimo incidente sui sussidi non erogati agli studenti universitari, che potrebbe causare conseguenze anche politiche, pare dipenda dall’incapacità del responsabile, di nomina politica dell’Ente competente ad operare, nonostante i corposi stanziamenti disposti dalla Giunta Cirio.
Altro capitolo dolente è costituito dalle nomine apicali nella Sanità. Non si va alla ricerca del migliore, ma prevale l’appartenenza partitica o sindacale. Molte scelte errate a svantaggio dell’utenza e di chi lavora nel settore, non sono dovute alla carenza di finanziamenti, ma alla palese incapacità di chi dirige ASL ed ospedali
In queste ore si mettono nero su bianco le candidature per i Comuni, il consiglio regionale ed il parlamento europeo, per poi passare agli assessorati ed agli Enti di rilevanza nazionale.
Rivolgiamo l’invito ai leader regionali dei partiti di appellarsi all’etica e valutare la preparazione, l’esperienza e la personalità dei candidati.
Altro capitolo sul quale torneremo riguarda le elezioni europee.
Nel corso degli anni l’Italia si è sempre contraddistinta per mandare a Bruxelles candidati scomodi che era meglio tenere lontani da Roma e quindi annoiati, o persone prive di cultura politica e professionalità.
Così, gran parte dei nostri parlamentari, invece di presidiare l’Aula di Strasburgo e le Commissioni di Bruxelles, giocavano con i biglietti aerei scontati e disertavano le riunioni dalle quali l’Italia avrebbe potuto ottenere vantaggi e riconoscimenti di ruolo.
Le conseguenze le stiamo amaramente pagando. Il nostro, nell’interesse dei concittadini è un appello corale. Se come sempre prevarrà la lottizzazione becera, ed il familismo, scenderemo nei dettagli con i nomi dei prescelti e dei pupari.
Francesco Rossa – Editorialista