Fenomenologia dell’ ”uomo di Davos”
Anche quest’anno a Davos il signor Klaus Schwab e la sua creatura ormai non più bambina, il World Economic Forum (WEF), ci hanno indicato la via della salvezza planetaria, cioè la via della nostra salvezza comune.
Un gran numero di teste pensanti provenienti dall’economia, dalla finanza, dalla politica, dalla ricerca ancora una volta si è riunito nell’amena cittadina svizzera per tracciare le linee guida di un Nuovo Ordine Mondiale in grado di traghettare il pianeta dalla sua cecità progettuale verso la luce di una grande visione illuministica globale.
Ora, a scorrere velocemente sia i discorsi del signor Schwab sia i papers dell’Organizzazione non si ha proprio l’impressione di una abissale profondità di pensiero ma piuttosto di una trasognata e patinata rassegna di luoghi comuni globalisti che vanno dalla sostenibilità (ormai è il condimento terminologico di qualunque affermazione pubblica) all’emergenza ambientale, dalle questioni demografiche alla digitalizzazione del pianeta, dall’ideologia scientista a un transumanesimo vagamente allucinatorio fondato sulla simbiosi uomo-macchina, da una nuova giustizia sociale a una nuova forma di felicità collettiva -qualunque cosa queste parole vogliano significare-, dalle previsioni pandemiche alle emergenze belliche presenti e prossime venture, e molto altro ancora.
A Davos, come ha giustamente notato Francesco Borgonovo, la fuffa globalista si è sposata infelicemente con una infinita noia comunicativa: parole grandi, idee ovvie, visioni cinematografiche del futuro, il tutto proteso a costruire un’immagine di nuova saggezza, di un’altezza di visione, di una strenua volontà di cavalcare l’onda evolutiva che, secondo loro, salverà il mondo.
Potremmo pensare che tutto questo rappresenti solo un fantasioso, vanesio e costoso divertimento autoreferenziale per uomini ricchi, potenti e compiaciuti, e dunque nulla di più preoccupante delle tante utopie (e distopie) partorite dalla mente umana nei secoli, a partire da Platone per arrivare a Huxley e Orwell. In realtà la cosa non è così innocente.
Intanto per la qualità dei partecipanti: il WEF, come tante altre realtà analoghe, dal Bilderberg alla Trilateral e all’Aspen, dal Council on Foreign Relation alla Skull and Bones e altri superclub mondialisti, vere e proprie “camere di confronto planetario” per usare la definizione di Galli e Caligiuri, è composto da uomini che siedono ai vertici del potere economico, finanziario e politico, e che costituiscono quella che David Rothkopf chiama superclass; e Samuel Huntington, nel suo celebre Scontro di civiltà, ha definito non casualmente come “uomo di Davos” proprio il tipo umano che frequenta quegli ambienti.
Pensare che tutta questa superclasse mondialista spenda il suo tempo solo per il compiacimento intellettuale di sapere in anticipo che cosa succederà in futuro, o per comprendere le trame recondite del presente, è francamente ingenuo.
Al di là della narrativa propagandistica, l’Uomo di Davos è uomo di potere, e l’uomo di potere è sempre al lavoro su un progetto o su più progetti. E allora come pensare che a Davos quegli uomini non elaborino azioni e operazioni concrete finalizzate ad un vero e proprio Nuovo Ordine Mondiale, peraltro esplicitamente dichiarato?
Niente di complottista: tutto è alla luce del sole, tutto è scritto, tutto è condiviso. O, quanto meno, è alla luce del sole il progetto, in fondo molto ben illustrato dal signor Schwab nonostante qualche approssimazione. Quello che sicuramente è occulto è l’insieme delle decisioni operative, quelle pragmaticamente finalizzate a realizzare quel progetto e che, con tutta probabilità, vengono delineate e decise a margine degli eventi pubblici nelle confortevoli e discrete sale dei lussuosi hotel svizzeri.
O vogliamo ancora una volta pensare che l’Uomo di Davos non lavori anche per realizzare i suoi scopi?
Potremmo discutere a lungo della “tecnologia del potere” che, a quei livelli, viene utilizzata per perseguire i loro Fini Ultimi, e che certamente non viene esteriorizzata.
Abbiamo già richiamato in passato l’attenzione sulle “dirigenze interfacciate” tramite cui gli oligarchi d’occidente, sedendo in più consigli di amministrazione delle maggiori multinazionali, di fatto creano una rete decisionale coordinata a livello mondiale perfettamente in grado di dare attuazione pratica ai loro disegni di potere.
Per tacere poi delle “porte girevoli” attraverso cui essi passano dalle più alte dirigenze economico-finanziarie alle poltrone istituzionali pubbliche: banche centrali, governi, organizzazioni internazionali, per poi ritornare a quelle dirigenze societarie, dando origine a scandalosi intrecci di interessi tra pubblico e privato.
Immaginiamo come il potere economico-finanziario, tramite questo sistema, tenga in mano i centri decisionali politici, che sempre più diventano cinghie di trasmissione di quella vasta plutocrazia. Il caso dell’OMS e dell’EMA, da cui dipende gran parte delle decisioni sanitarie anche della nostra AIFA, è emblematico: esse sono in grandissima parte finanziate dalle industrie farmaceutiche o da sedicenti filantropi come Bill Gates e contemporaneamente dovrebbero controllare i propri finanziatori: uno scandalo colossale di cui ben pochi parlano, un caso incredibile di commistione pubblico-privato che a molti sembra anche perfettamente normale.
E’ di pochi giorni fa la notizia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe intenzione di proporre un accordo internazionale con cui i singoli paesi rinunciano, in certi momenti emergenziali, alle loro politiche sanitarie per delegarle totalmente all’Organizzazione, che diverrebbe così titolare di poteri normativi e di intervento diretto all’interno degli stati e creando di fatto un super-governo mondiale in campo sanitario.
L’esperienza messa in atto in Europa, dopo il Trattato di Maastricht del 1992 e quello di Lisbona del 2007, in cui i singoli paesi dell’UE sono stati progressivamente spogliati di parti consistenti di sovranità, sembra ripetersi a livello planetario, ma in maniera più subdola, meno evidente.
La proposta dell’OMS è solo un inizio, ma di fatto, da molto tempo, si sta creando un governo mondiale attraverso quel sistema sopra illustrato in cui la grande finanza (talvolta maldestramente travestita da filantropia), tramite i mezzi economici colossali di cui dispone e attraverso la creazione della superclass di cui dicevano Rothkopf e Huntington, si appropria sempre più velocemente delle decisioni pubbliche nazionali e sovranazionali che invece, nella democrazia classica, dovrebbero appartenere alle classi politiche democraticamente elette: un vero governo mondiale in cui non esiste più il mandato elettorale, che dovrebbe peraltro essere sempre revocabile, ma solo un potere continuativo, inamovibile, oscuro e insondabile che sovente decide della vita e della morte di milioni di persone.
Il “governo dei custodi” di Platone che opera attraverso il suo “consiglio notturno” e che rende carta straccia migliaia e migliaia di opere sulla democrazia occidentale scritte nel corso dei secoli, ma soprattutto tenta di portare la nostra civiltà verso quel Nuovo Ordine Mondiale che ormai le élites rappresentate dal signor Schwab e da tanti altri profeti -spesso al limite della psicopatia- non si curano neppure più di nascondere.
Elio Ambrogio – Editorialista
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