
Filippo Manuelli: “Le nuove rotte secondo il VI Rapporto Assogestioni-Censis”
In un’Italia attraversata da incertezze economiche e sociali, il VI Rapporto Assogestioni-Censis, presentato in anteprima al Salone del Risparmio 2025 da poco concluso, offre un’analisi articolata degli ultimi cinque anni sul comportamento degli italiani nel destinare le proprie risorse finanziarie, e descrive la trasformazione in atto: da risparmio statico a progettuale, da “cuscinetto di protezione contro gli imprevisti” a leva per costruire il futuro.
Il titolo del rapporto, “Pragmatismo e progresso”, riassume in due parole la mentalità degli italiani: da una parte la prudenza che li ha sempre contraddistinti, dall’altra un’apertura consapevole al cambiamento.
Il primo dato che colpisce è l’82,8% degli italiani che vede il risparmio non solo come somma di denaro da tenere sul conto corrente, ma come “quel che permette di realizzare sogni e progetti di vita propri e della propria famiglia”. Un concetto trasversale per età e reddito, che rivela un nuovo modo di guardare al futuro. Così, il 74,4% ritiene importante trovare una destinazione più fruttuosa a lungo termine: il 79,5% investe i risparmi per garantirsi serenità nella vecchiaia, per la salute, o per il futuro dei propri figli e i nipoti, il 64,8% risponde di farlo per permettersi l’acquisto o la ristrutturazione della propria casa. È un risparmio che si fa solido, orientato alla costruzione e pianificazione di sogni futuri.
Lo storico sodalizio di ferro tra liquidità e protezione del capitale, da segnali di cedimento. Il biennio di iperinflazione appena concluso ha inciso sul valore reale del denaro, al punto che il 70,2% ritiene che il rendimento ottenibile dalla componente monetaria non sia più garanzia di sicurezza e, per questa ragione, il 54,7% dei risparmiatori riduce al minimo la liquidità e investe il resto. Questa tendenza ha dunque portato all’aumento dell’interesse per gli investimenti a più lungo termine: il 46,9% già investe in prodotti finanziari, mentre il 29,3% è intenzionato a farlo.
Ma in cosa investono gli italiani?
Gli strumenti tradizionali come Titoli di Stato (36,7%), Buoni postali (29%), Fondi comuni (28,7%) e Azioni (27,3%) rimangono popolari, ma cresce anche l’interesse per soluzioni più moderne come gli ETF soprattutto tra gli investitori più giovani: il 15,7% infatti risponde di trovarli interessanti rispetto al 5,9% delle persone più anziane.
Un tempo legati a un’ottica di brevissimo termine, gli investitori ora guardano con maggiore attenzione agli investimenti di lungo periodo: il 60% è pronto a impegnare capitali per almeno cinque anni, contro il 47,9% nel 2022.
Sembra, dunque, che gli italiani siano più propensi ad allungare l’orizzonte temporale, ma lo studio evidenzia anche dubbi e cautele. Questa nuova disponibilità, infatti, è condizionata da alcune richieste come la sicurezza degli strumenti finanziari (86%), la possibilità di riavere i soldi investiti prima della scadenza senza troppi vincoli (73%), vantaggi fiscali ottenibili (77,8%), bassi costi di gestione (75,2%), e pagamenti periodici come cedole o dividendi (65,1%).
Lo scenario descritto dal Rapporto, contribuisce anche a comprendere la modalità di approccio ai mercati, evidenziando come consulenza ed educazione finanziaria rimangono esigenze concrete per i risparmiatori. Il consulente finanziario si conferma come figura di riferimento, non solo per le scelte tecniche, ma anche per la formazione e il sostegno psicologico; il 29,2% investe con il supporto di un consulente e i rapporti sono spesso stabili (il 27,3% risponde di avere lo stesso da più di dieci anni), mentre il 23,6% dei risparmiatori investe tramite banca e il 18% lo fa da solo.
Quando si parla di informazione, è ancora il consulente la principale fonte per orientarsi in un mondo sempre più complesso, non sorprende quindi che il 39,6% degli italiani migliori la propria educazione finanziaria attraverso il proprio consulente, seguito poi da internet (32,5%) e dalla televisione o dalla radio (22,3%).
Una parte significativa del rapporto è dedicata al tema delle truffe che rappresentano un minaccia reale: il 59,5% degli italiani ha ricevuto pubblicità accattivanti di presunti investimenti online e oltre il 51% ha ricevuto contatti sospetti che chiedevano credenziali bancarie. Ma anche qui il pragmatismo fa la sua parte: l’81,9% diventa immediatamente cauto davanti a proposte che promettono rendimenti troppo alti o investimenti miracolosi.
Una prudenza che deve essere accompagnata da una maggiore educazione finanziaria, aspetto ancora sottovalutato dagli italiani poiché solo il 58,8% degli intervistati si dichiara disposto a investire tempo nell’acquisire competenze finanziarie, percentuale che però cambia notevolmente tra le generazioni: 62,5% e 63,7% rispettivamente per giovani e adulti, rispetto al 47% degli anziani.
Va tuttavia precisato che anche chi non vuole formarsi direttamente, spesso si affida a un esperto: il 68,6% degli “indifferenti” preferisce comunque avere un consulente finanziario.
In conclusione, il VI Rapporto ci illustra un’Italia più matura ma ancora in cammino per imparare a maneggiare il risparmio come strumento di costruzione del futuro, cioè capace di generare valore, non solo per se stessi, ma anche per il Paese. In questo contesto quindi “tutelare il risparmio degli italiani, motore dei sogni delle persone e di ogni possibile sviluppo socio-economico, è una priorità nazionale”.
Filippo Manuelli
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