
Inappellabile sentenza del tribunale interiore.
Siamo quindi giunti a considerare che solo la vita è in grado di considerare tutto agendo di conseguenza in modo coerente.
Tuttavia, per noi, benché inseriti nella vita, le cose sembrano andare diversamente.
Perché?
Per il semplice fatto che quando esaminiamo i fatti ci dimentichiamo che non stiamo osservando l’intero contesto vitale e quindi ci lasciamo sfuggire il senso profondo che si cela in essi.
Lo stesso facciamo ogni qualvolta emettiamo un giudizio (parola che ha la stessa radice di giustizia):
tanto più ignoriamo l’insieme delle cose tanto più facilmente emetteremo un giudizio ….. ingiusto però!
Per questo molto tempo fa qualcuno disse: “non giudicate per non essere giudicati!”
Infatti, a prescindere da qualsiasi altra speculazione, ogni volta che emetteremo un giudizio, renderemo palese il nostro grado di ignoranza fondamentale della realtà, finendo inevitabilmente nel ridicolo e nell’assurdo, convinti di essere nel giusto, ed attirandoci il giudizio conseguente attraverso i fatti, che ci smentiranno sempre.
Inesorabilmente!
Anche quando può apparire evidente che non possa che essere così, non inganniamoci ancora: il cerchio si chiude solo quando è il suo tempo. Fatti o processi non possono essere forzati senza provocare conseguenze imprevedibili nel loro sviluppo, ma prevedibilissime circa la loro inesorabilità.
E, che ci piaccia o no, manifestando senza possibilità di smentita che …
Sì! C’è giustizia nella vita!
Se tutto questo ancora non basta a farci comprendere bene, allora potremo fare appello ad altre informazioni che in ogni tempo, luogo, lingua e cultura non sono mai mancate. Eccone alcune tra le tante:
“Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”
“Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”.
“chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Volendo insistere, ma senza voler concludere così l’argomento, ricordiamoci di una frase di Dante, rivisitata dalla pratica saggezza popolare, che ammonisce perentoriamente:
chiunque, avendo avuto modo di porre rimedio al proprio comportamento e non lo abbia fatto per mille ragioni, almeno non se la prenda con altri quando risulterà evidente, in modo eclatante, che egli stesso si è procurato (direttamente o indirettamente) il danno conseguente.
Infatti:
chi è causa del suo mal, pianga se stesso!
Viene così ribadito, ancora una volta, il principio:
Sì! C’è giustizia nella vita!
… e non comporta alcuna colpa né punizione o sofferenza se non quella che noi stessi desideriamo imporci per ignoranza del funzionamento delle cose o per millantata intelligenza e caparbia volontà di affermazione personale a dispetto di ogni altra possibilità che ci è data.
Disegno e testo
Pietro Cartella