
Di Alessandro Mella
La Real Casa di Savoia, nel corso della sua storia millenaria, ha prodotto un patrimonio culturale, architettonico ed artistico di smisurate dimensioni. Gran parte d’Italia, in specie nel Nord Ovest, beneficia oggi dei lasciti della dinastia potendo, così, offrire un ricco panorama di possibilità al turismo tanto estero quanto di prossimità.
Una di queste ricchezze è indiscutibilmente il bel Castello di Sarre in Valle d’Aosta il quale, a prima vista, si mostra più come una dimora alpestre che non come un vero e proprio castello. Nondimeno questa residenza sabauda “di caccia” rappresenta un vero gioiello ricco di storia, memoria ed esposizioni di primissima levatura.
La struttura, tra l’altro, è facilmente visitabile grazie a guide appassionate ed attente e la conservazione dell’opera e delle sue raccolte è davvero notevole e lodevole.
Il nucleo originale della struttura ha origini medievali ed essa subì certamente numerose migliorie ed alterazioni nei secoli secondo l’utilità ed il gusto dei rispettivi momenti nonché in base agli scopi che l’edificio si propose nelle sue varie stagioni storiche.

Tuttavia, solo nel 1869 esso divenne pertinenza di Casa Savoia venendo acquistato per il patrimonio privato di Vittorio Emanuele II, il Re galantuomo e prode padre della Patria. Egli, infatti, amava moltissimo la caccia allo stambecco le cui riserve, pare un paradosso ma non è, furono indispensabili per garantire la conservazione della specie ed impedirne l’estinzione. E dunque necessitava di una residenza alpestre che potesse fungere da riferimento per le sue escursioni venatorie.
Su questo occorre aprire una parentesi. Non è mai peregrino cercare di comprendere i fatti storici secondo la sensibilità diffusa del periodo in cui essi si svolsero. Oggi la caccia è argomento di viva discussione e su di essa quella già citata “sensibilità” è molto mutata. A quel tempo essa era normalità consolidata, non solo tollerata ma anzi propiziata, insomma quasi nessuno la giudicava con la severità e le riserve con cui molti di noi, me compreso, oggi ci si approcciano. Per cui la scelta di una residenza di caccia non deve stupire od indignare. Va capita, collocata nel suo tempo, contestualizzata con sereno distacco. Senza questo passaggio molte parti della nostra storia nazionale resterebbero incomprensibili.
Tanto nella struttura che negli spazi interni e negli arredi, il castello venne rapidamente adattato ai tempi ed alle necessità del sovrano.

Ulteriori migliorie furono poi apportate per volontà del suo successore, il figlio Re Umberto I, che condivise con il padre la passione per la caccia in montagna. Non fu, tuttavia, particolarmente amata dalla Regina Margherita che gli preferì Gressoney ove fece edificare un’abitazione alpestre più in linea con il suo gusto e la sua sensibilità.
Minore interesse suscitò il Castello di Sarre in Vittorio Emanuele III e nella Regina Elena anche perché il primo praticò l’attività venatoria con minore entusiasmo dei suoi predecessori prediligendo, quindi, San Rossore, Racconigi ed altre tenute.
Tuttavia Sarre non dispiacque al Principe di Piemonte Umberto di Savoia (che nel 1946 lasciò l’Italia proprio sotto il nome di Conte di Sarre) ed alla Principesse Giovanna (poi sposa di Re Boris III di Bulgaria) e Mafalda (la cui drammatica sorte nei lager germanici è a tutti nota).
Ma fu con gli anni ’30 che Sarre ritrovò un breve ma rinnovato splendore grazie alla simpatia suscitata nell’animo della Principessa di Piemonte Maria Josè che vi soggiornò volentieri anche per assecondare la sua passione per l’alpinismo e gli sport montani in genere.
Fino al 1972 la residenza restò patrimonio privato di Casa Savoia e nel 1989, dopo vari passaggi, essa fu acquistata dalla Regione Valle d’Aosta che oggi ne ha fatto, appunto, un grazioso museo collocato su più piani.
Il restauro della struttura fu operazione titanica con il ricollocamento degli arredi originali, l’arricchimento delle collezioni, gli allestimenti e la creazione di un percorso museale ricco di molte piccole meraviglie.
Stupisce, infatti, la ricchezza delle già citate collezioni. Dipinti e ritratti incantevoli e di primissimo interesse, statue e bronzi di grande pregio, documenti ed autografi, busti e memoria della Real Casa distribuiti in ogni angolo del già citato percorso.

Con opere inconsuete, che si incontrano meno spesso nelle altre residenze sabaude, come il bel bronzo di Umberto I in visita ad un malato di colera, la raccolta di piccoli busti da scrivania di Re e Principi, il dipinto dei Savoia Aosta in omaggio al defunto Re Vittorio Emanuele II.
Ogni stanza rapisce, colpisce e stupisce. Può creare qualche umana incertezza quella dei trofei, arricchita da corna e cornetti di stambecco e camoscio disposti in decorazioni, ma su questa sala è doveroso tornare ai ragionamenti su cui già si è scritto poco sopra.
Piacevoli i giardini esterni ed il panorama che circonda il castello con le tipiche vedute valdostane.
Insomma, Sarre merita indubbiamente una visita soprattutto da parte dei cultori di storia sabauda proprio per le molte meraviglie che non ci si aspetterebbe di trovare in una residenza che, a torto, verrebbe da considerare secondaria.
Alla Regione Valle d’Aosta spetta un plauso per aver ridato vita ad un vero gioiello, ad uno scrigno di memoria ed arte. Un luogo da visitare, capire, amare ed anche, in un certo senso, ascoltare. Anche le pietre parlano a chi ha orecchie per sentirne i racconti.
Alessandro Mella
Fotografie dell’autore e di Karen Giacobino.
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