Di Alessandro Mella
Questa è una delle tante storie che emergono dal passato per raccontarci tempi difficili in cui la vita politica era tutt’altro che leggera.
Erano gli anni seguiti alla Grande Guerra e le tensioni politiche e sociali erano ormai alle stelle quasi alla stregua di una guerra civile strisciante e non palesemente espressa. Nelle piazze non mancavano le violenze e gli opposti estremismi si sembravano contendersi il primato della ferocia. Da un lato anarchici, repubblicani e socialisti contestatori della pubblica autorità e del sistema, dall’altro lo squadrismo fascista e le organizzazioni nazionaliste in contrapposizione. Nel mezzo i popolari ed i liberali che, faticosamente, tentavano di non farsi trascinare nel turbinio di violenza. Una bufera alimentata anche dalla difficile situazione economica postbellica, dalle promesse tradite, dal diffuso disagio dei reduci e delle masse popolari.
Il 20 settembre 1920, come abitudine per ricordare Porta Pia, il municipio di Settimo Milanese aveva esposto la bandiera tricolore sul balcone. Un gruppo di giovani agitatori, socialisti e comunisti, prese a dileggiarla e mancarle di rispetto finché, complice la passività della folla, un militante più focoso si arrampicò sul balcone per strapparla via e rubarla onde farne indegnamente un trofeo.
Il povero segretario comunale, anziano e male in arnese, si oppose alla meglio, ma non ebbe partita vinta. Fu a quel punto che una giovane maestrina, Luigia De Vecchi, uscì fuori per inseguire la marmaglia. Si riprese la bandiera ed il gruppo di facinorosi l’aggredì gettandola in terra e strappando il drappo dopo una vivace colluttazione. Lei si rialzò, lo riprese, corse in municipio dopo aver salvato la bandiera inseguita da quegli esagitati che, non paghi, devastarono gli uffici. (1)
Lei, indomabile ed ancora con il volto intriso del sangue delle ferite, salì sul balcone e rimise al suo posto la bandiera per quanto lacerata fosse dopo la zuffa. I Reali Carabinieri, frattanto allertati, riuscirono dopo qualche giorno a rintracciare sette agitatori di Trenno autori dell’aggressione. (2) Prodigandosi poi per segnalare al prefetto il coraggio dimostrato dalla giovane maestra. Il che spinse la prefettura ad inviare gli incartamenti a Roma per le dovute determinazioni ed infatti il Re Vittorio Emanuele III conferì alla giovane il meritato riconoscimento. (3)
Le fu assegnata una medaglia d’argento al valore militare e la notizia ebbe una certa eco sui giornali del suo tempo:
La medaglia d’argento al valore ad una signorina milanese. ROMA, 9 aprile: Con decreto reale in data 1° aprile 1921 è stata assegnata la medaglia d’argento al valor militare alla signorina Luigia De Vecchi da Settimo Milanese, con la seguente motivazione: «Vista una quarantina di operai socialisti strappare e dileggiare con parole e gesti triviali e oltraggiosi la bandiera nazionale, esposta in occasione del XX Settembre alla sede comunale, senza esitare, dando prova di elevati sentimenti patriottici e di non comune coraggio, rincorreva quei forsennati e impegnava con essi una viva colluttazione e riusciva a strappare loro la bandiera nazionale, che poi di corsa riportava al suo posto, e, agli insulti e alle minaccia di quei forsennati, rispondeva: «vigliacchi!», senza curarsi della maggior reazione a cui andava incontro da parte dei facinorosi, che, incoraggiati dalla passività degli spettatori, effettivamente manifestarono». (4)
Le cronache d’allora dicono che successivamente la Luigia fu più volte minacciata dai compagni degli aggressori, ma che, con il consueto coraggio, non si curò delle intimidazioni.
Andò avanti a testa alta consapevole di aver difeso la sacralità di un simbolo che rappresentava decenni di lotte per l’indipendenza e l’unità nazionali, il sacrificio di tanti caduti nella guerra appena finita, le speranze per il futuro e quel senso d’appartenenza che noi, oggi, abbiamo un po’ smarrito. E lei invece lo difese, in anni in cui nelle piazze si poteva morire per aver rivendicato un principio.
Ecco perché l’eroismo di Luigia De Vecchi onorò tutte le Donne ed il suo esempio merita di essere ricordato.
Alessandro Mella
NOTE
1) La Domenica del Corriere, 26, Anno XIII, 26 giugno – 3 luglio 1921, p. 4.
2) Il Corriere della Sera, 236, Anno XLV, 1° ottobre 1920, p. 4.
3) Gazzetta Ufficiale del Regno del Regno d’Italia, 266, 14 novembre 1921, p. 1344 e Ministero della Guerra, Bollettino Ufficiale, Dispensa 22, 8 aprile 1921, p. 1143.
4) La Gazzetta del Popolo, 86, Anno LXXIV, 10 aprile 1921, p. 3.
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