Di Alessandro Mella
Uscendo dalla stazione Termini di Roma e proseguendo verso via Terme di Diocleziano, in direzione piazza Esedra, è possibile scorgere un monumento di grande interesse e molto significativo per la storia italiana. Quello dedicato ai caduti che persero la vita nella battaglia di Dogali nel 1887.
Centinaia di soldati italiani, al comando del colonnello De Cristoforis, furono attaccati dagli abissini di Ras Alula ed in 413 persero la vita con pochissimi superstiti. Fu un disastro terribile che scosse profondamente lo spirito nazionale.
Per alcuni sembrò inopportuno innalzare un’opera per celebrare una sconfitta, un’imboscata vile e sanguinosa, ma prevalse il desiderio di ricordare le vittime di quella strage infelice:
Roma ai caduti d’Africa. All’annunzio del fatto memorando parvero rinnovati il miracolo delle Termopili e l’eroismo dei Fabii. Italia inorgoglì dei suoi figli, e volle ricordare in modo imperituro la giornata ed il nome della lotta tremenda in cui 400 giovani forti e coraggiosi, per onor di bandiera, caddero tutti invocando il nome della patria.
Sorse l’idea di un monumento solenne per ricordare i morti di Dogali c Sahati; Roma, interprete del sentimento nazionale, vuole scolpire quella lotta tremenda e gloriosa per l’esercito nostro e la data di essa sopra antica colonna romana. Bello e degno atto di riconoscenza anche il monumento ai caduti d’Africa che sorgerà nella Città eterna. (1)
Tra i critici vi fu, tra l’altro, il poeta Giosuè Carducci che declinò l’invito a partecipare alla realizzazione di una pubblicazione dedicata. (2)
In primissima fase il monumento fu collocato, opera dell’architetto Francesco Azzurri, proprio davanti alla stazione:
Splendidissima è riuscita l’inaugurazione del posticcio monumento ai caduti di Dogali e dico posticcio per la ragione che all’infuori del grande basamento e dell’obelisco, ambidue di granito, tutto il rimanente delle decorazioni è stato sinora costruito di stucco e cartapesta, appunto per far coincidere l’inaugurazione di tal monumento colla festa dello Statuto, rimandando poi – come sempre – alle calende greche la definitiva costruzione di esso in granito e muratura.
L’obelisco – quello medesimo trovato sei anni fa in alcuni scavi pratica nella piazzetta prospiciente la porticella della Chiesa in S. Maria sopra Minerva – troppo piccolo per la sterminata piazza della stazione (ora dei Cinquecento) posa sopra un altissimo basamento di granito con ai lati delle edicole portanti i nomi dei soldati morti nel disgraziato scontro di Dogali e delle are con sopravi corone; il tutto, di pretto stile egiziano, è stato eseguito su disegno dell’architetto comm. Azzurri, consigliere comunale, il quale è pure l’autore del simpatico teatro drammatico sulla Via Nazionale.
Domenica 6 corrente ebbe luogo l’inaugurazione alla presenza dei Reali di Savoia, delle notabilità tutte diplomatiche e di numerosissimi altri invitati, senza contare la moltitudine di popolo spicciolo accorsa colà per l’inaugurazione del monumento e per assistere alla rivista militare del presidio di Roma, passata da S. M. il re Umberto. (3)
Grande e commossa, al netto delle immancabili polemiche, fu comunque l’attenzione dei periodici del tempo:
Monumento Nazionale ai caduti di Dogali. Inaugurato con pompa straordinaria questa mattina sulla piazza della Stazione, piazza che d’ora in poi assumerà il nome di piazza dei Cinquecento. Ommetto pure di farvi la storia del monumento, come e dove sorse la generosa idea, perché ormai tutti i giornali della Penisola ne hanno diffusamente parlato e le sottoscrizioni aperte in tutta Italia per erigere un ricordo ai forti, fecero ovunque conoscere che Roma, auspice il suo municipio, aveva decretato di compiere essa il pietoso ufficio, ciò che Ella fece con cura di madre, con nobile e paziente zelo.
Re Umberto non poteva mancare alla patriottica funzione che ebbe luogo subito dopo la rassegna militare. Stupendo spettacolo offriva la vastissima piazza de’ Cinquecento, tutta occupata dalle diverse rappresentanze dei reggimenti che ebbero dei morti nelle memorande giornate del 25 e 26 Gennaio, dalle diverse associazioni d’Italia, dallo Stato Maggiore di S. M. il Re e dai gloriosi superstiti di Dogali e Saati (…).
Ad un cenno di S. M. cadono le tele che mal coprivano il monumento ed esso appare abbastanza riuscito avuto anche riguardo alla ristrettezza del tempo. La dedica è la seguente: AGLI EROI DI DOGALI XXVI GENNAIO 1887 V GIUGNO 1887.
Il sole avvolge ne’ suoi raggi il monolite che venne di terra africana, e i nomi dei prodi, il sole che nella tetra solitudine di Dogali assistette alla strage orrenda dei nostri, egli oggi insieme a quel manipolo di eroi assiste in Roma all’apoteosi di quel sacrificio sublime. E mentre tutto questo avveniva, mentre il Sindaco di Roma pronunciava poche parole di circostanza, io pensavo alle madri di quegli eroi, pensavo a’ nostri confinati laggiù sulle sponde dell’Eritrea e mi sentivo orgoglioso, fiero di esser italiano (…).
Molte corone furono deposte ai piedi dell’obelisco, due di bronzo, una di Roma, stupenda, e l’altra di Milano pure bella e parecchie altre di fiori freschi, fra cui una di Casale. (4)
Tuttavia, nel 1925, il monumento fu trasferito nei giardini che sorgevano nel viale Principessa di Piemonte.
L’8 maggio 1937, al tempo dell’anniversario della proclamazione dell’impero, il regime fascista volle completare l’opera ponendovi alla base un trofeo di preda bellica:
Il Leone di Giuda a Roma presso il monumento ai Caduti di Dogali. Roma 6 aprile. Sono stati iniziati i lavori per togliere dalla base del monumento ai Caduti di Dogali in piazza dei Cinquecento, l’ornamentale ara marmorea il cui posto sarà preso il 21 prossimo dal Leone di Giuda che venne tempo fa da Addis Abeba e che sarà collocato alla base dell’Obelisco sul primo gradino adeguatamente sistemato. (5)
Stasera alle 21.50 in Piazza dei Cinquecento, ai piedi del monumento che ricorda i Caduti di Dogali, con una suggestiva e austera cerimonia alla presenza di molta folla, è stato scoperto il Leone di Giuda che adornava il monumento di Addis Abeba e che dopo la conquista dell’Etiopia è stato portato a Roma. (6)
Il famoso «leone di Giuda» che figurava nella piazza della stazione di Addis Abeba, verrà sistemato col 21 aprile prossimo alla base del monumento ai Caduti di Dogali in Roma nella piazza dei Cinquecento (…). Esulteranno le anime – simboleggiate dal monumento romano – di quei cinquecento soldati che sul colle arido e grigio di Dogali, mentre la immane turba selvaggia degli abissini scatenati ed urlanti, sitibondi di sangue, saliva inesorabile per stringerli nella morsa fatale, sentivano di rappresentare essi soli, la Patria immortale, di essere in quel momento le sentinelle avanzate dell’Italia e che il loro sacrificio sarebbe diventato arma e bandiera per la riconquista futura. Sentirono insomma, come scrisse Oriani in pagine che non morranno, quarant’anni or sono nell’epoca del loro martirio, che «non bastava morire, poiché la morte era inevitabile, ma bisognava morire con la impassibilità di un orgoglio nel quale la morte non è più una sconfitta (…)». (7)
Una vera umiliazione, a danno degli etiopi, che solo molti anni dopo la caduta del regime troverà parziale riparazione con la restituzione dell’opera ai legittimi proprietari:
Per dimostrare la nostra buona volontà, nell’aprile dell’anno scorso il nostro ambasciatore ad Addis Abeba consegnò in forma solenne al sindaco di quella capitale il «Leone di Giuda», finito in un deposito di Roma dopo essere stato tolto dalla stele per i caduti di Dogali subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. (8)
Oggi il monumento ai caduti di Dogali sorge ancora a Roma, nell’odierno viale Luigi Einaudi, per ricordare i martiri di quell’avventura sfortunata. Ma, come sempre accade in Italia, esso è usato quasi più come bivacco dai girovaghi che per il suo scopo originale. Tuttavia, la memoria di quei soldati, di quei valorosi, non si perderà mai del tutto malgrado il disamore delle istituzioni e di troppi italiani per questi simboli di un passato su cui si potrebbe discutere a lungo, ma che, comunque, ci appartiene.
Alessandro Mella
NOTE
1) Gazzetta d’Alba, 16, Anno VI, 26 febbraio 1887, p. 3.
2) La Bollente, 18, Anno I, 24 maggio 1887. P. 1.
3) Biella Cattolica, 1, Anno XV, 18 giugno 1887, p. 2.
4) La Gazzetta d’Acqui, 24, Anno XVII, 11 giugno 1887, p. 2.
5) Corriere della Sera, 83, Anno LXII, 7 aprile 1937, p. 5.
6) Corriere della Sera, 110, Anno LXII, 9 maggio 1937, p. 7.
7) Il Popolo Biellese,29, Anno XVI, 12 aprile 1937, p. 1.
8) La Stampa, 241, Anno CIV, 8 novembre 1970, p. 1.
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