Considerazioni tratte dai libri di Federico Faggin
“…Chiesi a Gary Lynch – (uno psicologo diventato scienziato, ndr) – di spiegarmi come l’attività elettrica nel cervello potesse manifestarsi sottoforma di sensazioni e sentimenti, visto che le due non potevano essere la stessa cosa…”
Con queste parole di Federico Faggin, tratte dal suo libro “Silicio – Mondadori 2019”, l’Autore affronta senza mezzi termini il cuore della questione e non si accontenta della risposta di Lynch, il quale comprendendo che si stia parlando della coscienza risponde: “Oh, non preoccuparti. La coscienza è ovviamente qualcosa che avviene nel cervello, e che un giorno capiremo”.
Paradossalmente il problema della coscienza venne affrontato da Faggin quando iniziò a studiare l’Intelligenza Artificiale allo scopo di rendere i PC sempre più simili all’uomo.
Tuttavia lo Scienziato si accorse che il passaggio critico, segnale elettrico- sensazione consapevole, che in altre parole avrebbe potuto tradursi come segnale elettrico – consapevolezza, avrebbe potuto essere applicato anche a macchine di sufficiente complessità.
Ovviamente se ammettessimo che la consapevolezza possa emergere dal cervello (biologico), dovremmo concludere che anche una macchina, sufficientemente complessa, quindi in grado di elaborare informazioni, potrebbe essere cosciente, almeno in linea di principio.
Questa, in estrema sintesi, fu il cuore della “questione centrale” del pensiero di Faggin.
Lo Scienziato nei suoi testi e in molte conferenze propone l’esempio della rosa, sottolineando che il suo profumo può essere percepito sia da un PC che da un essere vivente. Tuttavia la differenza fondamentale è che una macchina pur potendo riconoscere una rosa dal suo profumo, grazie a strumenti di analisi e recettori per determinate molecole, non è il grado di “sentire” nulla.
Una macchina è sicuramente in grado di rispondere ad un segnale, come quello generato da una sostanza chimica, ma non sarà mai in grado di trasformare questo segnale in Esperienza cosciente.
Riporto le Sue parole: “Il computer che riconosce la rosa, riconosce meccanicamente soltanto la configurazione dei segnali elettrici generati dai sensori delle molecole odorifere emesse dalla rosa (segnali chimici). Il computer non è cosciente del suo profumo, anche se può rispondere in vari modi al simbolo (rosa) che ha riconosciuto…”
Faggin solleva il velo su un aspetto della nostra realtà che non viene, secondo molti, volutamente affrontato, perché implicherebbe delle considerazioni che potrebbero incrinare, mettere in discussione, se non addirittura inficiare, quell’idea di moderno Transumanesimo, che è tanto cara a certi intellettuali.
Ricordiamo che il termine “Transumanesimo”, inteso modernamente da Robin Hanson come una evoluzione culturale e fisica basata sulle nuove tecnologie, porta inevitabilmente ad una immagine distopica di “Esseri” sempre meno umani.
In origine il termine coniato nel 1949 da Pierre Teilhard de Chardin e ripreso da da Julian Huxley nel 1957, così definiva il Transumanesimo: «l’uomo che rimane umano, ma che trascende sé stesso, realizzando le nuove potenzialità della sua natura umana, per la sua natura umana», collocandolo in uno scenario di emancipazione dell’umanità in cui quest’ultima assume consapevolmente il compito di guidare il generale processo evolutivo. (Fonte Wikipedia).
Tornando al problema della coscienza, Faggin, la definisce come “lo spazio in cui avviene la conversione dalla realtà materiale alla realtà interiore dei qualia che sono portatori di significato”.
Concetto molto difficile da visualizzare, che comporta l’idea di un dentro e un fuori di noi stessi, ove avviene il passaggio delle sensazioni (qualia) provenienti da una base materiale, che noi percepiamo a livello di coscienza.
Successivamente vedremo come questo “passaggio” sia un vero e proprio “salto” di paradigma che comporta l’assunzione di un pensiero non lineare, un passaggio, per certi aspetti, simile a quello che ci obbliga ad abbandonare gli schemi della fisica classica per assumere i modelli della fisica quantistica.
In un altro passaggio del libro “Silicio” leggiamo: “… E se esiste un “movimento” fondamentale dall’esterno all’interno, perché non potrebbe esistere anche un movimento che va dall’interno all’esterno?…”
La domanda che, forse, potrebbe anche essere interpretata come il passaggio inverso dalla coscienza alla materia, potrebbe avere una risposta positiva, ma proprio per le caratteristiche implicite della nostra coscienza, sarebbe un’esperienza incomunicabile agli altri.
“La mia esperienza interiore non può essere osservata dall’esterno. Non è condivisibile! Posso conoscere i veri sentimenti di un’altra persona solo se questa me li rivela. Però in questo caso, la mia conoscenza non può essere sicura, perché la persona in questione potrebbe sbagliarsi o mentire. Qualsiasi misura esterna può rivelare solo correlazioni fisiche della coscienza, ma non ciò che prova il soggetto. I qualia, che sono i portatori di significato, non sono visibili in alcun modo.” (Silicio).
Se ne dedurrebbe che il mondo (lo spazio) interiore di ciascuno di noi sia completamente isolato da quello degli altri esseri, e non sarebbe quindi possibile una completa condivisione dei contenuti intimi dei singoli nella realtà del mondo esteriore.
In questa visione viene rappresentata una realtà divisa in un dentro e un fuori di noi stessi, immagine che spalanca la visione a nuovissimi scenari tutti da scoprire.
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