
Il barone rampante: una favola storico-filosofica
Quest’anno Calvino compirebbe centodue anni, un’età ragguardevole e che oggi solo pochi hanno la fortuna di raggiungere sani di mente e senza un fisico troppo acciaccato. Ma un traguardo che nel giro di qualche decennio penso non sarà poi così straordinario, se penso che un genetista come Edoardo Boncinelli già nel 2010 aveva pubblicato il suo libro Lettera a un bambino che vivrà cent’anni. Ma con la velocità che contraddistingue la nostra epoca, chissà, forse basterà meno tempo o a breve il concetto stesso di vita assumerà un nuovo significato. Difficile a dirsi soprattutto per i diversamente-giovani come me che assistono a cambiamenti mirabolanti in ogni senso e in ogni campo, spesso non riuscendo a comprenderli come vorrebbero. Tuttavia forse c’è un’un’applicazione, per usare un linguaggio informatico (teniamoci al passo con i tempi, è meglio) naturalmente connessa con la vecchiaia che può tornare utile; vale a dire la presbiopia, che per l’occasione applicherei anche agli occhi della mente, non solo a quelli che ci servono per leggere le ricette del medico. Grazie, si fa per dire, a questa app vediamo meglio da lontano ed abbiamo bisogno degli occhiali per vedere bene da vicino. Può darsi che fin da bambino Cosimo Piovasco di Rondò, il protagonista del Barone rampante di Calvino, soffrisse di presbiopia, diciamo così, “mentale”. Se infatti è vero che il dodicenne Cosimo, non ancora barone ( lo diventerà alla morte del padre) sale su un albero a causa di un litigio per un piatto di lumache, è altrettanto vero che manterrà la promessa fatta al padre: “Ti farò vedere io appena scendi!” lo minaccia il barone. “E io non scenderò più!” risponde Cosimo. “E mantenne la parola.”
Comincia così la storia del Barone rampante, il secondo romanzo della trilogia cosiddetta “fantastica” di Calvino: Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente. Un libro che, al pari di molti altri classici, si può leggere a vari livelli; da bambini è una strana favola che racconta di un ragazzino ribelle e deciso a non mangiare le lumache che i suoi insistono a mettergli nel piatto, tanto determinato nel suo proposito che passerà davvero tutta la sua vita sugli alberi, attraverso mille avventure che lo porteranno agli incontri più strani ed inaspettati; da adulti diventa la storia di un uomo che, pur rimanendo sempre coerente con se stesso, vivrà la vita del suo secolo, il Settecento, incontrando Napoleone e scambiandosi lettere con Voltaire. Il tutto, sempre dai rami di un albero. E se dalla storia vogliamo passare alla filosofia, possiamo addentrarci in qualche considerazione gnoseologica ed etica: da lontano, (forse anche un riferimento all’esperienza che porta con sé la vita vissuta?) spesso le cose si capiscono meglio. La mediazione spaziale e temporale aiuta (o almeno può aiutare) a comprendere meglio gli accadimenti, a coglierne il senso più autentico, forse anche a trarne insegnamento. Ecco come una favola per bambini può diventare motivo di riflessione profonda per un adulto, può indicare una strada per il perfezionamento di sé.
La distanza dal contingente può diventare una lente per ingrandirlo e mostrarlo al meglio nella sua essenza. Dunque, di fronte ad un mondo che spesso non capisco più e in cui sembra possibile tutto e il contrario di tutto, Cosimo Piovasco di Rondò può aiutare me e tutti coloro che assistono smarriti all’ inarrestabile disgregazione di ogni principio di democrazia ( almeno a mio avviso), alla fuga dal voto, per il quale solo l’altro ieri le suffragette si sono battute ed hanno subito violenze ed umiliazioni, in cui l’ignoranza e la supponenza, sua inevitabile conseguenza, sono considerati valori di cui vantarsi, in cui, anche davanti alle parole degli ultimi sopravvissuti ai campi di sterminio, c’è chi nega l’esistenza dei forni crematori e delle leggi razziali? Forse sì. Forse sarebbe il caso di allontanarsi un po’ dal contingente, di ragionare alzando lo sguardo verso l’alto, di allontanarsi almeno per un po’ dalla cronaca e di cercare, nel mare magnum della disinformazione e della manipolazione, le voci autorevoli ed oneste che per fortuna esistono ancora; forse sarebbe ora di smetterla di cedere alla mania del complotto ad ogni costo e di riprendere ad usare buon senso e misura nell’analisi dei fatti.
Certo non è una strada facile, perché implica lo sforzo di dirigersi verso quell’autonomia di giudizio che dovrebbe essere il traguardo a cui ogni uomo libero dovrebbe tendere; sforzo che si declina attraverso la fatica della verifica delle fonti, di letture che hanno già passato il vaglio dei secoli e ci propongono ancora messaggi autorevoli e validi o in qualsiasi altro modo la personalità di ognuno intenda arrivare alla meta, sempre tenendo conto che senza impegno, fatica e determinazione saremo purtroppo probabilmente preda di chi ha seguito un corsetto di un anno o due, ha letto qualche manualetto di poco conto e si presenta come esperto; anzi, il più delle volte come portatore di assolute verità rivelate, assumendo atteggiamenti ridicolmente pieni di commiserazione verso chi ha dedicato tutta una vita a studi seri e di comprovata validità. Chissà, forse “salire su un albero”, come ha fatto Cosimo Piovasco di Rondò, forse può aiutare chi è smarrito a raggiungere, attraverso la mediazione della distanza spazio-temporale, quella calma interiore che a mio avviso è presupposto imprescindibile per non venire fagocitati dalla manipolazione, a mio avviso, oggi dominante ad ogni livello.