Drogati e teletrasportati in mondi virtuali dalle nuove piattaforme streaming. La nuova manipolazione mediatica
“L’inquinamento dell’ambiente è sempre preceduto da un inquinamento del pensiero mistico e razionale” (Papa Francesco)
L’espressione Binge-watching risale al 2013, data in cui Netflix ha iniziato a offrire intere stagioni di serie tv senza interruzione di continuità. Binge-watching significa “guardare senza sosta” e indica quello stato di vera e propria dipendenza dalle serie tv, che rapisce lo spettatore e lo inchioda al monitor. Il comportamento è stato oggetto di studio già dai primi anni del XXI secolo e descriveva il fenomeno come un approdo delle emozioni da parte di persone in cerca di un rifugio da una quotidianità sempre più vuota e deprimente, che genera sensi di ansia, depressione, insicurezza, solitudine, e di tanti turbamenti negativi della nostra era.
Chi cade nel vortice del binge watching può sprofondare in una vera e propria tossicomania emotiva che, nel caso di alcune serie tv più durature, diventa pressoché incontrollabile. In molti casi, la fine di una serie che è penetrata nella sfera emotiva, può causare diversi livelli di frustrazione e di vuoto.
Solo l’inizio di una nuova serie può costituire l’antidoto al distacco con le storie di personaggi che si erano materializzati come veri compagni quotidiani in una pseudo realtà solo in apparenza antidepressiva. Il fenomeno si sposta spesso sui social, per essere i primi a commentare on-line, sui forum o le community tematiche, le puntate della serie appena finita di vedere. Quando diventa fuori controllo si è afflitti da “Fear Of Missing Out”, il panico di essere esclusi dalle ciber-relazioni.
Nell’acronimo IAD sono riassunti i disturbi psichici causati dalla overdose di Internet e da varie dipendenze che vanno dal sesso virtuale al patologico gioco d’azzardo, alla bulimia di informazioni che eccita l’aggressività intellettuale, e anche il “gaming disorder”, la dipendenza da app e videogiochi che arrivano a interferire con la vita reale, fino a creare uno stato di isolamento noto come sindrome di Hikikomeri.
Queste e altre le trappole per i viaggiatori del monitor, ipnotizzati da un’offerta diversificata, in grado di appagare con costi limitati i sogni reconditi del maggior numero di utenti. È solo un fenomeno di costume legato ai nostri tempi “artificiali” o dietro al business economico c’è dell’altro?
Oggi il dato è ufficiale: Netflix crea dipendenza, portando a seguire serie tv o film in streaming fino a +10 ore al giorno. Nel 2018 un indiano di 23 anni è stato il primo ricoverato per depurarsi da Netflix, ma l’iper-connessione è solo un disturbo psichico o una nuova arma di distrazione di massa e controllo mediatico?
Chi non rifugge le ipotesi di complotti, ma coltiva il dubbio e innesca la curiosità, ha intuito che la manipolazione mediatica, già svelata da Noam Comsky nelle 10 regole per il controllo della mente, oggi non è più sufficiente al progetto neoliberista che finora ha pilotato il pensiero a livello globale.
Gli “illuminati”, le monarchie “nere” e la summa del Nuovo Ordine Mondiale che oggi non si sta nascondendo più, stanno vacillando sotto il nuovo pluralismo geopolitico degli Stati affiliati alla BRICS. Un nuovo modello socio ideologico si sta affacciando al mondo e il ruolo delle propagande mediatiche è sempre più un’arma risolutiva per pilotare il pensiero di massa. Uno scenario etico, economico e globale che contrappone da sempre una severa cultura auto-centrica ortodossa e russa, all’ingordo liberismo e consumismo occidentale. Argomento molto vasto e riportato in causa da Vladimir Putin soprattutto nelle prime fasi della recente guerra in Ucraina.
Per mantenere il monopolio nel settore, gli anticristo hollywoodiani hanno globalizzato la produzione, così da soddisfare i clienti sparsi per il mondo con fiction “regionali”, ma sempre ispirate ai modelli americani. Infine, la corsa alla scoperta dei codici di accesso alle serie tv più spinte e “nascoste” di Netflix & C. striscia sul Web in ogni lingua. A chi giova tutto questo?
Di certo, Google e quei motori di ricerca che succhiano abitudini e dati, ne ricavano il dettagliato profilo di ognuno di noi, quindi l’IA provvederà a confezionare altre peripezie mirate, creando nuovi eroi.
L’obiettivo è carpire e depistare le menti dalle verità scomode, annichilire le tradizioni, il pensiero mistico, la fede, la sessualità innata e naturale, plagiando folle di utenti attraverso prolungate trame estreme, creando insicurezza, nuove paure, sensi di vuoto e tutta una serie di illusioni che la realtà virtuale alimenta, anziché affievolire. Corruzioni culturali ed etiche attribuite a un Occidente traviato e decadente, denunciate dall’ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, all’inizio dell’attuale guerra in Ucraina.
La piattaforma Netflix, nata in California nel 1997 da una fortunata idea di Reed Hasting & Mark Randolph, di certo ha avuto una forte influenza nell’agire quotidiano e nel tempo del lockdown ha avuto un’impennata repentina, aumentando di 16 milioni il numero delle adesioni. Dunque, i due padri fondatori ne hanno avuto un ulteriore tornaconto, ma a rimorchio ne consegue un fenomeno più subdolo e aggiunto.
Gli innumerevoli titoli prodotti dagli algoritmi di Netflix, Now, Sky, & company, sfornano cartoni, gialli, serie horror, vampiriche, sataniche, erotiche, e vicende d’ogni genere che, in apparenza, offrono uno stacco da una quotidianità opprimente per grandi e piccini, mentre in realtà, fanno scuola, ispirate alle peggiori banalità di un mondo per lo più ingiusto, infelice e competitivo. Il nuovo regista è l’intelligenza artificiale; IA che sforna intrecci di vicende scontate quanto gradite, costruite per insinuare il sottile senso dell’attesa, tanto in un thriller come in uno psicodramma, un fantasy, una commedia sentimentale.
“Il diavolo si nasconde nei dettagli” (Paulo Coelho)
La nuova arte dello spettacolo sforna valanghe di prodotti dozzinali, uno per ogni preferenza, faro dei nostri tempi digitali. Roba semplice che annulla il senso critico e influenza la sfera emotiva, risucchiando le menti in un mondo sempre più livellato e artefice di sé stesso, dove ci si ritrova figuranti marginali, ma in cui se non si è dentro, si è fuori e soli.
I protagonisti, belli, arrivisti e spietati, anche nelle serie più moderate sono pervasi da un dilagante “mito del superuomo” che istiga l’ancestrale volontà di successo e ne giustifica ogni azione che prevarica la moralità. Cattivi esempi, ma intrisi di fascino per chi non padroneggia il messaggio negativo. “Dio è morto” è un ulteriore rimando a Nietzsche e alla perdita della fede, sempre più spodestata dall’arrivismo del singolo, non importa come. Niente di nuovo sulla pelle del mondo, la crudeltà latente è l’essenza del peccato originale; che differenza c’è tra certi killer e la questione tra Caino e Abele?
Nel binge-watching confluiscono gli estremi storici dei limiti umani; cibernetico campo di battaglia tra il bene ascetico e il ale satanico che manifesta se stesso. La dipendenza compulsiva da serie tv ha spodestato la poesia, le liturgie, le icone sacre, gli sceneggiati in bianco e nero tratti da romanzi classici? Forse non è bestemmia ipotizzare che sono tutti metodi di propaganda divulgati da un potere temporale padre, figlio & spirito della propria epoca e della evoluzione dell’umanità. Quale sarà la prossima fiction sul nuovo Re del Mondo?
“L’inarrestabile sviluppo dell’Intelligenza Artificiale potrebbe rappresentare la fine della razza umana” (Steven Hawking)