
Immagine creata con DALL-E di OpenAI
Sabato della pace con 56 guerre nel mondo
Per riaffermare la necessità di una convivenza pacifica tra popoli, un dialogo sereno e positivo tra quanti sono portatori di valori, culture e religioni diversi, con Legge del 2005 il Parlamento italiano ha istituito la “Giornata della pace, della fraternità e del dialogo”: una solennità civile “da celebrarsi con cerimonie, iniziative, incontri, in particolare nelle scuole di ogni ordine e grado” il 4 ottobre, giorno in cui la Chiesa festeggia San Francesco d’Assisi, proclamato patrono d’Italia nel 1939 da papa Pio XII. In merito, si è fatto molto poco e molto scarse sono state le notizie relative a queste celebrazioni, che avrebbero dovuto richiamare alla attenzione soprattutto dei giovani l’intollerabile clima di guerra pervasiva ormai dominante.
Il Global peace index, pubblicato a giugno scorso dall’Institute for Economics & Peace, un think tank globale ed ente di beneficenza con sede a Sydney in Australia, riporta che nel mondo sono attivi 56 conflitti: è il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per quelli che ci riguardano più da vicino, il giorno 4 0ttobre appena trascorso la Redazione Online del Corriere della Sera ha riportato notizie aberranti:
- Questa settimana l’esercito ucraino ha perso più di 16.600 uomini negli scontri con le forze di Mosca in tutte le zone del fronte: lo riporta la Tass.
- È salito ad almeno 41.802 morti e 96.844 feriti il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra: lo riferisce il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas.
Sono cifre impressionanti d’una strage immensa, che vede vittime moltiplicarsi ogni giorno, attestate dal continuo succedersi di bollettini di guerra ormai in tempo reale, per la diffusione tempestiva delle novità sui social e via internet dai mezzi di informazione. La ridondanza delle comunicazioni tende ad assumere caratteristiche irritanti e limita la presa d’atto dei tragici eventi, impossibili da cancellare solo passando ad altra videata sui piccoli e grandi schermi. Questi atti di “evitamento”, che ci accomunano agli struzzi i quali, come si dice, nascondono la testa sottoterra per non vedere il pericolo, rendono palese la esistenza di problemi drammatici, che nessuno da solo può risolvere.
È ormai prossima al terzo anno di scontri e si prospetta come ancora lunga la guerra tra Russia e Ucraina, nei cui confronti pare scemato il supporto logistico occidentale. Israele, nel frattempo, Paese già accusato di genocidio per le violenze sulla Striscia di Gaza, continua imperterrito la sua tremenda azione militare, deciso a risolvere così la questione palestinese in modo definitivo. Focolai di scontri armati, intanto, si registrano in varie parti del Medio Oriente e c’è il rischio concreto di una escalation verso una guerra globale. Il clima è preoccupante e sempre più insistenti arrivano pertanto i richiami per porre fine ai conflitti che infiammano l’Ucraina, Gaza con tutto il Middle east e tante altre parti della nostra Terra.
Nel “sabato di pace” del 26 ottobre appena trascorso – lo riporta ansa.it/sito/notizie/cronaca – 400 associazioni, da Rete per la pace e il disarmo a Europe for peace, hanno promosso la mobilitazione nazionale “Fermiamo le guerre, il tempo della pace è ora”. Ci sono stati cortei con migliaia di partecipanti nelle principali città della penisola e a Roma si è visto uno stendardo con la scritta: “Siamo ebrei e palestinesi siamo russi e ucraìni – l’umanità non ha confini”.
Giuseppe Satriano, ha usato parole consone al suo ruolo di Arcivescovo di Bari-Bitonto: il popolo della pace non è un popolo di illusi, ma di indignati e bisogna essere audaci nel promuovere la speranza che la diplomazia ritrovi la strada del confronto, del diritto e della riconciliazione. Gianni Rodari, con parole semplici che ne enfatizzano la portata, ha consegnato alle stampe nel 1955 una filastrocca, attuale allora come adesso: “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra”.
Si vales, vàleo