Il re è morto, viva il re!
È di stretta attualità la notizia della morte di una nota figura dello scenario imprenditoriale e politico italiano. Senza entrare nei meriti e demeriti dell’anzidetto personaggio, che non è la mira a cui volge quest’articolo, non si può evitare di rimarcare il consueto sfoggio di elogi funebri di varia provenienza, tenore e forma. Anche chi era palesemente in opposizione od antagonismo con la figura scomparsa, si mostra ora con parole di elogio o compassione.
Non che questo sia di per sé singolare, nella nostra cultura attuale ciò avviene regolarmente. Nell’osservare questo atteggiamento da copione teatrale, sorge tuttavia impellente una domanda: «Come mai, di fronte all’episodio del trapasso, l’essere umano moderno sente il dovere di esprimersi in lodi ed elogi del “de cuius”, completamente incurante delle caratteristiche degli atti realmente compiuti in vita dallo stesso?».
Certamente le risposte possono essere molteplici. Tutte possono essere ricondotte, tuttavia, ad un fatto predominante: la paura di morire.
Nella nostra cultura occidentale non si viene educati ad un rapporto sano con la morte. Nonostante sia nostra inseparabile compagna di cammino, essa viene sistematicamente tenuta a distanza, non se ne deve parlare, non deve mai comparire all’orizzonte; semplicemente si deve vivere, pensare ed agire come se non ci fosse. La si deve ignorare!
Con l’avanzare del processo d’individualizzazione della coscienza nel corso dei secoli, l’essere umano ha collocato vieppiù se stesso al centro dell’Universo. Qualsiasi cosa viene analizzata partendo dalla posizione centrale del proprio punto d’osservazione; a titolo meramente esemplificativo, non si dice infatti comunemente, da una evidente prospettiva geocentrica, che il sole gira attorno alla terra? Che esso sorge e tramonta ogni giorno? Quando invece è evidente come sia la terra a compiere la sua rivoluzione attorno al sole?
In tal modo diventa consolidato l’atteggiamento comune di sentirsi al centro di tutto, in potere e dovere di compiere un qualsivoglia tipo d’azione, col fine unico di soddisfare un qualche tipo di esigenza, vantaggio o sicurezza personale, senza badare alle conseguenze di quell’azione e senza preoccuparsi di collocarla all’interno di un contesto più ampio, nel quale arrivare a darle un senso più condiviso.
Questo atteggiamento è comune alla maggior parte degli esseri umani, tuttavia è più rimarchevole in coloro i cui atti mirano a conseguire una qualche forma di potere, fama o ricchezza in misura superiore al necessario richiesto da una vita decorosa.
Alcuni individui tendono ad accentrare ed accumulare enormi risorse per se stessi, facendole così mancare ad altri.
Vengono a crearsi in tal modo i profondi squilibri sociali e materiali a cui si è sovente assistito nella storia dell’umanità e che nei tempi recenti appaiono più preponderanti senza le consuete maschere.
In un parossismo di superbia, ignoranza e paura, si fonda la propria potenza sulla tecnologia, sul possesso materiale e sull’inganno.
Per mezzo di intrighi, nefandezze e menzogne di ogni sorta da parte di chi si dichiara interessato al benessere comune, si persegue l’unico desiderio di dominare il mondo senza tener contro dei disegni dell’Intelligenza cosmica e delle forze oscure con cui si ha a che fare, che così facendo vengono smosse negli strati dell’atmosfera fisica e psichica e che prima o poi si scatenano contro coloro stessi che le hanno provocate.
Finché lo scopo sarà quello di dominare altre persone o altri paesi, al punto da inviare oggetti impregnati di emanazioni nocive e distruttive, per crear danno o far morire la gente, si continuerà a sguazzare nella natura inferiore, distruttiva, sub-umana.
La storia è piena di quest’individui che, sentendosi come immortali ed agendo di conseguenza, si sono adoprati in ogni sorta di azioni squilibrate, malvage o quantomeno di dubbia etica.
Ebbene, che ne è stato di loro? Che ne è delle imprese di Alessandro Magno, Qin Shi Huangdi, Gengis Khan, Tamerlano, Attila, Napoleone, Hitler o Stalin, giusto per menzionarne alcuni? Quanto è stato breve il loro trionfo! Sono tutti inevitabilmente scomparsi, perché nessuna forza della natura inferiore può eludere la caducità del corpo biologico.
La situazione al giorno d’oggi non è certo cambiata. Tra gli esseri umani impera lo stesso identico tipo di ignoranza dei reali processi che sottintendono alla vita, di cui la morte è parte integrante. Il personaggio indicato all’inizio, di cui si celebra attualmente la dipartita, non ha certo costituito un’eccezione in questo senso, così come non la costituiscono coloro che in questo momento ne esprimono il cordoglio.
Finché l’essere umano non prende coscienza della sua limitatezza e non riconosce l’esistenza di forze e d’intelligenze superiori, con le quali deve armonizzarsi e non impara a condurre un’esistenza coerente con questa consapevolezza, non sarà in grado di recuperare quella dignità che gli spetta in qualità di essere microcosmico, compendio delle forze che animano l’Universo.
“Sic transit gloria mundi”, così passa la gloria del mondo, viene ripetuto per tre volte dal cerimoniere al pontefice neoeletto, a imperituro monito della transitorietà del potere temporale e del carattere effimero delle cose terrene.
Nessuno è indispensabile e nessuno è eterno. Non pensino, pertanto, gli esseri umani in generale ed in particolare coloro che attualmente svolgono mansioni di gestione della “res publica” o ne hanno svolte in passato, di avere una minima possibilità di sfuggire a questa legge.
Il tempo viene per tutti e quanto maggiori sono state le iniquità compiute in vita, tanto più grande sarà il peso che graverà sull’anima, quando il giorno dei giorni ci chiamerà al suo cospetto.
luca rosso
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