Nella vita degli esseri umani il tempo è solo un attimo, l’esistenza un continuo fluire, la ragione una tremolante candela notturna, il corpo è cibo per i vermi, l’anima una corrente inquieta, il destino è oscuro e la fama incerta.
Ognuno gioisce per ragioni diverse. Io sono lieto quando il mio orientamento interiore funziona bene e non si allontana dalle persone e dalle loro azioni, ma osserva ogni cosa con benevolenza, la accetta e la usa conformemente al suo valore.
Di sicuro esiste una forza segreta, nascosta in profondità dentro di noi, che governa i nostri impulsi. È da lì che proviene quella voce persuasiva, lì si trova il seme della vita, l’essenza vera dell’essere umano. Desidero vivere secondo il tuo grande e saggio esempio e sentirmi unito al piano della creazione.
Queste tre osservazioni di un imperatore-filosofo romano del secondo secolo sono sagge e potenti. Ma prima di riuscire a orientare la propria bussola interiore al seme della vita, al proprio essere interiore, è necessario sondare profondamente la relatività e la caducità di tutte le cose terrene, incluso il proprio io.
A questo proposito, le lettere di Marco Aurelio, con i suoi esempi di vita reale, ci guidano a una rinnovata riflessione sulla vita. Egli riflette sulla relatività, sulla fugacità e sulla caducità di tutte le cose terrene, sulla necessità di una natura eternamente uguale e sul processo di sviluppo dell’umanità. Sono questi alcuni temi a cui lo stoico imperatore-filosofo dedicò le sue speculazioni nel corso di una vita piuttosto movimentata.
Marco Aurelio visse dal 121 al 180 d.C. Sebbene non lo desiderasse, nel 161 salì al trono dell’immenso impero romano. Secondo i parametri di quei tempi, era un vero impero globale, in cui gli aspetti sociali e culturali avevano raggiunto valori molto elevati. La nobiltà viveva in ville lussuose e in tutto l’impero, nonché a Roma, sorgevano prestigiosi edifici monumentali, costruiti secondo geniali progetti artistici.
Tutto il territorio era collegato da una fitta rete di strade ed era provvisto di ingegnose costruzioni, ad esempio acquedotti, spesso in comunicazione con grandi mulini ad acqua per la macina del grano. In Siria, alcuni di questi mulini sono tuttora in funzione. Ancora oggi, visitare i resti di queste meravigliose opere è un’esperienza di grande interesse. La maggior parte di tali costruzioni furono edificate durante i precedenti regni di Adriano e di Traiano.
Marco Aurelio poté godere solo in parte di questo splendore perché, anche se riluttante, fu costantemente impegnato in guerre e lotte contro le tribù germaniche che minacciavano le frontiere nella regione settentrionale del Danubio. In particolare contro i Marcomanni e i Quadi che, dai territori dell’odierna Repubblica Ceca, attraverso le Alpi, volevano invadere l’Italia. Pur essendo un eccellente condottiero, preferì sempre la convivenza pacifica, in linea col suo pensiero filosofico. Le gelide campagne militari invernali, che dovette condurre con le sue legioni, furono per lui delle vere e proprie sfide.
Il suo grande modello fu il filosofo stoico Epitteto, vissuto presumibilmente dal 50 al 130 d.C. Epitteto aveva radicalizzato la propria visione stoica della vita per cui legittimava un padrone che picchiava a morte uno schiavo, in quanto il corpo non era altro che l’involucro dell’anima. Presumibilmente, i principi stoici di Marco Aurelio non erano così estremi, ma la sua concezione della vita, come pure il suo orientamento, derivavano senz’altro da questo mondo di puro pensiero filosofico.
L’imperatore aveva una profonda fiducia nella provvidenza e considerava l’universo come un grande ordine naturale, retto da leggi che l’umanità doveva imparare a comprendere e ad accettare. Questo atteggiamento non fu sempre facile, come emerge dai suoi scritti. Chiamò questi scritti Ta eis heauton, letteralmente A se stesso, ma furono poi diffusi col titolo di Ricordi o Colloqui con se stesso. Li scrisse in una tenda da campo presso il Danubio, molto lontano da casa sua.
Morì di morte naturale a 58 anni, durante una di queste campagne militari. Si potrebbe anche dire che morì nella sua armatura, non fosse che, a quell’epoca, i soldati non portavano l’armatura ma tutt’al più la corazza o l’elmo. Gli successe il figlio Commodo, stupido e crudele, che creò subito del caos in un regno dove suo padre era stato rispettato persino da molte tribù germaniche da lui vinte. Purtroppo non è sempre vero il detto: tale padre, tale figlio.
Nel secolo precedente, le prime comunità cristiane avevano fatto sentire la loro voce nell’impero romano. Sempre in quel periodo, Apollonio di Tiana viaggiava attraverso le province romane. Paolo di Tarso, Gesù di Nazareth e Apollonio furono più o meno contemporanei. Jan van Rijckenborgh, nel suo commento al Nykthemeron – attribuito ad Apollonio – afferma che all’inizio della nostra era sono apparsi sette grandi saggi. Gesù portò il suo grande sacrificio all’età di 33 anni. Paolo elaborò una spiegazione del Cristianesimo universale comprensibile ai cittadini romani del I sec., mentre Apollonio si fece conoscere come filosofo della scuola neo-pitagorica.
Tarso e Tiana, i luoghi di nascita di Paolo e Apollonio, si trovano entrambi in Anatolia, nella parte sud-orientale dell’odierna Turchia. Sia Paolo che Apollonio avevano il loro campo di lavoro a Efeso, ma entrambi operavano anche a Roma. Non sappiamo se i due saggi si conoscessero o se Marco Aurelio sapesse della loro esistenza. La cosa non è affatto improbabile. Alcune fonti sostengono che già l’imperatore Nerone – che regnò dal 54 al 68 d.C. – perseguitò sia Apollonio che le comunità cristiane.
È probabile che Marco Aurelio fosse più attratto dal culto di Mitra, allora in auge, che dal movimento cristiano, relativamente sconosciuto, oppure dal pitagorismo, ormai in declino. Tuttavia, in base alla sua educazione e tradizione, egli fu soprattutto uno stoico. Per inciso, è interessante rilevare che, un secolo dopo questo imperatore-filosofo, un altro imperatore, Alessandro Severo, aveva nel suo studio statue di Apollonio, di Gesù e di Orfeo.
Le frasi di incoraggiamento, che scrisse a se stesso (e solo a sé), furono scritte in circostanze burrascose. Sono annotazioni di pensieri, esortazioni, tentativi di mettere le cose e gli eventi in prospettiva, sottolineando la necessità di accettarli per quello che sono. Non aveva ancora realizzato quell’atteggiamento ideale nei confronti della vita che perseguiva, ma di certo vi metteva tutto il suo impegno.
Era una grande anima con un carattere nobile, che traeva i suoi esempi luminosi da Epitteto e dagli stoici greci, ma anche dai suoi genitori e dai suoi antenati, che descrisse come persone di alta moralità. Si domandava come poter vivere la vita considerando non solo se stesso, ma anche i propri simili.
Se nello scrivere e nella lettura non si può divenire maestri senza essere stati prima scolari, ciò vale ancora di più nella vita. L’arte del vivere è molto più simile all’arte della guerra che all’arte della danza, dal momento che nella vita si deve imparare a stare saldi sulle gambe, per affrontare gli eventi e gli imprevisti senza cadere.
Come i dottori tengono sempre a portata di mano i loro strumenti di lavoro, in caso di una necessità improvvisa, allo stesso modo devi avere a disposizione dei solidi fondamenti, con cui riconoscere le cose divine e quelle umane. Così, compirai anche il più piccolo gesto, conscio della relazione che unisce le due sfere, poiché non potrai eseguire bene nessuna azione umana senza tener conto del divino, e viceversa.
Quando sei seccato per l’insolenza di questa o quella persona, chiediti subito: è possibile che in tutto l’immenso universo non esistano esseri arroganti? Impossibile. Quindi non pretendere l’impossibile, in quanto chi ti sta facendo arrabbiare è uno di quegli sfrontati che devono necessariamente vivere. Tienilo a mente quando ti imbatti in un criminale, in un truffatore o in un peccatore poiché, se ti è chiaro che costoro hanno le loro ragioni di esistere, ti sarà più facile essere indulgente con loro. Se anche ti infuriassi, non cambierebbero il loro comportamento. Invece, c’è sempre la possibilità di aiutarli a comprendere, poiché ogni peccatore è solo un essere umano che ha deviato dalla meta e si è perso.
L’essere umano è soggetto a tre diversi tipi di relazione: la prima è col corpo che lo racchiude; la seconda è con lo scopo divino, da cui proviene tutto ciò che gli succede; la terza è con i suoi simili. Perciò, l’unico atteggiamento possibile verso la vita è accettare con amore e gratitudine ciò che il fato gli assegna, senza contaminare lo spirito divino (demone) che vive dentro di lui.
Continuiamo a leggere le sue meditazioni sulla transitorietà di tutte le cose e le giuste considerazioni che ne conseguono.
A proposito della fama: osserva i pensieri di chi aspira alla fama, osserva che tipo di persone sono, quello che evitano e quello che cercano. Esamina quindi con quanta rapidità gli avvenimenti passati vengono occultati da quelli nuovi, così come le dune di sabbia sono presto coperte da altra sabbia.
Il tempo è un fiume di avvenimenti, un torrente in piena: appena qualcosa ci appare, è già passato e qualcos’altro si mette in moto, per poi sparire rapidamente anch’esso. Chi osserva il presente, vede tutto quanto è avvenuto dall’inizio dei tempi e quanto avverrà nell’eterno futuro. Poiché tutte le cose hanno la medesima natura e la medesima forma. Ritorna dunque alla semplicità del tuo io. Quando al risveglio ti accorgi che a turbarti sono stati solo dei sogni, considera allora anche le cose attorno a te, nella vita da sveglio, come tanti sogni.
Temi il cambiamento? Ma cosa può esistere senza il cambiamento e cosa è più caro e pertinente alla natura universale? Puoi forse fare un bagno se prima il fuoco non ha trasformato i pezzi di legna? E il cibo non deve essere modificato, affinché ti possa nutrire? Quale parte della vita può mai procedere senza mutamento? E allora, non vedi che anche tu stesso devi cambiare e come questa trasformazione sia necessaria alla natura universale?
Considera per quanto tempo hai evitato tutto ciò e quante volte hai perso le buone opportunità che gli dei ti hanno offerto. Comprenderai finalmente la natura dell’universo di cui sei parte, e che l’architetto di questo universo è anche il creatore della tua stessa esistenza. Accetterai che i termini del tempo che ti è concesso sono già stati calcolati e che questo tempo si consumerà se non lo usi per illuminare il tuo spirito. Sì, il tempo evapora senza mai ritornare, e così anche tu.
Come fanno in fretta a sparire le cose! I corpi, nell’universo materiale e il ricordo, nel tempo. Un essere umano colto e umile, senza spavalderia ma in obbedienza e autoresa, dice alla natura universale, che tutto prende e tutto dà: «Prendi ciò che vuoi, prendi ciò che è tuo».
Cosa significa morire? Se esaminiamo la questione per se stessa, staccati dalle proiezioni della nostra fantasia, riconosceremo senz’altro che morire è una conseguenza naturale. E temere un processo della natura è infantile. Inoltre, morire rappresenta un accadimento salutare per la natura stessa. Infine, osserva come e con quale parte di sé l’essere umano entra in relazione con Dio, e soprattutto in quali circostanze è in grado di farlo.
Vediamo, ora, a quali conclusioni giunge Marco Aurelio: Pertanto devi affrettarti, non solo perché ogni giorno che passa ti avvicini alla morte, ma anche e soprattutto perché la percezione e la comprensione della vera natura delle cose potrebbe venir meno prima che tu muoia. Quindi non agire come se avessi mille anni da vivere. La morte sta sospesa sul tuo capo. Sii buono, finché è in tuo potere di esserlo.
Discendi nel tuo interiore: là c’è la sorgente di tutto ciò che è Buono, la fonte che sgorgherà ogni volta che scaverai per cercarla. Se qualcuno, presso una fonte chiara e pura, dovesse maledirla, la sorgente non cesserebbe di far scaturire acqua buona da bere; e se poi dovesse gettarvi terra e sudiciume, essa li laverebbe via, senza rimanerne inquinata.
Allora, come potresti possedere una fontana perpetua invece di un pozzo stagnante? Con un impegno continuo per la libertà dello Spirito, unito a benevolenza, semplicità e modestia. Le persone cercano dei luoghi dove ritirarsi in solitudine, sulle coste o in montagna, e tu stesso sei portato a desiderarli. Ma in nessun altro luogo l’essere umano troverà miglior pace e armonia se non scendendo nella propria anima.
Terminiamo con uno scritto che evidenzia la sua capacità di osservare se stesso e, conseguentemente, di sciogliere le resistenze interiori, così come la natura divina dell’universo lo incalzava a fare.
C’è un fatto che ti esorterà a rinunciare al tuo desiderio di gloria effimera: non ti è stato possibile vivere tutta la tua vita, dalla giovinezza in poi, come un filosofo, ma hai mostrato a molti, oltre che a te stesso, quanto ancora sei lontano dalla vera saggezza. In questo hai fallito e perciò ti risulta difficile ottenere la fama di saggio. No, il grande scopo della tua vita è addirittura l’opposto. Ora che hai compreso come stanno le cose, abbandona il pensiero della reputazione e delle opinioni degli altri.
Accontentati di vivere il tempo che ti resta secondo la tua vera natura. Approfondisci cosa comporta tutto ciò e non lasciarti sviare da nient’altro. Hai fatto molte esperienze, ma senza mai trovare la felicità; certamente non nella retorica, non nella ricchezza, non nella fama e neppure nella sensualità.
Dove allora la si può trovare? Nel fare ciò che la natura umana richiede. E come si deve agire? Facendo nascere i desideri e le azioni da dei principi saldi. Quali principi? Quelli inerenti al bene e al male, quelli per cui niente è davvero buono, per un essere umano, se non lo rende onesto, moderato, coraggioso e libero; e niente è male se non gli ispira le inclinazioni opposte.
Riconosci, alfine, di aver dentro di te, oltre alle pulsioni che risvegliano le passioni e ti fanno agire come un burattino, anche qualcosa di migliore, di natura divina. Cosa c’è in questo istante nel mio spirito? È diffidenza? È avidità o qualcosa del genere? Rigetta tutte le tue errate congetture e sarai salvo. Chi può impedirti di farlo?
Questi pensieri dell’imperatore-filosofo Marco Aurelio, risalenti a 2.000 anni fa, sono più attuali che mai, soprattutto in relazione all’importante svolta spirituale con cui l’umanità è confrontata oggi.
Articolo tratto dalla rivista Pentagramma – Edizioni Lectorium Rosicrucianum
Scuola Internazionale della Rosacroce d’Oro
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