Come, in poche parole, gli esseri umani si costruiscono la trappola con le loro stesse mani.
Come un bambino viziato e disadattato corre in lacrime dalla mamma cercando conforto e sicurezza perché il suo compagno di asilo gli ha dato una spinta o gli ha sottratto il balocco, così gli esseri umani, potenzialmente liberi di agire secondo coscienza responsabile, si rifugiano nelle braccia di un dittatore perché li protegga da chi li disturba. E poi si sa come vanno a finire le cose.
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Quando l’essere umano apparve sulla faccia della terra si espresse nell’ambiente senza organizzarsi immediatamente. Ogni singolo individuo doveva badare a sé stesso in tutto e per tutto, in un modo che oggi definiremo simil-anarchico, ovvero senza governo o caotico. Non vi era autorità riconosciuta in qualcuno se non un timore reverenziale nei confronti delle grandi forze della natura, cosicché l’essere umano di allora stabiliva da sé il valore gerarchico del proprio agire, obbedendo o cercando di sfuggire a tali forze in funzione della propria sopravvivenza. Ma poi, come si sa, egli cominciò ad evolvere. Quindi si organizzò in gruppi per cacciare gli animali e cibarsene. Ebbe quindi bisogno di stabilire gerarchie all’interno del gruppo per coordinarsi in quella attività, da cui dipendeva la sua sopravvivenza e quella della famiglia che, nel frattempo, aveva cominciato a strutturare per meglio imporre la sua volontà di perpetrare la propria specie e discendenza.
Crebbero i gruppi di caccia e famigliari, in numero e dimensione, ponendo così i primi problemi organizzativi e gerarchici. Chi doveva fare che cosa e quando divennero in generale i principi da salvaguardare, ancor prima che quelli particolari relativi al singolo o la sua famiglia. Nacquero e si stabilirono definitivamente le divisioni tra tribù, etnie e discendenze e le cose si complicarono. Cominciarono le dispute per il territorio e il cibo, ponendo le basi per la nascita di scontri cruenti tra gruppi organizzati. Iniziò una condizione di conflitti continui che non terminò mai più.
Per cercare di non sterminarsi vicendevolmente, i gruppi organizzati stabilirono regole di comportamento e spartizione dei beni, giungendo fino alle prime forme di “democrazia”, ovvero governo del popolo, o meglio di una parte del popolo (minimo il 50%+1) su sé stessi (e quando mai!) e sulla restante parte (massimo 50%-1) (o almeno ci provano).
Sempre più spesso i meccanismi della cosiddetta democrazia (in tutte le sue variegate forme e contenuti) si affinano per rispondere alle continue necessità particolari di gruppi e singoli al suo interno. La lotta si riaccende fino a quando alcuni di essi emergono quali egemoni, imponendo la loro visione delle cose agli altri, con ogni mezzo possibile. “Democraticamente”!
Ed ecco il gioco è fatto: dall’anarchia alla dittatura attraverso la democrazia.
Come possiamo osservare ai nostri giorni in diverse parti del mondo, e nella nostra piccola realtà in particolare, dopo decenni di “vari tipi di emergenze non dichiarate, ma sperimentate nei fatti”, in base alle quali venivano stabilite le priorità decisionali e operative del momento, in tempi non lontani l’“emergenza conclamata per decreto” è diventato lo strumento attraverso il quale, ufficialmente, alcuni “principi democratici” sono stati “temporaneamente sospesi per necessità” da un governo di eletti da non eletti, diventati una casta intoccabile, che rappresenta al massimo una piccola percentuale di popolazione, mentre il resto della popolazione rincorre l’ “immunità di gregge” (mai termine fu più appropriato), solidamente confortata dall’opinione di pochi esperti (sempre i soliti).
Sono millenni che ci viene fatta ripetere questa esperienza, senza che neanche uno sembri averne fatto tesoro.
Cosa potevamo aspettarci di diverso?
Era inevitabile! Elementare Watson! Il cerchio si chiude sempre!
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Questo non è un trattato sociologico né una dichiarazione politica o di schieramento: è solo osservazione dei fatti messa sotto forma di un articolo di giornale.
Evidentemente cicli storici come questo si susseguono da tempo immemore proprio perché, incredibilmente, l’essere umano non è mai cambiato di una virgola; rimane praticamente un animale e come tale non può che seguire le regole animali a qualunque specie di essi creda o sostenga di appartenere e a qualsiasi tipo di bandiera (rossa, bianca, nera, multicolore, etc etc.) o corrente di pensiero si sottometta più o meno coscientemente.
Salvo poi esplodere scriteriatamente e ricominciare daccapo un’altra volta. Chiedendo “sempre” ad altri soluzioni per i propri problemi e dando “sempre” la colpa a qualcun altro dei propri fallimenti, ma ripercorrendo “sempre” la stessa strada (esattamente come un gregge che dall’ovile va al pascolo e poi ritorna all’ovile senza il bisogno di essere guidato dal pastore perché ormai ha imparato la strada dell’abitudine) che riporterà ancora e ancora alle medesime esperienze.
Perché è più comodo, perché è più facile, perché “chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che perde e non sa quel che trova”.
Allora smettiamola di lamentarci se c’è bisogno di un green pass per continuare a partecipare a questo gioco: il gregge deve essere “marchiato” perché possa essere riconosciuto a quale padrone appartiene!
Che alla fine è proprio quello che abbiamo sempre desiderato nel profondo, senza dichiararlo apertamente!
Aiuto! Voglio la mamma! (la quale, peraltro, ci aveva più e più volte avvertiti: “ non accettate caramelle dagli sconosciuti! – e se lo sconosciuto dice di essere uno zio? – ma questa sembra essere un’altra storia; ne parleremo prossimamente, se ci sarà ancora possibile).
grafica, schema e testo
pietro cartella
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