Quando e come usare questi segni di interpunzione? Qualche suggerimento
Come promesso nell’articolo del 26/07/2024, ecco qualche chiarimento sui principali segni di interpunzione. Cominciamo dal punto, un tempo definito punto fermo. Questo segno indica una pausa lunga e si mette generalmente alla fine di una frase. Se tra due proposizioni c’è uno stacco molto netto, dopo il punto si va a capo e si comincia un nuovo capoverso, al quale si può dare maggior evidenza lasciando uno spazio bianco all’inizio della riga (meglio, del rigo).
Viene usato anche in abbreviazioni come ecc. “eccetera”, v. “vedi”, cfr. “confronta” ed altre. Il punto è obbligatorio alla fine delle abbreviazioni, facoltativo negli acronimi. Confraternita del Pesto : CdP o C.d.P. Non sono molte le regole relative al punto, ma c’è chi comunque riesce a farne scempio. Vediamo spesso punti non seguiti dalla maiuscola, punti a capo senza capo né coda, punti non seguiti da uno spazio ed altro ancora. Un’osservazione generale; l’italiano è la lingua della subordinazione, non della coordinazione, quindi non bisogna abusare del punto. Piccolo chiarimento; una frase è coordinata ad un’altra quando è sullo stesso piano, quando nessuna delle due è più importante dell’altra: “la vide e prese la sua decisione.” La subordinata , invece è su un gradino più basso rispetto alla proposizione reggente, da cui, appunto, dipende: “quando la vide, prese la sua decisione.”
Torniamo a noi ed esaminiamo questi due periodi e le proposizioni da cui sono composti . “Quando la vide, decise che era arrivato il momento di agire; non sopportava più di vederla aggirarsi per i corridoi dell’ospedale con quell’aria smarrita. Doveva sapere cosa spaventava quella ragazza.” In due righe e mezza troviamo otto frasi che compongono due periodi; il primo più lungo, il secondo composto solo da due proposizioni. Le subordinate sono : “quando la vide” “che era arrivato il momento” “di agire” “di vederla” “aggirarsi” “che cosa spaventava”. Le principali, una coordinata all’altra, sono: “decise” e “non sopportava più”. Poi c’è la principale del secondo periodo: “Doveva sapere”.
Mi sembra che così i periodi scorrano bene. Troverei invece fastidioso leggere: ”L’uomo arrivò. La vide. Lei si aggirava per i corridoi con aria smarrita. Sembrava spaventata. Lui voleva sapere perché.” L’italiano, dunque, risulta più scorrevole ed efficace se la subordinazione ha la meglio sulla coordinazione. Non è un caso, del resto; la nostra lingua, soprattutto quella scritta, deriva dal periodare ciceroniano, ricco di dipendenti di ogni tipo. Basta leggere una paginetta del Decameron di Boccaccio per vedere quale direzione abbia preso la strada dal latino all’italiano. Insomma, per tornare al nostro discorso, il punto va usato con parsimonia.
Gli inglesi amano la coordinazione e quindi ne usano più di noi. Ma è un problema loro. Credo che non ci siano dubbi sull’uso del punto interrogativo e di quello esclamativo. L’interrogativo indica il tono ascendente dell’interrogazione diretta; si usa perciò alla fine di una domanda: che stai facendo? L’esclamativo indica il tono delle esclamazioni e delle frasi che esprimono meraviglia, gioia, dolore e via dicendo: ah! ; stupendo!; che paura mi hai fatto! Solo un suggerimento: usiamo l’esclamativo con parsimonia. Non so perché, ma oggi suona un po’ obsoleto. Ma se vi piace, fate pure. A questo punto passerei alla virgola. La virgola indica una pausa breve. I suoi usi sono molti e complessi: si usa nelle enumerazioni (Daniele, Mattia. Francesco oppure Daniele, Mattia e Francesco), negli incisi (si tratta, lasciatemelo dire, di un ottimo lavoro), tra la proposizione principale e vari tipi di subordinate (se viene lui, non vengo io). Volendo essere un po’ più precisa, prendo in prestito un pensiero di Nicolò Tommaseo e una sintesi sull’argomento di Beppe Severgnini.
Il primo diceva che buona parte della logica potrebbe ridursi ad un trattato sulle virgole. Il secondo ci dà una serie di semplici ma fondamentali suggerimenti: la virgola non può separare il soggetto dal predicato (Marco, guarda i capelli della moglie e si spaventa), né il predicato dall’oggetto (Marco guarda, i capelli della moglie). Che orrore le frasi assurde e scorrette tra parentesi; povero Marco! La virgola, inoltre, non deve precedere una relativa limitativa (La moglie mostrò al marito i capelli, che aveva appena rovinato) mentre è comune prima di una relativa esplicativa (La moglie, che era stata da un parrucchiere incosciente, spaventò Marco). E anche per queste due parentesi chiedo scusa a Marco e a sua moglie.
Concluderei questa breve analisi sull’uso della virgola con una considerazione generale. Molti autori del novecento non hanno abolito solo la virgola, ma ogni tipo di punteggiatura; i risultati sono stati diversi, dalla prosa scoppiettante dei futuristi al flusso di coscienza di Joice al Male oscuro di Giuseppe Berto, tanto per fare qualche esempio. I risultati potranno piacere o meno, ma si tratta di autori che conoscevano perfettamente l’uso corretto della punteggiatura ed hanno ottenuto una prosa sperimentale eliminando la punteggiatura, ma non solo. Insomma, come sempre, prima di distruggere qualcosa bisogna sapere perché lo si fa e con cosa intendiamo sostituirla. E soprattutto, bisogna essere capaci di farlo. Ci rivediamo a breve con il punto e virgola.
Come al solito sei precisa e chiarissima.
Grazie
Grazie Dana, un abbraccio e a presto!