
Una storia che si collega alla peste del 1599
Ogni anno, negli ultimi giorni di gennaio, Grugliasco festeggia il ricordo del suo Patrono, San Rocco, in una sequela di eventi che uniscono sacro e profano. Il “clou” sarà domenica 26: oltre alla Messa solenne, vi saranno l’accampamento medievale, la fiera degli antichi mestieri, il mercato degli hobbisti, concerto e sbandieratori. A distanza di oltre cinque secoli, si rinnova nel tempo il ricordo di un fatto che ha segnato la storia di questa città, alle porte di Torino: la liberazione dalla peste nel 1599.
Il fascicolo Storia di un voto, pubblicato nel 1999, a cura di Sergio Beato, in occasione del quarto centenario, ripercorre questa vicenda, con un dovizioso corredo documentale, riprendendo per intero il poemetto compilato da tale Claudio “lo Speciaro”, un farmacista dell’epoca, testimone oculare del morbo e cronista in versi dei fatti accaduti, con il commento dello storico grugliaschese Manfredo Manferdini.
Pier Giuseppe Accornero, su La Voce e Il Tempo del 11 gennaio 2021, inquadra il problema della peste che colpisce Torino nel 1598, e poi si estende ai borghi limitrofi e alla provincia:
Quando l’epidemia sembra decrescere, nella capitale si smantella l’apparato protettivo e sanitario, e questa riappare con più forza nell’estate dell’anno successivo.
Grazie a una memoria redatta da Giulio Cambiano di Ruffia apprendiamo che la peste colpisce Grugliasco nel luglio del 1598 e ad agosto dilaga. Non abbiamo certezza, invece, del momento in cui il contagio abbandoni Grugliasco: questo è un piccolo mistero storico che andrebbe approfondito. Il diario del Cambiano, nato a Savigliano nel 1544 da nobile famiglia, si rivela essere un prezioso documento storico, da lui redatto per quasi quarant’anni. Podestà, vicario e giudice in diverse località del Ducato di Savoia, nel 1575 abbandona ogni carica e si dedica alle sue proprietà, mettendo mano alla stesura di “quanto alla giornata occorreva”, fino al 1611.
San Rocco, al quale si votano contadini e montanari per proteggersi dalla peste, è stato proclamato santo da Papa Gregorio XIII appena quattordici anni prima (1584) dell’epidemia di peste che colpisce il territorio torinese.
Scarse sono le notizie certe sulla figura di San Rocco. Secondo il profilo biografico stilato da Mons. Filippo Tucci, Primicerio della chiesa di San Rocco in Roma, egli sarebbe nato a Montpellier fra il 1345 e il 1350 e morto a Voghera (PV), dove era stato incarcerato, il 16 di agosto di un anno fra il 1376 e il 1379. Pellegrino e taumaturgo, Patrono di numerose città e paesi, è il santo più invocato, dal Medioevo in poi, come protettore dal flagello della peste; la sua popolarità è tuttora diffusa, tant’è che un recente studio ha individuato in lui il secondo santo più invocato, dai cattolici europei, per ottenere la guarigione dal Covid-19.
La peste, anche nei secoli successivi, rimane la malattia più temuta; nei Promessi Sposi è un tema portante della narrazione; ancora in anni recenti si è attribuito il soprannome di “peste del 2000” a fenomeni sanitari di massa (a partire dall’AIDS).
Il testo citato di Claudio “lo Speciaro” racconta come la peste arrivi e poi si spenga a Grugliasco, in virtù del voto elevato e per grazia del santo taumaturgo, San Rocco.
«1.Narrar vorrei con gran divozione
Di tutto quello, che già fù passato
Mentr’era in questo luogo contagione,
E come il vero Iddio ne ha salvato
Per haver à San Rocho divotione,
Che tutto il Popolo à lui si è votato,
Lasciando poi à lui nostra procura,
Acciò che di Grugliasco havesse cura.»
Dalla strofa di apertura del poemetto si percepisce immediatamente la fede sincera in Dio e in San Rocco, insieme all’umiltà dello scrittore e poeta (quel “vorrei” si può leggere come “se fossi capace”, scrive il Manferdini a commento).
La prima metà della decima strofa ci restituisce la misura di questa grande fede e del dispendio monetario per l’immagine dedicatoria del Santo protettore.
«10.Un’Imagine di San Rocho si fé fare
Di rilevo, e bello a più potere,
Non guardando, che costi assai, né poco,
Pur che serviti siam di bon volere.»
A innalzare le più fervide preghiere è una Compagnia, ancor oggi esistente sotto le insegne di Santa Croce, come suffragato da un documento diocesano dello stesso anno.
«13.La Compagnia del Santo Crocefisso
È stata sempre mai in oratione,
Havendo tutto il cor in lui affisso,
Ne caveria il Signor tal tribulatione; (…)».
Una solenne processione, molto partecipata, si avvia dal centro del paese e si dirige alle “sbarre”, luogo convenuto per l’arrivo della statua di San Rocco, al di fuori dell’abitato e al confine del territorio, lungo l’antica strada della Pronda, che era a quel tempo la via di comunicazione più rapida per raggiungere Torino. Si è ipotizzato che queste “sbarre” fossero un posto di blocco o di confine, nei pressi del Gerbido, forse allestito durante l’epidemia, dove sorgeva la Cappella di San Lorenzo, andata in totale rovina intorno al 1780. Qui avviene l’incontro l’altro corteo proveniente da Torino, con la cerimonia della “consegna” della statua, come si è verificato ancora in occasione della “Peregrinatio Mariae”.
Infine, la processione grugliaschese raggiunge la Cappella di San Rocco, «Qual è di Grugliasco un puocho fuora».
Il Curato, don Ratti, ripone la statua di San Rocco nella sua Cappella, dove proseguono gli inni e le orazioni. Il corteo si sposta, infine, verso la chiesa parrocchiale:
«E andando ogn’un poi verso la Parochia
Iddio si ringratiò con gente in copia.»
Il 2 febbraio 1599, giorno della Purificazione, si inizia una novena con successive processioni, aperte da San Rocco, come usava farsi tra i Confratelli del S. Crocifisso.
Il poemetto si chiude con la strofa 27, in cui Claudio si presenta, si congeda dai lettori, con un taglio molto moderno, e rinnova i ringraziamenti a Dio.
«27.Questo ha composto Claudio il Speciaro,
Hauendogli fatto il signor Claue instanza
Et per essergli molto caro,
Ei hauerne anco da Dio la ricordanza
D’hauer liberato questo Popol caro,
Il qual ha auto sempre in lui speranza
Pregandolo, ch’all’auenire ne diffenda,
Ch’auer mai più possiam la Peste horrenda.»
Il “signor Claue” è Pier Francesco Clave, grugliaschese, professore di legge all’Università di Torino, Senatore e Vicario di Giustizia. La sua memoria meriterebbe di più della piccola via che gli è stata intitolata.
La Cappella di San Rocco che vediamo oggi è frutto della riedificazione dell’ingegner Ignazio Michela. Claudio “lo Speciaro” non descrive come si presentasse nel 1598/99, e mancano documenti fra quegli anni e il 1702, quando si decidono lavori di manutenzione sull’antico luogo di culto. Questo è un altro versante di studio che potrebbe essere approfondito con ricerche d’archivio.
Dalla seconda metà del Settecento abbiamo notizie della “annuale festa di San Rocco”; il ballo vi viene vietato nel 1796 dall’Arcivescovo Costa d’Arignano, per privilegiare gli esercizi pii e di devozione. Le carte e i documenti si interrompono, quindi, fino ai primi dell’Ottocento; quando, nel 1823, la Cappella di San Rocco risulta cadente e inagibile, vi viene interdetto il culto. I primi disegni del Michela sono datati 1825, ma l’interno odierno non corrisponde ai suoi progetti, lo stesso vale per la facciata, dove le difformità sono ancora più evidenti.
L’11 agosto 1829, sotto l’Arcivescovo Colombano Chiaverotti (camaldolese, Vescovo di Torino dal dicembre 1818 alla morte, avvenuta il 6 agosto 1831), viene emanato il nulla osta a riprendervi le celebrazioni. La funzione solenne si svolge il 16 agosto dello stesso anno, alla presenza delle autorità comunali e della popolazione.
Gli anniversari sono stati vissuti con particolare fervore e importanza negli anni 1849, 1899, 1949 e 1999.
Buona festa, dunque, a Grugliasco e al suo Santo Patrono, San Rocco, anche per il 2025.

Si ringraziano Daniele Bolognini e Beppe Baricada per le foto e la collaborazione.