Il 20 giugno è il giorno della festa e della processione in onore della Patrona della Città
Ogni anno, il 20 giugno, si celebra la solenne festa della Consolata, in onore della Patrona di Torino.
Nella storia più remota dell’attuale Santuario troviamo Arduino, Marchese d’Ivrea e Re d’Italia che, ritiratosi nell’Abbazia di Fruttuaria, ha in sogno disposizione dalla Madonna, insieme a S. Benedetto e S. Maria Maddalena, di costruire tre chiese a lei dedicate: la Consolata, Belmonte nel Canavese e Crea nel Monferrato. Nel 1104 la Vergine apparve anche al cieco di Briancon, Giovanni Ravachio (o Jean Ravais), a cui ordina di recarsi a Torino dove, ritrovato un quadro che la rappresenta, riacquisterà la vista. Il cieco si mette in viaggio; arrivato a Torino, presso Pozzo Strada (oggi vi sorge la parrocchia dedicata alla Natività di Maria), si dirige verso il campanile di S. Andrea (antico titolo del Santuario). Giunto alla meta, scavando, trova l’immagine della Vergine e ritrova la vista. L’icona originale viene nascosta durante l’eresia iconoclasta del Vescovo Claudio, affinché non fosse distrutta. Quest’effige oggi non esiste più, nella parte inferiore del Santuario si trova la cappella sotterranea detta “delle Grazie”.
In preparazione al 20 giugno, si svolgono le funzioni dei Nove Sabati della Consolata, quest’anno iniziati sabato 20 aprile e voluti, a partire dal 1899. dal Rettore Beato Giuseppe Allamano come un “Avvento della Consolata”. Ogni sabato, oltre alla consueta adorazione eucaristica viene dato un particolare rilievo sia alla S. Messa sia al Rosario. Dal 12 al 19 giugno si è celebrata la Novena della Consolata. La giornata di oggi, dopo le celebrazioni liturgiche (alle ore 6.30 – 8 – 9.30 – 11 – 12.30 – 16 – 18) , si concluderà con la processione, con la statua votiva al centro di questo breve pellegrinaggio urbano e delle preghiere dei fedeli.
Ripercorriamo, quindi, la storia delle statue processionali del Santuario più caro al cuore dei torinesi.
Il primo documento su una statua riferibile al Santuario della Consolata, in Torino, risale al 24 novembre 1418, nei conti della Chiavaria di Torino, in favore del «Magistro Matheo Jacquerio pictori domini pro solucione sua integrali ymaginis grosse quam fecit pro Domino et que fuit oblata pro dicto domino Domine nostre de Consolatione». (1)
Questa è la prima menzione di una immagine della Consolata che, secondo la storica Andreina Griseri, sarebbe stata una statua – simulacro e non un dipinto. (2)
Trascorre un secolo senza notizie, per tutto il Cinquecento nessuno menziona la statua o un’immagine.
Nel litigioso Seicento, appare una diatriba, grazie a un ritrovamento nell’Archivio della Consolata, fra la Primaria Compagnia della Consolata, eretta canonicamente nel 1527, e i Padri di S. Agostino che volevano portare in processione una statua con il titolo “Vergine della Consolazione”. Non sappiamo altro di questa statua.
Nell’inventario del 1699 – 1701 del monastero della Consolata risulta una «statua d’argento indorata della Vergine per la processione». Questa precisazione ci segnala per la prima volta l’esistenza di una statua dedicata appositamente alla processione.
Nel 1707, dopo la vittoria contro i Francesi, la Città di Torino decreta l’offerta alla Consolata di una statua da portare in processione, che verrà commissionata al Plura (3). La statua viene portata in processione e, con un ordinato del 29 settembre, collocata nella sacrestia della chiesa del Corpus Domini. Fra l’altro, la guerra conclusa nel 1706 porta alla distruzione di oggetti d’argento e di valore in Piemonte, tanto che nei Conti della Tesoreria di Casa Savoia risultano molti acquisti di pezzi di argenteria a partire dal 1710.
Nel 1716 la nobildonna Maria Enrichetta Ponte di Rossignone, Contessa di Scarnafigi, decide di donare alla Consolata una statua d’argento raffigurante la Vergine, da portare in processione; l’opera viene eseguita da Juste – Aurèlie Meissonier (4). Nell’ordinato del 7 settembre si accetta il dono, ma la Città si riserva il diritto di scegliere quale statua portare in processione. Da questo documento sappiamo che la statua raffigura «il mistero della Natività con sotto il piano della città». Questa iconografia, poi divenuta classica, della Vergine che protegge Torino compare a partire dal 1756, in molte stampe.
Dopo la bufera napoleonica, nel 1819 la Primaria Compagnia della Consolata decide di far costruire un’altra statua, ma la proposta avrà seguito soltanto nel giugno 1826; nel frattempo vengono poste due cassette all’interno del Santuario, per raccogliere fondi a favore della nuova statua. Nell’ottobre dello stesso anno la Compagnia accetta l’offerta di una «incognita persona» che promette di pagare interamente il costo della statua. L’anonimo risulterà poi essere tale Simone Stella, nativo di Loano (SV) e residente a Torino, ma il suo desiderio non si compie a causa della precoce morte per “idropisia di petto”, avvenuta il 2 aprile 1827. Le due cassette per la questua, già tolte, vengono quindi rimesse in chiesa.
Soltanto nel 1828 una persona “pia ed altolocata” si offre per pagare la statua, commissionata allo scultore Amedeo Lavy (Torino 1777 – 1864); il ricavato dalle bussole servirà per pagare il trono di legno della statua. Dalla sua “Autobiografia” (5) apprendiamo che egli ottiene «la commissione da S.M. di modellare la statua della Madonna della Consolata (…) Quando la presentai alle L.L.M.M. per darmi una prova della loro soddisfazione m’incaricarono di eseguire altra identica per essi; in quell’epoca (27 aprile 1831) Carlo Felice morì, il modello in plastica che aveva già eseguito l’ho regalato a mio fratello Filippo per mettere nella cappella al tenimento d’Oviglio.»
Nel 1832 la statua arriva finalmente alla Consolata, con la seguente dicitura:
«Dono al Santuario
decretato da S. M. il Re Carlo Felice l’anno 1829
offerto da S. M. la Regina Maria Cristina nel dì solenne 20 giugno 1832
a spese del patrimonio particolare
peso della statua once 3660 d’argento e corone d’oro once 29 d’oro.»
Nel 1853 la statua viene rubata, quando si scopre che non è più nell’armadio in cui era stata riposta. Nell’Archivio della Consolata è conservato un manoscritto di particolare interesse su questa vicenda, secondo la quale una statua in legno sarebbe stata venduta agli Oblati di Maria Vergine (forse la statua del Plura?). Il Canonico ed insigne storico Antonio Bosio, in una nota manoscritta, afferma che la statua realizzata dal Plura si trovava nel 1870 nel “Collegio di Dora” a Torino. In effetti, la statua sarebbe identificabile con quella che si trovava nella chiesa di S. Francesco di Sales, a Valdocco, andata distrutta negli Anni Sessanta del Novecento.
Nello stesso anno 1853 inizia una nuova raccolta fondi per un’altra statua, da portare in processione al posto di quella rubata, questa volta sarà decisivo l’intervento della Regina Maria Teresa. L’incarico viene affidato al Signor Boggio, con contratto del 21 gennaio 1854 e sarà la prima opera eseguita in Piemonte con ilo metodo galvano-plastico. La statua è quella ancor oggi portata in processione.
Note
1.Cfr. Archivio di Stato di Torino, Conti della Chiavaria di Torino e G. Gasca Queirazza S. J. – La Consolata: il titolo caratteristico della devozione alla Madonna in Torino, Studi Piemontesi, 1972.
2.Andreina Griseri – Tradizione e realtà storica, una nuova ipotesi per l’immagine della Consolata, in Gli ex voto della Consolata, Torino, 1983.
- Carlo Giuseppe Plura (Lugano, 3 gennaio 1663 – Borgo San Dalmazzo, 14 aprile 1737). Secondo un’ipotesi avanzata da Luigi Mallé, nel 1717, grazie a Filippo Juvarra, il Plura ha la possibilità di sostituire l’intagliatore Michele Crotti nell’allestimento di “macchine” per apparati religiosi e “mortori” per conto della Corte luganese. Artista prolifico, a Torino ha lasciato il Crocifisso nella Chiesa di San Francesco d’Assisi, l’Arcangelo Gabriele e l’Annunziata nella Chiesa della Misericordia.
- Juste-Aurèle Meissonnier (Torino, 1695 – Parigi, 31 luglio 1750): pittore, orafo, architetto e disegnatore.
- Lavy ricopre l’incarico di incisore capo della zecca di Torino, figlio di Lorenzo Lavy, incisore capo della zecca di Torino. Si forma all’Accademia di Torino e a Roma presso Antonio Canova. Il marengo d’oro della Repubblica Subalpina è frutto del suo genio. Suoi i conii della Repubblica Piemontese del 1799 e della Repubblica Subalpina. Dopo la Restaurazione del Regno di Sardegna mantiene l’incarico e produce i conii di Vittorio Emanuele I (1814-1821) e Carlo Felice (1821-1831).
Bibliografia
Laura Borello – Le statue processionali della Consolata di Torino – Centro Studi Piemontesi – Torino – 1987