
I Giornalisti, in Italia, sono bersaglio e oggetto di aggressioni fisiche e verbali. Che fine ha fatto la libertà d’informazione?
Il 27 febbraio 2025, sul sito della “Federazione Nazionale della Stampa Italiana – FNSI” usciva un articolo dal titolo: “Minacce ai giornalisti, Costante: ‘Un cronista sotto scorta è una sconfitta per la democrazia’”.
Questo articolo è scaturito da un’“iniziativa promossa da Assostampa Sicilia per esprimere solidarietà a Salvo Palazzolo e ai colleghi minacciati, non solo dalle mafie, per via del loro lavoro. Al termine una delegazione ha partecipato alla manifestazione organizzata dall’ANM Palermo in occasione dello sciopero nazionale dei magistrati ‘a difesa della Costituzione’”.
Il tema è cocente ed è vergognoso che, in Italia, un giornalista diventi bersaglio di violenti e facinorosi solo per il fatto di scrivere o narrare quanto accade nei nostri territori. Eppure è quel che succede.
Ne abbiamo già parlato qualche giorno fa ma è necessario ribadire che “secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, nel 2024 in tutta Italia sono stati 114 i giornalisti minacciati per via del loro lavoro. Più di 20 colleghi vivono sotto scorta. Sono numeri alti, troppo alti per una nazione che si dice civile”, come ha ben affermato il Segretario Generale della FNSI, Alessandra Costante.
In Italia, ahinoi, i giornalisti vivono in una condizione di mancanza di rispetto pressoché totale da parte del mondo politico. Il Parlamento spende ore di discussione a parlare dei diritti delle Lobby LGBT o di quelle immigrazioniste ma cosa fa, concretamente, per i giornalisti?
Il Segretario Costante non ha dubbi: “Questo è il Paese in cui i giornalisti possono essere spiati con strumenti di alta tecnologia. Non possiamo dimenticare che Italia e Francia hanno chiesto di alleggerire le norme che vietano di spiare i cronisti. Dunque non è una sola, ma sono tante le ragioni per cui troppo spesso i giornalisti lavorano e vivono sotto minaccia”.
Inutile dire che anche le minacce più piccole vengono considerate “di poco conto” da chi, invece, dovrebbe sempre garantire ai giornalisti la libertà di poter svolgere il loro ruolo di professionisti dell’informazione.

Nella Città di Cuneo, precisamente al Quartiere Donatello, può essere impedito ai cronisti di accedere ad una conferenza a favore della Palestina, contro lo Stato di Israele, poiché gli organizzatori “non vogliono giornalisti” in sala.
Oppure un giornalista non può recarsi alla Piazzetta PNRR, antistante la Scuola dell’Infanzia di Via Rostagni, per monitorare lo stato di degrado, sporcizia e incuria della stessa, perché viene accerchiato da minorenni, in pieno stile baby gang/maranza, e minacciato.
Dinanzi a simili situazioni ci si aspetterebbe l’intervento del Sindaco, o di qualche membro della Giunta e, invece, nella “democratica” Cuneo, dal Municipio ci si sente rispondere: “ad oggi pensiamo che la Casa del Quartiere Donatello sia un luogo sano, di cultura e condivisione, e non necessiti di alcun intervento di sorveglianza particolare”.
Se questa è la considerazione che gli Amministratori Locali e i politici hanno dei giornalisti non si può che condividere Salvo Palazzolo quando dice che “i giornalisti hanno le armi spuntate” in quanto “ci sono delle norme bavaglio che ci impediscono di raccontare quello che sta accadendo”.
E’ sempre più diffuso il malcostume – e la trasmissione “Fuori dal Coro”, condotta da Mario Giordano, su Rete4, lo spiega bene – delle Forze dell’Ordine di identificare giornalisti e operatori dell’informazione quando a violare le leggi dello Stato sono quelli per i quali i giornalisti si trovano lì.
Siccome lo Stato non li ascolta, i cittadini si rivolgono a giornalisti e trasmissioni giornalistiche per ottenere udienza e considerazione.
Non a caso, infatti, esistono trasmissioni come “Striscia la Notizia”, “Le Iene”, “Fuori dal Coro”, “Dritto e Rovescio”, “E’ sempre Cartabianca”, … che con i loro giornalisti raggiungono anche le zone più delicate e periferiche per portare all’attenzione della collettività ciò che accade.
Sembra incredibile ma, non di rado, si sente gente dire: “la colpa è dei giornalisti che non si fanno i fatti loro”, “li hanno picchiati? Avevano solo da non mettere il naso in questioni che non li riguardano”.
Frasi come queste denotano la profonda ignoranza degli italiani che, evidentemente, non sanno che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – CEDU ha più volte ribadito la necessità di riportare le notizie, anche le più scomode, per tener vivo l’interesse collettivo.
Checché se ne dica, la libertà d’informazione è un caposaldo della Costituzione e della democrazia. Negare questo vuol dire annacquare, de facto, lo Stato di Diritto e trasformare la democrazia in una democratura.
La speranza è che la “Federazione Nazionale della Stampa Italiana”, Sindacato Unitario dei Giornalisti Italiani, riesca a spuntare condizioni migliori per una categoria che, se si andrà avanti di questo passo, faticherà a trovare nuove leve da “arruolare” nelle redazioni.
In fondo, nessuno ha voglia di essere minacciato, picchiato, aggredito e vilipeso, solo perché “colpevole” di svolgere il suo lavoro.
Hai ragione Elia, perché tu sei un giornalista serio e come te tanti altri, non lo metto in dubbio. Chi rovina la reputazione dei giornalisti, però, sono quei tuoi colleghi che si vendono per fare soldi e carriera e sono pronti a inventare qualsiasi cosa. Come al solito la superficialità popolare porta alla generalizzazione e l’errore disonesto di alcuni diventa la caratterizzazione di tutti