
“La nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa” (Franklin Delano Roosevelt)
Inondazioni, vittime, frane, smottamenti e crolli. Effetti degli eventi estremi figli di quel riscaldamento globale che ha nella cementificazione un alleato da osteggiare, anziché continuare a generare.
A partire dal nuovo millennio, il consumo del suolo in Italia, ha subito un fisiologico rallentamento, ma non basta. È imperativo impegnarsi nel rispettare l’agenda 2030 che, per quell’anno, prevede il consumo del suolo pari allo 0%, ma si può fare di più. Come sottolinea anche l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale, i procedimenti di rigenerazione di suoli compromessi sono cosa rara e occorre metterli in atto.
Purtroppo mancano consapevolezza e competenza da parte delle progettazioni comunali, spesso legate a metodologie obsolete e invasive. Oggi, oltre a un mirato incremento e una cura del patrimonio alberato, è indispensabile un recupero delle aree ex industriali e commerciali dismesse, riutilizzando le superfici anziché cementificare altrove, oppure convertendo le zone a piccoli e grandi polmoni verdi.
I migliori studi di urbanistica stanno guardando avanti, riprogettando quartieri capaci di assorbire CO2, offrire ossigeno e aree di relax all’interno di metropoli sempre più invivibili e inquinate. La medesima attenzione è rivolta verso le zone periferiche e lungo le circonvallazioni, zone spesso degradate da includere nel progetto di “foresta urbana”. Ne giova anche l’approccio visivo alla città che spesso si presenta con un paesaggio suburbano edificato in modo poco “edificante”, spesso decadente e deteriorato.
Inoltre, il legno è una materia prima e l’impianto di alberi d’alto fusto di tipo pregiato, è un valore economico “aggiunto” da abbinare alle aree ombreggiate e al recupero di terreno permeabile e drenante, molto utile in caso di precipitazioni concentrate ed abbondanti.
Nello studio degli analisti, le foreste urbane stanno assumendo un ruolo vitale e indispensabile nella lotta al cambiamento climatico. In molte metropoli, soprattutto asiatiche (Singapore fa scuola), si tende a inserire sempre più vegetazione, con l’obiettivo di ombreggiare suolo, abbassandone la temperatura, ingentilire il contesto urbano e contribuire ad avere aria più pulita.
Peccato, però che altrove nel mondo, a causa della siccità provocata dal riscaldamento globale, la stessa Foresta Amazzonica rischia di collassare entro il 2050. Occorre intervenire con una rapida piantumazione a tutto tondo. Solo così si potrà sperare di garantirci un futuro “sostenibile”, perlomeno da un punto di vista del microclima urbano, anche se occorre guardare “oltre”.
Ce lo stanno gridando: l’aria inquinata, la terra inaridita, l’acqua delle inondazioni e il fuoco del sole. I quattro elementi che ora si rivolgono alla “essenza”, il quinto elemento aggiunto da Empedocle, il principio incorruttibile di vita e di moto, a metà tra lo spirito e il corpo, quindi assimilato all’“anima del mondo”.
In breve: all’intelligenza cognitiva di un’umanità che sta svendendo millenni di complicità con i quattro elementi e i ritmi della natura, sostituiti da un nuovo mondo artificiale e tecnologico dove abbiamo già portato all’estinzione il 60% delle forme di vita animali e vegetali (studio della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences [PNAS]).
Immagine di copertina: fonte ISPRA sul consumo del suolo.
Ottimo articolo, i nostri politici possono prendere spunto dalle amministrazioni pubbliche olandesi che negli ultimi anni, stanno facendo a gara per rimuovere spazi pubblici cementificati.