Per la operazione militare speciale in Ucraina
Carne da macello
Putin ha invaso l’Ucraina due anni fa con una “operazione militare speciale”, i cui risvolti di guerra di trincea continuano ancora oggi a seminar morti nell’una e nell’altra parte. Gli analisti non vedono al momento l’impiego risolutivo di armi di immane potenza distruttiva, pur se il timore del loro uso sconsiderato è seriamente preoccupante.
Putin potrebbe infatti usare in Ucraina anche qualche piccola bomba atomica di circoscritto potenziale distruttivo, ma è chiaro che si stia solo limitando alle minacce, ben conscio della reazione da apocalisse nucleare, che cancellerebbe anche la Russia, col resto del mondo.
I più, pertanto, ipotizzano che la sanguinosa campagna militare in corso andrà a compimento quando saranno esaurite le scorte di carne da macello dei derelitti, che Putin sta già usando e di cui ha tanta disponibilità, da sempre stivata nelle sue carceri immonde coi più futili dei motivi politici addebitati ai condannati senza salvaguardia dei più elementari diritti umani.
Tutti senz’altra prospettiva d’un fine vita nelle fetide celle dal regime disumano, c’è voluto poco per costringerli alla guerra nelle piane ucraine, dove patteggiano ogni giorno una riduzione di pena con la morte, se la scamperanno.
L’aggressione e l’eroismo
All’ immediate sdegno nei confronti della insensata aggressione russa, si è progressivamente affiancato l’apprezzamento per l’eroismo degli aggrediti. L’empatia, che ha toccato i vertici guardando alle condizioni sempre più disumane dei civili ucraini, ha coinvolto anche i giovani soldati russi, per lo più di leva: partiti infatti con baldanza per una ingannevole esercitazione, scaraventati invece in una dissennata invasione, quei militari hanno mosso tanti a compassione con gli spezzoni di alcune loro conversazioni telefoniche tese a rassicurare le mamme in ansia nelle lontane plaghe d’un Paese sconfinato.
Ci si abitua a tutto, ma giunge anche il momento in cui sorge, e finisce talvolta per diventare impellente, il bisogno di bloccare la catena ossessiva di certi deleteri eventi e ritornare allo status quo ante.
E cosa può chiedere chi sta vivendo ogni giorno una guerra tremenda che non sopporta più, se non la pace? Cosa può chiedere chi non è in guerra ma non ne può più delle indigeste razioni di morti in trincee fangose e sotto palazzi crollati, che i mezzi di informazione gli servono a colazione e a pranzo e a cena, se non la pace? Già, chiedere la pace!
Guerra sui media
Ma come si può chiedere la pace? Con la bandiera bianca, ha detto Papa Francesco il quale, con la sua risposta scontata, ha scatenato però, immediata, una guerra sui media, perché qualcuno vi ha visto addirittura un assist alla devastante azione di Putin, che ha ormai pesantemente ipotecato il risultato della partita, reo però di un fallaccio da immediata espulsione dal campo e sempiterna squalifica, come dimostrerà la infallibile moviola della Storia.
Per l’art. 32 del Regolamento allegato alla Convenzione dell’Aja del 1907 concernente le leggi e gli usi della guerra, la bandiera bianca conferisce al parlamentare che la porta il potere di entrare in trattativa con l’altra parte belligerante.
La trattativa
Ecco, la pace è una trattativa, non è un piatto preconfezionato che prendi dal banco del fresco al supermercato e porti a tavola pronto da mangiare. La pace è un piatto da grandi chef, che prevede competenze diverse e complesse per la sua preparazione e anche conoscenze non superficiali dei gusti, delle abitudini e delle diete di chi siede a tavola. Solo un piatto di comune gradimento può trovare nel menu il nome: pace.
È chiaro che Putin per non perdere la faccia, deve portare a casa qualcosa e quel che già ha, forse non gli basta ancora. Altrettanto chiaro è che a Zelesky, per non perdere l’onore, forse resta ormai solo il coraggio di negoziare.
Il negoziato non è mai una resa. La guerra, invece, è sempre una pazzia. Purché finisca, la scelta del male minore è sempre manifestazione di coraggio, onorevole ancor più se si qualifica come sommo atto, in risposta all’anelito di un’ultima spiaggia da parte di una popolazione sfinita, che cerca ormai solo riparo da incontenibili abusi di potere.
Tanto, di queste tragedie del mondo, aveva già capito Franco Battiato, criptico in molti versi delle sue canzoni, ma non in questi:
Com’è misera la vita
negli abusi di potere.
Sul ponte sventola
bandiera bianca.
Si vales, vàleo.
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