
Uno dei colpi più spettacolari prima che scoppiasse lo scandalo
Da studioso anche del diritto comparato, favorito da lunghi soggiorni all’estero, uno dei momenti più importanti dell’esperienza giuridica è stata, ed è tutt’ora, la domanda: che cosa avrebbe deciso un giudice straniero sul medesimo caso?
Tale interrogativo mi viene, adesso, da formulare a rovescio. Cosa avrebbe fatto un giudice italiano – detto meglio, la magistratura italiana – a fronte di un caso di corruzione di un magistrato?
Deve essere riaperto il procedimento giudiziario di uno dei più grandi casi di traffico di cocaina in Europa, perché il pubblico ministero incaricato ha fornito alla banda informazioni riservate? La decisione è stata ora rimessa al Bundesgerichtshof (BGH), l’equivalente della nostra Corte di Cassazione.
Prima che scoppiasse lo scandalo, l’operazione appariva come uno dei colpi più spettacolari nel contrasto al traffico di cocaina in Europa. Gli inquirenti di Hannover erano sulle tracce di una banda di trafficanti implicata in una mega spedizione attraverso il porto di Amburgo. Nel febbraio 2021, la dogana ha scoperto 16 tonnellate di cocaina in diversi container provenienti dal Paraguay, nascoste con del mastice in barattoli di latta. Il valore del carico è stato stimato tra i 500 milioni e il miliardo di euro.
La banda, composta da una ventina di persone, aveva utilizzato per il contrabbando, tra gli altri, un’azienda di trasporti poco visibile della regione di Harz. Si dice che fossero altresì in contatto con la nota mafia olandese della cocaina.
Ma quando, nel marzo 2021, le forze dell’ordine hanno lanciato un raid contro il gruppo al termine delle indagini segrete, hanno avuto una sorpresa: due dei capi della banda erano fuggiti all’estero e, durante le perquisizioni in tutto il Paese, la polizia ha trovato meno supporti dati e denaro di quanto si aspettasse. Solo 19 dei circa 30 mandati di arresto sono stati eseguiti. Già nel 2022 dopo il raid, gli investigatori si sono resi conto che qualcosa stava andando storto. I messaggi di chat decriptati della banda hanno avvalorato il sospetto: c’erano molti indizi che indicavano la presenza di una talpa nella polizia e nell’ufficio del pubblico ministero. La talpa aveva fornito al gruppo informazioni riservate in cambio di denaro, comprese quelle sui mandati di arresto e sull’imminente retata.
Un processo che coinvolge un pubblico ministero accusato di corruzione può essere equo?
Si tratta di un caso senza precedenti nel sistema giudiziario tedesco che solleva tutta una serie di nuove questioni giuridiche. Questo è emerso chiaramente all’udienza tenutasi davanti al 6° Senato penale della Corte federale di giustizia con sede a Lipsia. Il motivo è che nel diritto processuale tedesco mancano disposizioni giuridiche in merito alla sostituzione dei pubblici ministeri sospettati, durante lo svolgimento del procedimento, di qualsivoglia delitto che possa minarne l’integrità. Un caso talmente assurdo che i tribunali stanno ancora lottando per venirne a capo. Non meno in difficoltà i difensori del trasportatore.
Il caso è ora giunto innanzi ai giudici del BGH in grado di- appello. I singoli membri della banda sono già stati condannati e, mentre alcune sentenze relative al traffico di cocaina sono già passate in giudicato, il procedimento di appello contro la condanna del trasportatore H., condannato dal tribunale regionale di Hannover a dodici anni e sei mesi di reclusione per concorso in traffico di droga, è ancora in corso (caso n. 6 StR 335/23).
Gli Avvocati difensori dello spedizioniere criticano il fatto che sia stato permesso ad un pubblico ministero, sospettato di essere la talpa interna alla giustizia, di condurre il procedimento contro H., consentendogli, altresì, di pronunciare l’arringa finale davanti il Tribunale di Hannover, nonostante la Procura, il tribunale e il Ministero della Giustizia fossero a conoscenza dei sospetti nei confronti del rappresentante dell’accusa. Gli avvocati hanno quindi denunciato una violazione del diritto a un processo equo, derivato, secondo la giurisprudenza tedesca dall’articolo 20, comma III, della Legge fondamentale. Secondo il Tribunale costituzionale federale (sentenza 9 dicembre 2021, 2 BvR 1985/16), tale diritto è violato se “sono stati abbandonati gli elementi essenziali previsti dallo Stato di diritto”.
Il pubblico ministero G. è stato arrestato in ottobre e il suo ufficio e la sua abitazione sono stati perquisiti. La Procura di Hannover lo ha accusato di corruzione in un caso particolarmente grave, oltre che di rivelazione di segreti di ufficio e di intralcio alla giustizia. Le vicende del pubblico ministero sono anche al centro dell’udienza di appello davanti la Corte federale di giustizia sul caso dello spedizioniere H. e che obbliga ad interrogarsi se possa rimanere intangibile una sentenza emessa in violazione di doveri costituzionali.
Quando le indagini contro un pubblico ministero giustificano il suo licenziamento?
Il collegio di difesa dello spedizioniere H., che giovedì non era presente in aula a Lipsia, ha chiesto l’annullamento della sentenza del Tribunale regionale di Hannover e il rinvio per una nuova udienza. Non al Tribunale regionale di Hannover, tuttavia, ma a un’altra divisione penale del Tribunale regionale di Osnabrück, dato che l’imparzialità del Tribunale precedente è irrimediabilmente compromessa.
L’avvocato Funk in aula giovedì, lamentava aver incontrato indifferenza e scetticismo, allorquando aveva provato a rivolgersi al Ministero della Giustizia della Bassa Sassonia, alla procura generale e al Tribunale. Inizialmente fu detto che le informazioni e le successive indagini non possono essere sufficienti per rimuovere il pubblico ministero titolare di un procedimento in corso. Il procuratore capo che, durante le udienze tenutesi nel processo contro lo spedizioniere, sedeva accanto all’imputato, ha parlato di un complotto della criminalità organizzata, la quale cerc di strumentalizzare questa storia per danneggiare la reputazione dei pubblici ministeri che indagano. Ciò che intende dire è che un’indagine pur se avviata rapidamente, non può sempre portare alla sostituzione dei pubblici ministeri.
Giovedì scorso gli avvocati hanno affermato di aver tentato di adoperarsi in tutti i modi per il tempestivo allontanamento del pubblico ministero, nonostante la copiosa documentazione allegata e i gravi indizi di reità nei confronti dello stesso. La Procura, dal canto suo, non ha fatto nulla per impedire che il magistrato partecipasse attivamente al procedimento e alle udienze, circostanza che interessa molto il BGH e che la dice nulla sul modo in cui la magistratura della Bassa Sassonia ha affrontato la questione.
L’avvocato Funk racconta altresì un episodio curioso. Quando è entrato in aula all’inizio del processo contro lo spedizioniere di Hannover, ha riconosciuto un uomo tra il pubblico: era il procuratore generale di Celle, Frank Lüttig, una persona che di solito non partecipa ai procedimenti giudiziari dei suoi sostituti. Quando Funk gli chiese cosa ci facesse in aula, si dice che Lüttig abbia risposto che voleva sostenere il suo giovane collega (il p.m. accusato, infatti, ha trentanove anni), mettendolo molto a disagio.
I problemi che deve affrontare il BGH
Un’altra particolarità di questo appello al BGH è, secondo i giuristi tedeschi, la seguente: come si possono tradurre gli eventi di Hannover in un ricorso di legittimità, in cui la Corte suprema non riesamina i fatti del caso, ma si limita a verificare le specifiche violazioni di legge commesse dal tribunale inferiore secondo un rigoroso metro di valutazione? In fin dei conti, la posta in gioco non è altro che l’annullamento di una sentenza già emessa.
Il rappresentante della Procura Generale Federale è intervenuto in difesa della sentenza con una argomentazione suggestiva. Secondo la disposizione centrale contenuta nell’articolo 337 del Codice di procedura penale tedesco, il ricorso può basarsi solo sul fatto che la sentenza sia fondata su una violazione della legge, che si ha quando una norma giuridica non è stata applicata o non è stata applicata correttamente.
Il procuratore generale mette quindi in dubbio il nesso causale tra la violazione di legge e la correttezza della sentenza. Breve: il Tribunale di Hannover non si sarebbe pronunciato diversamente se il pubblico ministero sospettato fosse stato rimosso.
In effetti, anche il nostro codice di procedura penale, molto più analitico dell’omonimo tedesco, non contempla nei motivi di ricorso per cassazione una simile ipotesi, ma la richiama alla lettera d) dell’art. 630 c.p.p., a proposito della revisione della sentenza passata in giudicato, se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato. Quest’ultima ipotesi potrebbe prestarsi anche ai casi in cui il magistrato sia stato condannato per un reato di corruzione.
A conclusioni ulteriori potrebbe giungersi argomentando ex art. 395, n. 6, del codice di procedura civile il quale autorizza la revocazione della sentenza, se questa è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
Il problema qui si fa più complesso perché, da un lato, il p.m. non ha potere decisorio e non è un giudice, anche se allo stesso non sono estranei doveri di imparzialità e di eticità nell’esercizio della funzione; dall’altro lato, è necessario che vi sia ben più di indizi di colpevolezza relativamente ad un reato per poter revocare una sentenza, essendo necessaria una condanna definitiva.
In breve, la posizione del p.m. è molto “defilata” rispetto a quella del giudice, nei confronti del quale può essere, inoltre, proposta la ricusazione, argomentando dall’art. 37 del codice di procedura penale.
Ciò non toglie che il magistrato del pubblico ministero possa essere soggetto a procedimento disciplinare ovvero a sanzioni penali per i reati commessi durante le indagini. La questione è emersa prepotentemente negli ultimi giorni a seguito della sentenza del Tribunale di Roma che a disposto l’archiviazione di un lungo procedimento penale riguardante l’ex Senatore della Repubblica Stefano Esposito. Dalla vicenda – che non riguarda ipotesi di corruzione dei magistrati – sono emersi due aspetti importanti, sui quali torneremo in articoli successivi. Il primo, riguarda la prosecuzione del procedimento dalle indagini, passando per il Giudice per le indagini preliminari, fino al Giudice per l’udienza preliminare basato su labili fondatezze dell’accusa. Io secondo, concerne l’inutilizzabilità delle intercettazioni nei confronti del Senatore, in palese violazione dell’art. 68, comma III, Cost. per non aver richiesto l’autorizzazione al Senato della Repubblica (In argomento è anche intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza 227 del 2023).
Insomma, volendo ipotizzare una sentenza di condanna nei confronti di Esposito, questa si sarebbe fondata su una duplice violazione di legge, eccepibile in Cassazione nei confronti dei giudici ma non nei confronti del pubblico ministero che, in dispregio dei divieti stabiliti dell’ordinamento, ha proseguito nell’azione penale con intercettazioni e richieste di rinvio a giudizio.
Il decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, prevede tutta una serie di illeciti disciplinari per violazione di obblighi da parte di tutti i magistrati i quali devono esercitare le funzioni loro attribuite con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio e rispetto della dignità della persona, ma nulla dice sulle sorti della sentenza pronunciata qualora il pubblico ministero sia indagato per un delitto doloso.
Alla base degli ordinamenti italiano e tedesco vi è il fondato timore che una indagine e un procedimento possano essere condizionati dalla diffusione di notizie false e tendenziose sul conto di un magistrato ritenuto “scomodo”, al fine di impedirne o paralizzarne l’azione.
D’altra parte il fatto che una sentenza possa essere fortemente compromessa dalla “parzialità” di uno o dei protagonisti della parte pubblica del processo penale, deve indurre gli uffici superiori a monitorare l’attività o ad esercitare il potere di avocazione quando gli indizi di attività illecite siano gravi.
Resta il problema della sentenza che dovrebbe essere revocata per violazione del principio del giusto processo sancito dall’art. 111 della nostra Costituzione e dall’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, quando afferma che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente. In un processo dove vi è un pesante sbilanciamento verso la “parte” pubblica si rende necessario che anche il “dolo” del pubblico ministero venga ad assumere un peso specifico che si rifletta sulla validità della sentenza e sulle conseguenti impugnazioni in sede di gravame.
Avv. Prof. Gianluca Ruggiero
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