
Tracce di una presenza storica nelle Valli di Lanzo (di Alessandro Mella)
Premessa
Erano gli anni ’90 ed io, giovanissimo, partivo dalla nostra baita calando lungo vari sentieri tra i boschi e i pochi pascoli ancora esistenti. Nel giro di una ventina di minuti raggiungevo la frazione dello zio Celeste Perotti. E spesso lo trovavo alle prese con polli e conigli quando non, a dispetto della pur veneranda età, arrampicato su per le piante. Barba Celest era un uomo pieno di ricordi ma non era facile farglieli tirar fuori e meno che mai per un ragazzino petulante malgrado la benevolenza che lui mi riservava. Ma quand’era di buon umore qualche cosa regalava alla mia curiosità giovanile. Ed un giorno prese a parlarmi dei mufloni che prima della guerra lui vedeva all’Uja di Calcante. Me li descrisse assai bene soffermandosi su quelle corna arrotondate, così caratteristiche, salvo poi aggiungere che in tempo di guerra anche quelli erano finiti senz’altro in qualche pentola. La fame e la disperazione, del resto, spingevano a cercare ogni soluzione per la salvezza. Ma non sapeva, o non ricordava, come fossero arrivati lassù. Sulle prime io non feci caso alla vicenda e non gli diedi, a quell’età poi, alcun peso anzi la presi per una simpatica boutade.

Poi, si sa, spesso il caso incrocia la via di chi scrive e fu così che trovai, cercando altro, due indicazioni curiose. La prima era un articolo sulle attività della Resistenza nelle Valli il quale ad un tratto parlava della “Cinta dei mufloni, riserva venatoria situata tra il colle di Pra’ Lorenzo e l’Uja di Calcante”. Zona che conoscevo abbastanza perché da adolescente, ben prima che la malattia si portasse via il vigore delle mie gambe, l’avevo più volte esplorata. A quelle poche e vaghe righe s’aggiunse la testimonianza di un operatore della Città Metropolitana che mi confermò di aver visto un muflone verso Malciaussia alcuni anni fa.
E dopo poco mi ricapitò un’altra traccia cioè un opuscolo della stessa, attualmente, Città Metropolitana di Torino che, pur riferendosi all’area opposta geograficamente del Col del Lys, parlava di immissioni di mufloni effettuate negli anni ’80 importandoli dalla Sardegna. (1)
Va bene i mufloni c’erano, anche secondo fonti ufficiali, ma queste parlavano di quell’altro lato della valle. Certo poco ci va a espandersi anche nelle altre direzioni ma quella guida parlava di ripopolamenti degli anni ’80. (2) Da dove venivano quelli che zio Celeste diceva di aver visto prima del 1940? Lui mi aveva detto il vero, solo dovevo arrivare ancora alla soluzione.
La risposta, come sempre, esisteva e si trattava solo di arrivarci, leggere e documentarsi.

Il Parco del Calcante
Gli anni ’20 del Novecento erano stati quelli della crisi dello stato liberale e dei partiti, quelli dell’ascesa di Mussolini al ruolo di primo ministro e quelli del graduale ma rapido passaggio del governo di coalizione a dittatura totalitaria. Nei primi anni ’30, quindi, il regime doveva tentare di compensare le gravi privazioni di libertà collettive e individuali offrendo un’immagine d’efficienza generalizzata. È in questo quadro che si colloca anche una visione bucolica della dittatura la quale si propose come attenta all’ambiente ed alla natura.
A quel tempo il Calcante era un monte per lo più privo di vegetazione poiché la maggior parte dei boschi e delle selve erano stati tagliati nel passato per alimentare le fucine dei chiodaroli che a Viù si trovavano nella frazione detta appunto “Fucine”. Anche la pastorizia aveva concorso al mantenimento di questa situazione con le moltissime capre e mucche che brucavano costantemente. Ai referenti locali questa cosa non era per niente sfuggita per cui si iniziò a pensare ad un’intesa opera di rimboschimento e ripopolamento di animali selvatici. La prima traccia si rivela subito chiarissima ed emerge da un articolo del 1930 dedicato alle opere pubbliche in fase di programmazione nella provincia di Torino:
«Il gr. uff. Anselmi ci ha inoltre comunicato un’interessante notizia. Nelle Valli di Lanzo, e precisamente nei Comuni di Viù, Traves e Mezzenile, sarà acquistata per cura dello Stato una vasta superficie di terreno montuoso, precisamente nella zona culminante con l’Uja di Calcante, per addivenire alla creazione di un parco di acclimazione. In questo parco saranno prossimamente introdotti parecchi esemplari di mufloni provenienti dalla Sardegna. È noto come in questa isola il numero dei mufloni sia diminuito sensibilmente. Si confida che nel parco di acclimazione, il muflone potrà trovare un ambiente adatto alla sua vita e che potrà quindi moltiplicarsi. Tanto più che in questa zona sarà rigorosamente vietata la caccia allo stesso modo che è rigorosamente vietata nel Parco del Gran Paradiso. Oltre ai mufloni, saranno successivamente introdotte in questo parco altre specie animali e di selvaggina varia. Già si pensa di portarvi dei galli di montagna che sono scomparsi dalle nostre Alpi Occidentali». (3)
Che la zona potesse aver destato l’attenzione non stupisce. Escursionisti vi si avventuravano da sempre ed il Club Alpino Italiano vi organizzava gite e uscite fin dalla fine dell’ottocento. Il brano, tuttavia, risulta davvero chiarissimo.
Ci volle del tempo perché la burocrazia, faticosamente, facesse seguire alle parole i fatti e qualcosa prese a smuoversi solo tre anni dopo. Tre mufloni furono prelevati da Lanusei (Nuoro) e via mare condotti fino a Genova. Da qui proseguirono in ferrovia, accompagnati dall’ing. Bayer del Parco del Gran Paradiso, fino a Torino e quando vi giunsero, in Stazione Porta Nuova, trovarono ad attenderli autorità, fotografi e curiosi. Ed i giornali non mancarono, ovviamente di parlarne:
«Tolti alle native boscaglie dei monti sardi, alla solitudine, e trasportati in mezzo al mondo, si acconciavano già alla nuova vita. Ciò è di buon augurio pel tentativo che si vuol fare di acclimatare i mufloni nel parco del Calcante, al di sopra di Traves. Come è noto, in ossequienza al desiderio espresso fin dal 1926 da S. E. Belluzzo di costituire in Piemonte una foresta demaniale, la presidenza della Commissione Reale, in seguito ad intese col direttore dell’Azienda delle Foreste demaniali, console ing. Hofmann, e nell’intento di creare altresì una zona di acclimatazione per animali non indigeni, provvide a ricerche e sopraluoghi. E poiché i rappresentanti della valle del Parco del Gran Paradiso in seno alla stessa Commissione avevano dichiarato non desiderabile che si aggiungessero ancora animali di specie non indigena in quei pascoli, e siccome la zona di acclimatazione di animali viventi atto stato selvaggio era opportuna che sorgesse fuori del Parco per conservarne la purezza faunistica, ed inoltre, poiché occorreva un’altitudine minore, fu prescelto e proposto, d’intesa col Governo, un nuovo appezzamento, parte a bosco, parte a prato, parte a roccia e parte da rimboschire compreso fra i Comuni di Viù, Mezzenile e Traves. (…) Il 3 febbraio del 1931 veniva, dal Ministero dell’Agricoltura, emanato il decreto che autorizzava l’acquisto dei terreni e la costituzione del nuovo demanio forestale con parco di acclimatazione. Ma, a causa di vicende che non riguardano il Parco, l’area prescelta non si può ancora acquistare dall’Azienda delle Foreste Demaniali, che fin dal 1928 ha deliberato al riguardo. Però, allo scopo di non attardare l’attuazione del Parco di acclimatazione è stato provveduto, con accordi intervenuti tra l’Ufficio Caccia del Ministero, il Comune di Traves, l’Amministrazione provinciale, e la Commissione Reale, alla costruzione di un recinto di quindici ettari di superficie. È in questo recinto che i tre mufloni sardi giunti ieri a Torino inizieranno la loro nuova vita». (4)
Il viaggio doveva esser stato lungo e tormentoso ma ancora i tre animali non l’avevano terminato. L’articolo, infatti, prosegue:
«Poco dopo le due stie venivano caricate su di un autocarro; e, col nuovo mezzo di locomozione, le bestiuole continuavano il viaggio dirette a Traves. Di qui al campo di acclimatazione c’è ancora un’ora e mezzo di salita, per viottoli montani, ma le loro esili gambette non si affaticheranno su per l’erta, ad attenderli si trovano tre portatori incaricati di caricarseli a spalle, e portarli fino al loro nuovo domicilio. La presenza del gen. Etna, all’arrivo dei tre mufloni è spiegata dal fatto che v stata la Cassa di Risparmio a donare alla Provincia di Torino i tre magnifici esemplari per il nuovo campo di acclimatazione». (5)

Ecco, dunque, la “Cinta dei mufloni” di cui avevo letto a suo tempo. Chissà se questi si riprodussero e uscirono dal citato recinto per espandersi su per i monti delle nostre Valli? Difficile a dirsi ma quel che è certo è che l’opera di rimboschimento che doveva accompagnare il progetto generale proseguì. Di questo troviamo traccia a distanza di qualche anno con un articoletto ricco di retorica ma non privo di dati utili:
«Il Prefetto ed il Federale, accompagnati dal Console Candelori sono partiti da Almese, e, costeggiando o addentrandosi nella zona rimboschita, si sono portati a Rubiana con un’ora di marcia e quindi a Viù, passando per il Colle del Lys e osservando altresì la zona compresa nel progetto di rimboschimento, che va dal Monte Calcante, e cioè dalla valle di Viù, verso Traves. Il Capo della provincia e il Gerarca hanno visitato altresì le casematte della Milizia Forestale e, dopo essersi fermati per il rancio a Viù, sono discesi per la strada di Fiano a La Mandria allo scopo di visitarvi il vivaio che la Milizia Forestale vi coltiva per avere le pianticelle da trapiantare nelle zone montane. Tale vivaio di 3000 metri quadrati produce circa due milioni di pianticelle di pino nero, di pino silvestre e di altri alberi atti al rimboschimento». (6)
Da lì a poco venne la guerra e molti dei programmi, progetti, annunci e proclami si squagliarono come neve al sole. Anche il Parco del Calcante finì rapidamente, c’è da pensare, in archivio. Altre erano le priorità mentre gli uomini partivano per il conflitto e le donne, sole e faticosamente, dovettero farsi carico di tutto. Vennero mesi e anni di sofferenza crescente, la guerra entrò davvero nelle case e nelle baite di tutti, sconvolse il mondo intero, le anime e le coscienze. Quando la pace tornò a illuminare il mondo la voglia di ricostruire, di vivere, di sognare, si portò via i ricordi del passato. Ma non privò zio Celeste, che in Albania e combattendo nel Regio Esercito del Sud la guerra di Liberazione tanto aveva sofferto, dell’immagine di quei mufloni che lui, lui si, aveva visto davvero sul Calcante. Tanti fa per poi parlarne, decenni dopo, ad un pronipote incredulo.
Alessandro Mella
Ringraziamenti
L’autore desidera ringraziare lo scomparso prozio Celeste Perotti per i suoi racconti e Fulvio Adoglio per le magnifiche immagini dei mufloni in Val Grande.
Note
1) Parco naturale provinciale Colle del Lys, Provincia di Torino, 2011, p. 31.
2) È doveroso segnalare che esistono diversi avvistamenti documentati di mufloni delle Valli di Lanzo in particolare nella Val Grande. A riguardo si vedano le immagini scattate da Fulvio Adoglio.
3) La Stampa, 15 agosto 1930, p. 6
4) Ibid., 8 giugno 1933, p. 8.
5) Ibid.
6) Ibid., 21 ottobre 1938, p. 6.
Ero a conoscenza dell’ area mufloni del Calcante sottostante Pra’ Lourens verso traves.alcuni anni fa’ ne incontrai sotto il Colle Lunella di Richiaglio e sulle pendici del Bessun in Val Grande